timone Il Mercante in Rete
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Marketing nei new media e nelle tecnologie elettroniche


Numero 30 – 10 febbraio 1999

 

Questo numero del "mercante in rete" è molto in ritardo, per problemi tecnici e organizzativi nella gestione del sito. D’ora in poi la rubrica riprenderà un andamento più regolare, uscendo ogni tre o quattro settimane. Sarà più breve l’intervallo fra questo e il numero 31.

 

loghino.gif (1071 byte) 1. Editoriale: "Internet" è un nome proprio?

Non vorrei che questa osservazione fosse considerata una pedanteria grammaticale. È noto che il modo in cui usiamo le parole rivela (e influenza) il nostro modo di pensare. Credo che si sia qualcosa di sbagliato nella diffusa abitudine di scrivere "Internet" con la I maiuscola a di trattare la parola come se fosse un "nome proprio".

Se qualcuno scrivesse "parlo via Telefono" o "ho visto su Biblioteca" o "leggo Televisione" o "sono in Giornale" o "scrivo con Posta" sarebbe preso per semianalfabeta o tonto. Perché non ci accorgiamo che è altrettanto assurdo usare in questo modo la parola "internet"?

Molte osservazioni che leggiamo o ascoltiamo a proposito della rete sembrano partire dal presupposto che ci sia un Signor Internet e che abbia un suo sistema di opinioni e di comportamenti. Anche se non si considera la rete come una persona, se ne ragiona come se fosse una "testata" giornalistica o televisiva, con una propria redazione, uno stile, una tendenza. In realtà l’internet non esiste; non è una rete, e non è neppure "la rete delle reti". È solo un protocollo che collega un gran numero di reti diverse e indipendenti. Una tecnologia geniale, solida ed efficiente, che apre infinite nuove possibilità di comunicazione; ma non una "emittente" di opinioni o di notizie. C’è molta più omogeneità nei mezzi tradizionali a senso unico (che fanno capo a pochi e ben identificabili centri di influenza e di orientamento) che nella rete – dove ognuno è libero di fare e dire ciò che vuole.

La rete non è neppure una comunità chiusa e omogenea. È un insieme di decine o centinaia di migliaia di comunità diverse, ognuna con una sua identità; e di milioni di persone che scambiano messaggi, individuali o collettivi, ognuna secondo i suoi desideri e le sue esigenze. A molti giornalisti e scrittori (come a chi tenta di applicare alla rete i concetti tradizionali del marketing) piace immaginare che esista "il popolo della rete"; ma non capiscono che quel "popolo" non c’è. La principale qualità dell’internet è proprio quella di poter collegare infinite culture e comunità diverse e di consentire a ognuno di scegliere i percorsi e i dialoghi che preferisce.

Parlare di un’entità individuale chiamata Internet non vuol dire solo capire male la cultura della rete, ma anche impostarne male l’uso commerciale. La rete non è un supermercato; non è neppure una "testata" dove si possa mettere un contenuto editoriale (o un annuncio pubblicitario) con la speranza di raggiungerne i lettori. So che questa osservazione può sembrare banale, ma in realtà molti sembrano pensare che la rete sia un mondo separato e omogeneo – e che si possa comunicare con tutto (o quasi) un immaginario "popolo di navigatori". (Vedi Il navigatore inesistente). È un po’ come incontrare una persona in qualche paese remoto e sentirsi dire "ah, sei italiano? allora probabilmente conosci Giovanni che è venuto qui l’anno scorso" (non sto scherzando, mi è successo più di una volta; e non è meno ridicolo immaginare che tutti i frequentatori della rete si incontrino fra loro o facciano le stesse cose).

Insomma... se scrivo "l’internet" con l’articolo e con la "i" minuscola non è per sminuire la rete. Al contrario, è per rifletterne l’infinita varietà. L’internet non è una persona o un gruppo di persone. È uno strumento per comunicare, che può essere utile a tutti proprio perché ognuno può usarlo a modo suo. Se diciamo "la radio", "il telefono", "la posta", "il giornale", "il dialogo", "la conversazione" mi sembra giusto dire e scrivere "l’internet". Forse se tutti lo facessero questo uso della lingua potrebbe aiutarci a capire meglio di che cosa si tratta.

 

La ragnatela e il ragno immaginario

Un altro curioso effetto dell’interpretazione sbagliata di una parola è questa bizzarra affermazione, che ho letto varie volte, anche in testi considerati "autorevoli":

"Se è una grande ragnatela ci dev’essere un grande ragno".

È sorprendente constatare come anche persone che credono di conoscere bene la rete possano immaginare che la web (la cui struttura, naturalmente, è quella dell’internet) sia una cobweb, una tela di ragno, cioè una cosa fatta così:

Mentre l’internet (e perciò la world wide web) è fatta così:

Questo disegno strutturale è ricavato da
The origins of the internet
di Katie Hafner e Matthew Lyon, 1996

Questo non è un "dettaglio tecnico". La struttura policentrica e "distribuita" della rete è, credo, la più importante delle sue caratteristiche, non solo dal punto di vista tecnico ma anche per i suoi valori umani, culturali e sociali. Per alcune osservazioni sulla struttura della rete vedi L’internet – come funziona.

 

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loghino.gif (1071 byte) 2. Tecnologie e servizio

Vorrei ritornare su un tema che mi sembra importante, di cui avevo parlato un anno fa: come le tecnologie male applicate, invece di migliorare un servizio, possano peggiorarlo notevolmente.

I casi di cui parlo sono veri. Non faccio nomi, non perché abbia paura di smentite o polemiche, ma perché sarebbe improprio criticare una singola impresa quando quasi tutti i suoi concorrenti fanno cose simili o peggiori.

Questi sono solo alcuni esempi; l’elenco delle disfunzioni che constatiamo continuamente sarebbe così lungo che potrebbe riempire questa rubrica per i prossimi sei mesi, o centinaia di pagine in un libro – e forse non basterebbe.

 

I driver introvabili

Una grande impresa internazionale, leader nel suo settore, produce una "periferica" molto diffusa. La macchina, improvvisamente e senza che ci sia stato alcun intervento o modifica nelle procedure d’uso, funziona male. In nessuna parte dei manuali o help è contemplata l’ipotesi di quel "malfunzionamento" o indicato un modo per correggerlo.

L’utente telefona (al "numero verde" definito assistenza, non commerciale). Si trova davanti a una di quelle segreterie automatiche che dicono "per commerciale premere 1, per servizio su X premere 2, per assistenza su Y premere 3..." eccetera. Preme pazientemente i bottoni per "assistenza" e si trova collegato con "commerciale". Dopo vari tentativi, preghiere e complicate spiegazioni trova finalmente una persona gentile che lo collega con "assistenza". Viene sottoposto a una complessa routine (numero esatto di matricola dell’oggetto, data di acquisto, eccetera) assolutamente inutile ai fini della domanda che sta cercando di fare. Superata quella fase, viene finalmente collegato con una persona dell’assistenza tecnica, che prima di permettere che il malcapitato dica qual è il problema lo obbliga a fare una serie di prove ("prema 5 volte il tasto X, 9 volte il tasto Y...." questa volta non sul telefono, ma sulla macchina di cui si sta parlando). Anche queste prove sono del tutto inutili ai fini di ciò che si sta cercando di capire. Dopo aver esaurito quest’ultimo cerimoniale, finalmente parla con un tecnico che non riesce a capire quale sia il problema (che è sostanzialmente banale... basterebbe sapere in quale punto del software si trova la funzione di controllo). Dopo varie ipotesi si arriva alla conclusione che probabilmente la soluzione migliore è ri-installare i driver. L’utente dice che l’ha già fatto ma il problema è rimasto. L’addetto dice che potrebbe essere utile installare driver nuovi. L’utente dice che li ha già cercati online, ma non è possibile sul sito di quell’azienda trovare il percorso che conduca ai driver. L’addetto dice che non sa nulla del sito online della sua azienda. Alla fine l’addetto decide di spedire per posta i driver, avvertendo che l’ordine dovrà partire dall’Olanda, i driver saranno spediti da Parigi e ci vorrà tempo. Dopo 15 giorni arrivano i dischetti. La sostituzione dei driver non risolve il problema. Alla fine l’utente decide di pagare di tasca sua un tecnico (che lavora per un’impresa concorrente e quindi conosce il funzionamento di quel genere di applicazioni). Il tecnico smanetta un po’ e riesce a "indovinare" dov’è la funzione (non dichiarata) che risolve il problema.

Prima domanda: quanto ha speso l’azienda in costi telefonici, spese postali e soprattutto tempo del suo personale per scontentare un cliente?

Seconda (e più importante) domanda: la prossima volta, quell’utente (che può essere un singolo "privato" o un dirigente di un’organizzazione che spende miliardi in attrezzature d’ufficio) comprerà di nuovo un prodotto di quella marca?

 

La pila irreperibile

In un computer portatile di classe (e quindi prezzo) elevato, prodotto da una grande impresa internazionale, c’è una piccola pila che controlla alcune funzioni. Non è una pila standard ricaricabile (probabilmente l’ingegnere progettista ha calcolato che non si scarica in 600 anni d’uso). Non è facilmente sostituibile perché è saldata sulla motherboard. La pila non si è scaricata del tutto, ma (dopo un anno) sembra un po’ scesa di voltaggio e questo rende instabili alcune funzioni. La pila è contenuta in un piccolo involucro pieno di codici e numeretti, di cui nessuno indica le caratteristiche dalla pila. Nessuno nell’assistenza tecnica di quell’azienda (né dei suoi concessionari) sa dire quale sia il voltaggio originale di quella pila, né dove si possa trovare un pezzo sostitutivo. Il problema viene risolto solo perché il malcapitato proprietario conosce un dirigente della mega-azienda e alla fine gli dice "Senti, Gigi, puoi trovare per piacere qualcuno che mi faccia avere la stramaledetta pila?". Gigi non la trova, ma riesce almeno a scoprire quali sono le caratteristiche di quella pila (installata solo su quel particolare prodotto, che dopo un anno è considerato da quell’azienda come un residuo paleolitico) così che possa essere sostituita con un’altra, che costa poche lire ma non è molto facilmente reperibile in commercio.

Dopo altre geremiadi finalmente si trova una piccola pila adatta allo scopo, che viene saldata a mano nel piccolo spazio disponibile (operazione delicata) e finalmente il problema, dopo qualche mese di peregrinazioni varie, è risolto.

Domande: le stesse del primo esempio.

 

Il centralino autodistruggente

Un’altra grande impresa, questa volta italiana, ha un centralino che, se una linea diretta è occupata, mette la chiamata su un disco con musichette varie e una voce che ripete ad infinitum "restate in attesa, sarete collegati". L’attesa può durare ore o giorni.

Chi stava cercando di raggiungere Mario Rossi o Caterina Bianchi alla fine si arrangia... chiama la sera a casa o sul cellulare.

Ma se si tratta di qualcuno che voleva comprare qualcosa... è più probabile che cerchi percorsi trasversali o che metta giù il telefono e chiami un concorrente?

 

Il comunicato stampa a fondo cieco

Un’impresa sta lanciando (con abbondante dispiego di mezzi) un nuovo prodotto che si chiama Adrubales e promette prestazioni miracolose. Diffonde un comunicato che contiene un indirizzo e-mail, un indirizzo web, alcuni numeri di telefono e un numero di fax.

Un giornalista diligente, che non si accontenta di enfasi generiche, scrive all’indirizzo e-mail ma 48 ore dopo non ha ricevuto risposta. Non lavora in un quotidiano, ma deve "chiudere il numero" e ha un po’ di fretta. Sul sito ci sono montagne di immagini a colori e di aggettivi, alcune animazioni ed effetti musicali, il Gioco delle Guerre Puniche e un concorso a premi per chi indovina il prezzo del prodotto... ma non le informazioni che sta cercando. Telefona ai vari numeri e trova risposte variabili da "le passo l’ufficio addetto" (linea libera, nessuno risponde) a "Asdruche?" a "la signora Verdi è uscita e non so quando torna". Manda un fax chiedendo spiegazioni, ma come risposta riceve una copia dell’enfatico e generico comunicato stampa che ha già letto. Non sto scherzando. L’esempio è inventato, ma è molto simile a parecchi casi reali.

Chi cerca informazioni perché vorrebbe acquistare il prodotto si trova spesso in un vicolo cieco simile a quello in cui è caduto il giornalista.

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Gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Funzioni di servizio e di informazione vengono affidate a routine e procedure burocratiche inefficienti, a tecnologie fastidiose e ripetitive, a persone addestrate meccanicamente in grado solo di dare risposte standardizzate. Questo non accade solo nelle grandi imprese ma anche nelle "piccole e medie" quando le procedure si sostituiscono al contatto diretto con le persone responsabili.

Il problema si complica, con conseguenze spesso tragicomiche, quando il dialogo non è solo fra un’impresa e un singolo interlocutore (che sia una persona o un’altra impresa) ma coinvolge altri: intermediari, rivenditori, fornitori, servizi eccetera. Tanto è grave e complesso il "circolo vizioso" che si crea per il moltiplicarsi delle inefficienze, quando forte ed efficace può essere il "circolo virtuoso" di sinergie organizzate e gestite con efficacia.

Le tecnologie, in queste come in tante altre attività delle imprese o delle organizzazioni, sono "neutre". Nel senso che possono essere benefiche o nocive secondo l’impostazione del progetto e dei sistemi e secondo la coerenza delle applicazioni agli obiettivi desiderati.

Le tecnologie di comunicazione, se ben concepite ed applicate, possono migliorare molto la qualità di servizio; e contemporaneamente ridurre i costi. Ma l’esperienza quotidiana dimostra che molto spesso accade il contrario; perché metodi e tecnologie sono impostate secondo logiche interne dell’organizzazione, o secondo funzioni standardizzate e predefinite del software, anziché basarsi sulle esigenze delle persone che usano uno strumento o accedono a un servizio.

 

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loghino.gif (1071 byte) 3. Numeri in Italia e in Europa

Probabilmente a metà febbraio saranno disponibili i nuovo dati (semestrali) su scala mondiale; penso quindi di poter pubblicare un’analisi prima della fine del mese. Intanto, vediamo qualche aggiornamento sulla situazione italiana ed europea.

Il 5 febbraio RIPE (Réseaux IP Européens) ha pubblicato i dati di hostcount di gennaio. Questa è la situazione per i 21 paesi nell’area Europa-Mediterraneo con più di 50.000 host internet.

 

 Dicembre 1998 Variazione %
su dicembre 1997
Gennaio 1999Variazione %
su dicembre
 
Germania1.449.915 + 28,11.479.027+ 2,0
Gran Bretagna1.449.342+ 42,41.467.550+ 1,3
Olanda625.769 + 60,0640.265+ 2,3
Francia 511.193 + 44,0623.500+ 22,0
Finlandia459.568 - 5,6470.887+ 2,5
Italia386.632+ 51,7413.882+ 7,0
Svezia379.455+ 8,9413.251+ 8,9
Norvegia318.993+ 9,1319.164+ 0,1
Spagna306.559+ 56,1308.437+ 0,6
Danimarca298.275+ 70,8301.242+ 1,0
Svizzera245.409+ 29,7249.630+ 1,7
Belgio208.665 + 95,4216.690+ 3,9
Russia182.680+ 19,7195.184+ 6,8
Austria172.569+ 59,1167.429- 3,0
Polonia130.554+ 47,6147.557+ 13,0
Israele114.584+ 32,1117.039+ 2,5
Ungheria95.931 + 41,399.251+ 3,5
Repubblica Ceca86.482 + 52,188.039+ 1,9
Irlanda55.859+ 40,159.340+ 6,2
Portogallo55.746+ 31,358.938+ 5,7
Grecia49.904+ 77,453.103+ 6,4
 
Totale Europa (e Mediterraneo)7.871.897+ 36,08.182.287+ 3,9

 

Si conferma un tasso di crescita dell’Italia superiore alla media europea ma inadeguato a recuperare lo svantaggio. La forte crescita della Francia in gennaio potrebbe segnalare un’accelerazione nel passaggio dal minitel all’internet.

Vediamo l’aggiornamento di alcuni grafici.

 

Host internet in 5 paesi europei - 1995-1998

Fonte: RIPE (Réseaux IP Européens) – dati trimestrali – numeri in migliaia

Nota: in questo caso per la Francia non è stato introdotto alcun "correttivo" per il fattore minitel

 

La tendenza non mostra variazioni rilevanti rispetto al passato. C’è un rallentamento nei due paesi più avanzati; se questa tendenza continuasse nel lungo periodo le distanze potrebbero ridursi. Se si confermasse l’accelerazione indicata dai dati di gennaio, la Francia potrebbe "staccarsi" dall’Italia e dalla Spagna e avvicinarsi agli altri due "grandi paesi" dell’Unione Europea.

Vediamo ora un aggiornamento del grafico che confronta la crescita della rete in Italia e in Europa. In dicembre-gennaio sembra che l’Italia stia recuperando il terreno perduto. Ma è ancora presto per poter capire se si tratta di una tendenza significativa o di un’oscillazione.

 

Host internet in Italia e in Europa

gennaio 1998 – gennaio 1999

(agosto 1997 = 100)

Elaborazione su dati RIPE Réseaux IP Européens

 

Questo grafico mostra come si evolve la percentuale di presenza in rete dell’Italia rispetto al totale europeo.

 

Host internet in Italia: percentuale rispetto all’area Europa e Mediterraneo

(Elaborazione su dati RIPE – Réseaux IP Européens) – dati trimestrali

 

La leggera ripresa che si è notata nell’ultimo trimestre del 1998, e che si conferma in gennaio, non basta per riportare l’Italia al "massimo storico" dell’agosto 1997. La quota dovrebbe più che raddoppiare per raggiungere un livello adeguato al ruolo del nostro paese in Europa e nel mondo.

 

Vediamo ora il grafico della densità. I dati sono quelli del dicembre 1998, per avere un riferimento di "fine anno" e per un confronto con i dati su scala mondiale (secondo semestre 1998) che esamineremo nel prossimo numero.

 

Host internet per 1000 abitanti

Analisi su dati RIPE (Réseaux IP Européens) – Dicembre 1998

26 paesi (su 100 nell’area RIPE) con più di 20.000 host e densità superiore a 1


La parte verde delle barre rappresenta la crescita in un anno (dicembre 1997 – dicembre 1998).
La parte gialla della barra relativa alla Francia è una stima approssimata del fattore minitel.

 

Vediamo ora, come è ormai "tradizionale" in questa rubrica, i dati analizzati in relazione al reddito ("prodotto interno lordo") nel paesi dell’Unione Europea.

Host internet in relazione al reddito (PIL)

nei paesi dell’Unione Europea

Analisi su dati RIPE (Réseaux IP Européens) – Dicembre 1998

Anche in questo caso, la parte gialla della barra riguardante la Francia indica il fattore minitel.

 

Non solo l’Italia rimane il "fanalino di coda", ma aumenta il suo svantaggio rispetto agli altri paesi. Un leggero miglioramento del hostcount italiano nel gennaio 1999 non modifica la situazione.

 

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loghino.gif (1071 byte) 4. Il "trionfalismo" è la fabbrica delle delusioni

 

Ho già parlato molte volte, in questa lista e in altri articoli (vedi elenco alla fine), dei danni del "trionfalismo"; o hype, come lo chiamano gli americani. I "falsi ottimismi" non giovano alla crescita della rete, né allo sviluppo delle attività d’impresa online, perché producono (giustificata) diffidenza o false speranze che portano a inevitabili delusioni.

Il problema è stato rilevato anche dai più attenti osservatori internazionali; e anche in mercati, come quello americano, dove la penetrazione della rete e le attività "commerciali" sono enormemente più sviluppate che da noi.

Una ricerca svolta dalla CBS dimostra che anche negli Stati Uniti "non è tutt’oro quel che luccica". Il titolo del rapporto è Net poll shatters web views. Eccone una sintesi.

Gli americani si aspettano molto dall’internet, ma spesso le loro aspettative sono deluse.

Con largo margine, le persone che non hanno accesso all’internet dicono di non sentirne il bisogno. Il 49 per cento di tutti gli intervistati, e il 55 per cento di chi usa la rete, pensa che l’internet non sia all’altezza di ciò che si sente promettere.

Dice Kathy Frankovic, director of surveys di CBS News: "Anche per le persone più attive in rete, la web non ha, finora, sostituito i modi tradizionali di fare business".

Circa l’80 per cento delle 1.782 persone intervistate dice che non ha usato la rete per l’acquisto di regali natalizi. D’altro canto, un americano su 5 (fra quelli che usano abitualmente l’internet) dice di aver dato un’occhiata in giro in rete prima di decidere dove passare le vacanze. "Il bicchiere dell’e-commerce – si chiedono i ricercatori della CBS – è mezzo vuoto o mezzo pieno?"

"Gli sviluppi ci sono – dice ancora Kathy Frankovic – ma l’immagine idealizzata della rete che tanti hanno proposto non è reale e non lo sarà per parecchio tempo".

Molti americani sono confusi, delusi e un po’ spaventati dalla rete.

Per esempio: solo il 24 per cento delle persone che non sono online pensa che dovrebbe usare la rete per "essere al passo coi tempi". Il 57 per cento delle persone che usano la rete dice che "non è necessaria". Il 71 per cento degli intervistati (utenti o no della rete) dice che preferirà sempre guardare la televisione che esplorare l’internet.

Deirdre Mulligan, staff counsel for the Center for Democracy and Technology di Washington, osserva che gli americani di tutti i livelli educativi ed economici hanno perplessità sulla rete. "La gente pensa che ci siano molte informazioni disponibili ma è preoccupata per la lentezza di accesso, i rischi di privacy e il modo in cui l’informazione è organizzata e proposta".

John Pavlik, executive director del Center for New Media della Columbia University, dice: "Nessuno che conosca bene l’internet pensa che possa sostituire gli altri media".

Soprattutto, la ricerca ha confermato (per l’ennesima volta) che il mondo degli utenti internet non è omogeneo e ci sono grandi differenze nei modi di percepire e usare la rete.

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Tutto questo negli Stati Uniti, dove la penetrazione della rete è almeno dieci volte superiore a quella italiana ed incomparabilmente maggiore è la quantità di servizi offerti – e dove la qualità e la velocità di accesso sono molto migliori che da noi.

Figuriamoci in Italia...

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Altre osservazioni su questo argomento:

 

Fa bene una doccia fredda? – 24 febbraio 1997 – "Il mercante in rete" n. 1

Una rivoluzione copernicana – 12 marzo 1998 – relazione al convegno Somedia

E se l’internet passasse di moda? – 28 marzo 1997 – "Il mercante in rete" n. 2

Scrollone o scrollatina? – 23 aprile 1997 – "Il mercante in rete" n. 3

Come uscire dalla trappola? – 3 giugno 1997 – "Il mercante in rete" n. 4

L’illusione tecnologica – 15 luglio 1997 – "Il mercante in rete" n. 6

Proiezioni per confonderci –14 ottobre 1997 – "Il mercante in rete" n. 10

Eppur si muove – 22 dicembre 1997 – "Il mercante in rete" n. 12

L’America è lontana – 16 gennaio 1998 – "Il mercante in rete" n. 13

Il mito dei milioni – 9 febbraio 1998 – "Il mercante in rete" n. 14

Un filo sull’abisso – 18 febbraio 1998 – "Il mercante in rete" n. 15

Le fanfare stonate e l’autobus perduto – marzo 1998 – Offline" n. 2

Un treno per Marte – aprile 1998 – Offline" n. 3

Perché l’internet mette a disagio le imprese – 15 giugno 1998 – "Il mercante in rete" n. 21

Poggibonsi, la metropoli e il continente – 29 giugno 1998 – "Il mercante in rete" n. 22

Aladino, Ulisse e Polifemo – giugno 1998 – Offline" n. 5

Il nuovo stile del "trionfalismo" – 10 agosto 1998 – "Il mercante in rete" n. 23

Il mercato non è "equilibrato" – 18 settembre 1998 – "Il mercante in rete" n. 26

Giulio Cesare, Caio Duilio e la Signora Rossi – settembre 1998 – articolo su Media Key

Come conquistare l’Araba Fenice – ottobre 1998 – articolo su Web Marketing Tools

I danni del "trionfalismo" – 1 novembre 1998 – "Il mercante in rete" n. 28

Una voce sincera – 18 dicembre 1998 – "Il mercante in rete" n. 29

Icaro ci ripensa e cerca di camminare – gennaio 1999 – articolo su PC professionale

 

 

 

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