L’internet è una sfida,
un problema o una risorsa?


Cultura e valori umani
dei nuovi sistemi di comunicazione
come risorse e strumenti
per il successo delle imprese

Relazione di Giancarlo Livraghigian@gandalf.it
al workshop Ambrosetti
E-STRATEGY OGGI
LE OPPORTUNITÀ OFFERTE DALLO SCENARIO TECNOLOGICO

Roma, 16 novembre 2001


 
Non consiglio la lettura di questa relazione
(come di quella al congresso del 26 ottobre)
a chi già conosce il libro La coltivazione dell’internet
o quello più breve Le imprese e l’internet
né ai lettori abituali di questo sito
perché troverebbero la ripetizione di cose note.

Può essere utile, invece, a chi vuole
una breve sintesi dell’argomento.
 




Non c’è (non c’è mai stata)
alcuna “crisi” dell’internet

Non è la prima volta. È un fenomeno “ciclico” e ripetitivo. Ci sono state varie fasi di hype – entusiasmo eccessivo e aspettative “miracolose” (l’Economist le chiama e-xaggeration). Seguite da altrettanti hangover – quel malessere che segue a una sbornia. Da due anni imperversano voci di “crisi” e di smarrimento – e sembra che continuino a ripetersi, senza alcun chiaro motivo o fondamento. Intanto l’internet continua a crescere e a moltiplicarsi.

Non c’è e non c’è mai stata alcuna crisi dell’internet. Molte operazioni mal concepite hanno avuto un immeritato successo nei mercati finanziari; il successivo “crollo” era inevitabile. Molti tentativi frettolosi non hanno dato i risultati previsti. Perché era sbagliato il progetto o perché si era sperato di guadagnare troppo e troppo in fretta. Lo sgonfiamento della “bolla” speculativa non è un problema, ma al contrario è un’occasione favorevole, per chi vuole costruire solidamente attività d’impresa in rete.

Non si tratta di riprovare su percorsi sbagliati. Si tratta di ridefinire strategie, metodi e obiettivi. In modo più realistico, più paziente, più attento alle potenzialità che davvero offre la rete. Non è molto difficile. Ma occorre partire da un’ottica profondamente diversa da quelle che finora hanno portato a tanti fallimenti e delusioni.



La crescita dell’internet
non è “esponenziale”
ma è una tendenza solida e continua

Una delle molte leggende che circondano la rete è che sia un fenomeno esplosivo, con una crescita “esponenziale”. E che abbia avuto un’evoluzione molto più veloce di altre innovazioni nei sistemi di comunicazione, come la radio o la televisione. Non è vero. I concetti progettuali da cui deriva l’internet risalgono alla prima metà del ventesimo secolo (ipotesi su queste possibilità erano state formulate cent’anni prima). Le soluzioni tecniche su cui si basa la rete erano operative e funzionanti trent’anni fa. (Vedi la cronologia nell’appendice a L’umanità dell’internet).

Il fenomeno relativamente recente è la sempre più ampia diffusione dei sistemi di comunicazione in rete, che ha avuto una progressiva e veloce crescita con un’accelerazione negli anni ’90 – come vediamo in questo grafico.


Host internet nel mondo 1991-2000
Fonte: Network Wizards – Internet Domain Survey – numeri in milioni

grafico
Per un’analisi più dettagliata del quadro riassunto in questo grafico
e in quello successivo vedi i dati internazionali


La crescita continua nel 2001, come indica questa tendenza ricavata da una fonte diversa.


Host internet nel mondo 1998-2001
Fonte: Netsizer – numeri in milioni

grafico


Il fatto curioso è che la tendenza appare “lineare” e perciò non riconducibile ad alcuna curva logica o coerente. Il motivo è che lo sviluppo della rete non è un fenomeno “univoco” od omogeneo, ma la somma e la combinazione di molte tendenze diverse.



L’internet in Italia

La situazione dell’Italia, per quanto riguarda l’internet, è cambiata negli ultimi due anni. Da una posizione “arretrata” si è passati a una presenza più rilevante. Questa è la situazione per i dieci paesi che avevano più di un milione di host internet alla fine del 2000.

Network Wizards
Internet Survey
Numero
di host
Variazione %
in un anno
Per 1000
abitanti
Stati Uniti 72.456.761 + 43,5 264,6
Giappone 4.640.863 + 76,0 36,6
Canada 2.364.014 + 41,6 76,0
Gran Bretagna 2.291.369 + 20,5 39,0
Germania 2.163.326 + 27,1 26,3
Italia 1.630.526 + 147,7 28,5
Olanda 1.623.567 + 97,8 102,8
Australia 1.615.939 + 48,2 85,5
Francia 1.375.081 + 76,3 23,3
Taiwan 1.095.718 + 83,5 50,0
Per informazioni più estese vedi i dati internazionali.

Il quadro in Europa è complesso e in evoluzione. Una percezione sintetica dello sviluppo si può avere osservando la tendenza per i quattro “grandi” paesi dell’Unione Europea.


Host internet in quattro paesi europei
1996-2001

Elaborazione sulle statistiche RIPE (Réseaux IP Européens) – numeri in migliaia

grafico

Nota: un’anomalia nella situazione francese è l’uso, ancora esteso, del minitel.
Se si tenesse conto di quella “vecchia” tecnologia l’attività online della Francia
sarebbe probabilmente paragonabile a quella della Gran Bretagna.

Per una documentazione più completa della situazione in Europa,
riassunta in questo grafico e in quello seguente, vedi i dati europei


Si nota un cambiamento. Mentre negli anni precedenti i due paesi più avanzati crescevano più velocemente degli altri, nel 1999-2000 le distanze si sono accorciate. Ma nel confronto con la Francia e l’Italia, due paesi di dimensioni analoghe per popolazione e reddito, la Gran Bretagna mantiene il predominio che ha sempre avuto fin dalle origini della rete.

Un’altra sintetica percezione del quadro europeo si può avere con un grafico della densità (host per 1000 abitanti) nei 20 paesi europei che hanno più di 100.000 host internet.


Host internet per 1000 abitanti
Elaborazione su dati RIPE – settembre 2001

grafico


La situazione dell’Italia è molto migliorata rispetto a due o tre anni fa. Ha finalmente superato la media dell’Europa – ma è ancora lontana dalla media nell’Unione Europea. Occorrerà un’ulteriore crescita perché l’Italia possa arrivare a un livello corrispondente al suo ruolo economico e sociale rispetto al resto dell’Europa e del mondo.

Per quanto riguarda le persone che si collegano alla rete, le definizioni sono sempre discutibili e imprecise; ma ora c’è, più che in passato, una convergenza fra i dati elaborati da diversi istituti di ricerca. Una sintesi della situazione è rappresentata in questo grafico che riassume l’andamento dal novembre 1997 al giugno 2001.


“Utenti” internet in Italia
Fonte: Eurisko – numeri in migliaia

grafico

Per una documentazione più completa sull’uso dell’internet in Italia vedi i dati italiani


La crescita è un po’ rallentata, dopo una fase di accelerazione fra la fine del 1998 e l’inizio del 2000. Nel 2000-2001 si è sviluppato l’uso dell’internet da casa – mentre i collegamenti dal luogo di lavoro, che erano prevalenti in Italia, non danno segni di crescita. Questo è probabilmente un sintomo della perplessità delle imprese nell’uso della rete. I primi segnali del secondo semestre 2001 sembrano indicare un rallentamento complessivo, ma è probabile che si tratti solo di una fase di transizione. Ormai l’uso dell’internet in Italia è un comportamento diffuso, ancora lontano da una soglia di “saturazione” e con una solida tendenza di sviluppo.



La leggenda di Moore

Si è sentita spesso citare la cosiddetta “legge di Moore”. Senza entrare nei dettagli tecnici, che sono abbastanza complessi, l’ipotesi è che un non ben precisato “qualcosa” raddoppi ogni 12 o ogni 18 mesi. E che di conseguenza tutto debba essere fatto con grande fretta – e si possano (o si debbano) ottenere risultati clamorosi in tempi molto brevi.

La cosiddetta “legge” non è confermata dai fatti nel campo delle tecnologie. Ma anche se lo fosse non giustificherebbe quell’ansia di “innovazione fine a se stessa”, di velocità a tutti i costi, di cambiamento a scapito della continuità, che porta quasi sempre a soluzioni sbagliate. E ancora meno le aspettative di risultati “miracolosi” in un batter d’occhio.

Si è ripetuto ad nauseam che esiste un “tempo internet”, in cui tre mesi equivalgono a un anno. L’esperienza ha dimostrato che non è vero. I tempi possono essere più o meno veloci, secondo le fasi e le situazioni, ma sono determinati da un solo fattore dominante: il comportamento umano. Che non cambia facilmente in un giorno, un mese o un anno.

Ritornerò su questo argomento alla fine. Ma è importante rilevare che lo sviluppo di una strategia efficace ../uman/26.htm non si basa sulla fretta. Sono molto più efficienti e promettenti quei progetti che puntano su obiettivi di “medio periodo”, con la serenità e la coerenza di un’evoluzione graduale, di una continua verifica, di una progressiva formazione di competenze ed esperienze.



La legge di Murphy
(Einstein e l’ameba)

Questa non è una “battuta” scherzosa ma una considerazione seria. Occorre tener conto con grande attenzione della famigerata “legge di Murphy”. Che ha avuto infinite varianti più o meno umoristiche ma è un fatto seriamente reale. “Se una cosa può andare storta, lo farà, nel momento peggiore possibile”. Gli effetti perversi di quella legge si moltiplicano quando si “delegano” alle tecnologie funzioni che hanno bisogno di controllo umano.

Per fortuna l’internet è un sistema che permette continua verifica e sperimentazione. Perciò in questo ambiente, ancor più che negli altri, si può considerare la “legge di Murphy” non come una minaccia ma come una risorsa. Trattandola come uno dei fattori di definizione di una strategia – prevedendo fin dall’inizio la verifica e la correzione degli inevitabili errori. (Vedi Le grandi leggi: Murphy, Parkinson, Peter e Cipolla).

Come vedremo più avanti, non si tratta solo di strategie flessibili (what if), comunque sempre raccomandabili in un contesto relativamente inesplorato, ma anche e soprattutto di un modello che consideri gli errori (umani e tecnici) come una componente fisiologica dell’evoluzione e quindi preveda non solo i necessari interventi correttivi ma anche una elevata capacità di apprendere dall’errore e trarne insegnamento. Insomma gli errori non devono essere calamità inaspettate e impreviste, ma momenti necessari del processo cognitivo. Diceva Karl Popper in Of Clouds and Clocks (1966):

Nella scienza, come nella vita, vige il metodo dell’apprendimento per prove ed errori, cioè l’apprendimento dagli errori. L’ameba ed Einstein procedono allo stesso modo, per tentativi ed errori; la sola differenza rilevabile nella logica che guida le loro azioni è che i loro atteggiamenti sono diversi. Einstein, diversamente dall’ameba, cerca consapevolmente di fare di tutto, ogni volta che gli capita una nuova soluzione, per coglierla in fallo; assume un atteggiamento consapevolmente critico nei confronti delle proprie idee, cosicché – mentre l’ameba morirà a causa dei suoi errori – Einstein sopravviverà proprio grazie ai suoi errori.



Comunicare e agire
in un sistema policentrico

La struttura dell’internet è radicalmente diversa da quella dei sistemi “centralizzati”. Come è evidente in questo confronto.


reti
Questa rappresentazione grafica è tratta dal libro di Katie Hafner e Matthew Lyon
Where Wizards Stay Up Late – The Origins of the Internet (1996).


I modelli di “rete” cui siamo abituati sono totalmente centralizzati (tutto passa per un unico punto) o parzialmente “decentralizzati” (una parte del traffico si muove su nodi “periferici”). L’internet invece è una rete “distribuita” in cui ciascun nodo può collegarsi con qualsiasi altro scegliendo, secondo il caso, il percorso più opportuno.

internet


Naturalmente lo schema è un’estrema semplificazione. Vediamo 60 “nodi” nel disegno, mentre in realtà sono 120 milioni. Ma questa è la struttura – e ne derivano conseguenze molto importanti. Non è una ragnatela. Non c’è alcun “ragno” o punto centrale. Ognuno degli infiniti nodi può essere il “centro”. Non c’è un Signor Internet” con proprie opinioni o atteggiamenti, né una cultura univoca e omogenea della rete.

Se invece di pensare ai nodi tecnici immaginiamo i punti nel reticolo come persone, la struttura del sistema è la stessa. E questo – come spero sia ovvio – ridefinisce anche il quadro delle relazioni e interazioni umane. I metodi più efficaci per comunicare nell’internet si basano sulla capacità di capire e utilizzare positivamente le caratteristiche della sua struttura.



Un sistema biologico

Quando, tre o quattro anni fa, parlavo dell’internet come sistema biologico incontravo reazioni perplesse e sorprese. Oggi, molto meno. Si tratta, comunque, di un fatto accertato e confermato da molti dei migliori studiosi dell’argomento. Perfino in analisi rigorosamente tecniche di topologia della rete si dice che “non è definibile se non come un ecosistema•.

Questa non è solo una considerazione filosofica e culturale. È un fatto di grande rilevanza pratica. Lo sviluppo della rete non è una rivoluzione, è un’evoluzione. Non è un sistema lineare o “digitale”, ma cresce come una pianta. Lavorare con la rete è una cosa molto più simile all’agricoltura (o al giardinaggio) che alla meccanica. Richiede più cultura umana che conoscenze tecniche. Più competenze di comunicazione che di elettronica.



La coltivazione dell’internet

Parlare di “coltivazione” dell’internet non è una provocazione o un modo di dire (e questo non è solo il titolo di un libro).

Non si tratta di un ritorno al passato. Ma la network society somiglia più all’agricoltura che alla “linearità” e omogeneità dell’era industriale. Anche questa constatazione è confermata da molti fra i migliori autori sull’argomento.

Per esempio John Perry Barlow, un noto filosofo della rete, scrisse su Wired nel 1998:
Le abitudini mentali dell’agricoltura sono molto più adatte per capire le qualità essenzialmente biologiche dell’economia dell’informazione di quanto possano esserlo i vizi meccanicistici della visione industriale del mondo.

E Gerry McGovern, nel suo bel libro The Caring Economy (1999):
Potremmo dire che è un ciclo: siamo andati avanti per tornare, almeno in parte, a valori del passato – al modo di collaborare, di lavorare insieme, che avevamo imparato nella società dell’agricoltura. L’internet è un ambiente organico. Dobbiamo saperla coltivare.

Anche questa non è solo una teoria. Ha molte, e importanti, applicazioni pratiche.



Le radici antiche
della nuova comunicazione

La rete non è fatta di macchine, connessioni, software e protocolli. È fatta di persone. Il DNA della nostra specie, come l’essenza delle relazioni umane, non cambia in un anno, un decennio o un secolo. Se i nuovi sistemi di comunicazione fossero basati su qualcosa di totalmente sconosciuto e inesplorato, usarli sarebbe molto difficile. Ma nulla di ciò che facciamo online è estraneo alla natura umana.

Si tratta di comportamenti che hanno radici antiche. Lo scambio di servizi e attenzioni reciproche (che è la struttura fondamentale della rete) è un elemento indispensabile di qualsiasi società umana. Il concetto di comunità è antico quanto le nostre origini. La struttura dell’internet è più simile al funzionamento di un cervello biologico che alla logica sequenziale di un computer. Insomma capire la rete, e usarla bene, significa capire la nostra storia, le nostre origini, i valori culturali dell’umanità.

E non si tratta solo di agricoltura. Stiamo ritrovando anche le radici di una cultura pre-agricola, nomadica. I moderni mezzi di trasporto ci danno una mobilità senza precedenti; la rete ci permette di continuare il lavoro e le relazioni dovunque siamo. Possiamo liberarci non solo dai vincoli di concentrazione dell’economia industriale, ma anche dai limiti “stanziali” dell’economia agricola o mineraria. Anche questa non è solo una considerazione filosofica e culturale, ma un criterio operativo di grande utilità pratica.



Non tutto è web

Qualcuno pensa che l’era web sia finita e che nel giro di due o tre anni quella interfaccia per l’accesso all’internet debba essere sostituita da un’altra tecnologia. Si può dubitare della credibilità di quelle ipotesi. Ma indipendentemente dalle soluzioni tecniche che usiamo e useremo ci sono due considerazioni importanti. La prima è che le tecnologie vanno e vengono, le relazioni umane durano. La seconda è che la world wide web non è l’internet – e questo non è un “dettaglio tecnico” ma un fatto fondamentale (vedi Non tutto è web).

Concepire la rete come “sito centrica” vuol dire ridurla al modello dei mezzi tradizionali “a senso unico” e perdere di vista i suoi reali valori. Una delle conseguenze è la diffusa opinione che la prima cosa da fare sia “avere un sito web”, poi farlo conoscere – e poi offrire un buon servizio. È vero il contrario. Occorre innanzitutto avere una strategia chiara, poi verificare i vari sistemi di comunicazione che possono essere messi al servizio di quella strategia, e dopo aver definito con chiarezza gli obiettivi e i metodi di verifica impostare i contenuti e la struttura di un eventuale sito web. Questa è, da sempre, la prassi più ragionevole e funzionale in tutte le attività di un’impresa. Non c’è alcun motivo per cui si debba procedere in modo diverso quando si tratta dell’internet.



La marca e la rete

I prodotti di marca sono avvantaggiati anche nell’internet? Ovviamente si. Tuttavia si espongono online, ancor più che in altre situazioni, a una verifica diretta e severa (vedi Il ruolo della marca). Il concetto di customer empowerment è tutt’altro che astratto e assume in rete un valore immediato e diretto. Può essere molto pericoloso creare aspettative che poi non si è in grado di soddisfare.

Nel 1989, quando ancora non si parlava di e-business , nel libro La Marque Jean-Noel Kapferer e Jean-Claude Thoenig dicevano:

La marca non è una rendita, né un diritto acquisito. Non dura se non porta un reale valore aggiunto. Sottoposta a continua verifica dai consumatori, che confrontano e che si abituano velocemente alle innovazioni al punto di considerare normale l’ultimo progresso portato dalla marca, essa non ha altra scelta per sopravvivere che rimettersi continuamente in discussione.

Se questo è vero fin dalle origini del marketing lo è ancora di più nella situazione di oggi. In un’intervista all’inizio del 2000 Jeff Bezos, fondatore e presidente di Amazon, rispose così a una domanda sulla fedeltà di marca.

Le imprese che credono di poter contare sulla fedeltà di marca sono fuori di senno. I clienti ci sono fedeli se non approfittiamo della loro fiducia. Non ci si può riposare sugli allori.

Se diamo qualcosa per scontato diamo un disservizio ai nostri clienti e non è giusto che ci siano fedeli. I clienti ci sono fedeli fino all’istante in cui qualcun altro offre un servizio migliore. Si vive o si muore in base all’esperienza che il cliente ha di noi. Questo è il fatto: online l’equilibrio del potere si sposta a favore del cliente.

La relazione diretta in rete obbliga a una concretezza di servizio più immediatamente verificabile. Questo può essere un problema per chi concepisca la marca come vaga “immagine”. È una risorsa per le marche con radici più salde e con una reale qualità di prodotto e di servizio. Questo non riguarda solo il “commercio elettronico” nella sua interpretazione più elementare (vendita online) ma ogni attività dell’impresa in rete. L’internet è un ambiente ricco di occasioni e di possibilità, un modo per aumentare il vantaggio competitivo. Ed è anche un campo di sperimentazione per provare e verificare proposte, sistemi di relazione, modelli di attività che possono trovare applicazione in ambiti più generali.



Servizio

Due parole riassumono le leve di successo per ogni attività in rete:

servizio e sinergia.

Una simbiosi dinamica di questi fattori può avere un effetto straordinario sulla qualità dei risultati. La stessa cosa si potrebbe dire, in generale, per ogni attività di marketing e per ogni relazione fra un’impresa e il mercato; nel caso della rete assume un significato particolarmente intenso, per la natura diretta e interattiva della relazione e per la profondità “tendenzialmente infinita” delle informazioni che si possono rendere disponibili.

In ogni attività dell’impresa, ma ancor più nel caso della rete, è fondamentale sviluppare relazioni e stabilire un rapporto di fiducia che duri e cresca nel tempo. Gli utenti della rete tendono a essere esigenti – e impazienti. Non ricevono passivamente la comunicazione, devono attivamente cercarla. Si sentono (giustamente) in diritto di avere un servizio che giustifichi il loro investimento di tempo e di impegno. Si aspettano anche quella completezza di informazione che, se ben gestita, è in sé un valore importante di servizio – e la cui mancanza o scarsità non è perdonabile online.

Naturalmente il concetto di “servizio” può avere infinite interpretazioni, secondo la natura dell’impresa, del prodotto, della relazione. Ci sono molte possibilità di potenziare o valorizzare servizi esistenti o di sviluppare con la rete nuovi servizi che aumentano il valore e l’utilità – per i clienti o per altri interlocutori dell’impresa.

L’informazione, in sé, è un servizio – se è completa, utile, bene organizzata e agevolmente accessibile. Ma il vantaggio è molto maggiore se opera in sinergia con altri servizi di valore offerti dall’impresa. In ogni caso il servizio è fondamentale. Se un’organizzazione va online senza offrire servizi rilevanti, che siano di reale e verificata utilità (e percepiti come tali), occorre chiedersi quale motivo abbia di essere in rete. Non solo non e ricaverà alcun vantaggio, ma corre seriamente il rischio di farsi del male.



Sinergia

La sinergia fra fattori diversi è uno degli elementi fondamentali di successo nell’uso delle nuove tecnologie di comunicazione. Il modello di massima efficacia è la ricerca di nodi rilevanti in tutto il sistema di comunicazione d’impresa (esterni e interni) che possano essere gestiti meglio con l’uso delle reti e che possano combinarsi per dare un miglioramento di qualità – e servizio.

Spesso queste soluzioni producono anche una riduzione dei costi; ma sono assai meno efficaci se il controllo dei costi viene posto come priorità assoluta, a scapito dei fattori di qualità e di relazione. Il risultato è migliore se nella gerarchia del progetto si dà priorità ai valori di qualità-servizio – e il miglioramento del rapporto costi-ricavi ne è una conseguenza.

L’effetto combinato è davvero “esponenziale”: i vantaggi non si sommano, si moltiplicano. La sinergia di diversi fattori, realizzata anche (ma non solo) con un uso efficace e coerente della comunicazione elettronica, può costituire un rilevante vantaggio concorrenziale; soprattutto se non è imitativa ma pone l’azienda in una posizione diversa rispetto ai suoi concorrenti e al mercato in generale.

Questo riguarda tutti i rapporti fra l’impresa e l’ambiente in cui opera, con una particolare attenzione alle relazioni con i suoi clienti. In molti studi sulla network economy si parla esplicitamente di rapporto simbiotico fra impresa e cliente.

Non si tratta soltanto di customer care, di rapporto con i clienti o “consumatori”. Lo stesso criterio si può applicare a tutta la rete di rapporti del sistema-impresa, dai fornitori agli intermediari, alla distribuzione, alla ricerca e sviluppo, alla logistica, eccetera. Reciproco interesse e utilità, partecipazione attiva, scambio e costruzione di valori e rapporti di fiducia, co-evoluzione e gestione dinamica della complessità: sono i valori su cui si basa il successo dell’impresa con i nuovi sistemi di comunicazione.



Il valore delle relazioni

La rete è soprattutto, e prima di tutto, un tessuto di relazioni. O si coltivano, si nutrono, si sviluppano relazioni umane di reale valore e significato, o è inutile essere online. La grande utilità nelle rete sta nella possibilità di servirsene per coltivare relazioni. Ma occorre imparare a gestire rapporti diretti con interlocutori attivi ed esigenti – basati su una progressiva costruzione di reciproca conoscenza e fiducia.

Donna Hoffman e Thomas Novak della Vanderbilt Univeristy definivano così il problema nel 1998 (da allora la situazione non è sostanzialmente cambiata).
I consumatori online vogliono uno scambio basato su un esplicito contratto sociale costruito sulla fiducia. Contrariamente alle opinioni diffuse, sconti, accessi ai siti e servizi a valore aggiunto non incoraggiano i consumatori a rivelare informazioni. La maggior parte degli utilizzatori di siti web non è interessata a vendere i propri dati personali in cambio di incentivi monetari o privilegi di accesso. Perciò il modo più efficace per sviluppare relazioni con i clienti online è guadagnarsi la loro fiducia. Sembra una cosa semplice, ma permettere che l’equilibrio del potere si sposti a favore del cliente si dimostra difficile per molte imprese perché è radicalmente in contrasto con le pratiche di business tradizionali.

C’è un’obiezione, che ho sentito spesso. Le imprese devono far tornare i conti. Gestire bene le relazioni con un gran numero di persone (clienti o altri interlocutori) è impegnativo e costoso. Chi, specialmente in Italia, se lo può permettere? La risposta non è sempre facile. Ma un fatto è chiaro: siamo davanti alla classica equazione problem-opportunity.

Coltivare efficacemente le relazioni può sembrare complesso e difficile; ma dà grandi vantaggi a chi ci riesce. La soluzione sta nella flessibilità. In rete si può procedere per tentativi graduali; e ognuno può definire il suo ambito di azione che, soprattutto all’inizio, si può basare su un numero limitato, quindi gestibile, di relazioni.

Inoltre, puntare sulla fiducia e sulla qualità della relazione non è solo un modo di gestire il dialogo diretto. È un modo di pensare, una disciplina, un atteggiamento. Anche chi non scambia messaggi personali con l’impresa ha molti modi per capire com’è impostata la relazione: giudicando da come sono presentati i contenuti e le offerte, da ciò che pensano altre persone che hanno avuto rapporti con quell’impresa – e soprattutto dai fatti concreti. Cioè dalla qualità dell’informazione e del servizio.

La partecipazione attiva delle persone che usano la rete può essere una grande risorsa, che va oltre i limiti del dialogo diretto con l’impresa, diffonde informazioni e conoscenze, allarga spontaneamente gli ambiti di sviluppo, di percezione e di esperienza.

relazioni

Questa semplice immagine dà un’idea di come le relazioni si moltiplicano. Comunicare efficacemente con una persona può voler dire raggiungerne altre tre, con cui quella persona è in dialogo. Ognuna di esser può raggiungerne altre tre, e così via. Ogni esperienza o conoscenza positiva può diffondersi in rete per vie infinite e imprevedibili. Così come, al contrario, si possono diffondere insoddisfazioni o percezioni negative.

Quando la relazione è buona, il servizio è valido, c’è soddisfazione e convinzione, non è uno scherzo né un’esagerazione dire che la rete della relazioni diventa una rete spontanea di “venditori” – che lavorano volontariamente (e “gratis”) per l’impresa, motivati dalle loro percezioni ed esperienze e dal desiderio di condividerle. Ma c’è di più. Il sistema di relazioni può essere descritto anche con un modello più complesso.

multi-relazioni

La sinergia fra i diversi sistemi di relazione dell’impresa, se ben gestita e coltivata, può essere un sistema di straordinaria fertilità ed efficienza – basato sui contributi, sulle convergenze e sulle co-evoluzioni di molteplici comunità.



Il valore delle comunità

Da quattro o cinque anni, man mano che la diffusione dell’internet assumeva la portata dei “grandi numeri”, sembrava che la rete potesse essere considerata come un fenomeno “di massa” – e che si fosse perso di vista quello che è sempre stato, ed è tuttora, il tessuto portante delle reti telematiche: le comunità. Che non sono “../net/virtuale.htm virtuali”, ma molto reali. Sono fatte di persone, in carne e ossa. – con le loro esigenze, le loro opinioni, i loro desideri.

Le comunità online esistono fin dalle origini della rete. Si tratta di capire se e come possano essere utili anche per le attività d’impresa. Nel 1997 uscì un libro: Net Gain di John Hagel e Arthur Armstrong. Cominciò a diffondersi il concetto che it takes a village to make a mall (“ci vuole un villaggio per aprire un mercato”). In sintesi, la tesi del libro (poi sviluppata anche da altri) è che le comunità in rete «sono una cosa ottima per l’umanità e quindi anche una cosa buona per il business».

Il concetto di comunità è vecchio come il mondo. Non è immaginabile alcuna società umana che non sia un tessuto di comunità. Si incrociano (ciascuno di noi fa parte di parecchie comunità diverse) ma ognuna ha un’identità propria. Possono essere aggregati labili, che durano poche ore o pochi giorni; o sistemi di relazione consolidati e ritualizzati, che durano secoli o millenni. Possono avere una struttura formale e una gerarchia, o essere aggregazioni spontanee senza un “centro” apparente. Che cosa accade in rete? Le stesse cose. Con possibilità di organizzazione e di comunicazione che non erano mai state disponibili prima.

Ci sono e ci possono essere diversi tipi e modelli di comunità. Non solo comunità di persone, ma anche comunità di imprese o di altre organizzazioni. Una comunità viva, vitale e ben funzionante è un sistema in cui tutti guadagnano (non solo e non necessariamente denaro, ma conoscenze, informazioni, valori). Se ognuno dà validamente il suo contributo tutti i partecipanti ne ottengono un vantaggio. Ma l’importante è che ognuno svolga correttamente il suo ruolo, senza invasività o tentativi di condizionamento.

Occorre anche capire che una comunità online non è un “club promozionale” (quel tipo di operazione può esistere online, ma è improprio definirlo “comunità” ed è secondario e marginale rispetto alle più rilevanti strategie in rete). Se una comunità non ha una propria vita, una propria cultura, un forte interesse e valore per le persone che ne fanno parte, non ha motivo di esistere e non ha alcuna utilità.



Come si sviluppa
un progetto online

In questa breve relazione non è possibile analizzare, nella sua struttura e nelle sue fasi, il processo di costruzione di un’attività online (vedi Non tutto è “commercio elettronico”). Ma il concetto generale può essere riassunto in questo schema.

sviluppo strategico

Prima di tutto occorre identificare i diversi fattori di relazione nel “sistema impresa” che possono essere migliorati con una più efficace gestione della comunicazione. Sono quasi sempre più di uno e le sinergie hanno un effetto di moltiplicazione nella qualità dei risultati. Secondo una logica che è abituale in ogni attività dell’impresa, dalla strategia derivano il progetto e il processo applicativo, con l’analisi dei diversi fattori – e con particolare rilievo ai valori, come relazioni e comunità, di cui ho già parlato. Solo a questo punto dello sviluppo diventa rilevante pensare a un “sito web” (che non sempre è necessario) la cui impostazione sarà tanto più precisa e ben orientata quanto meglio è definita l’analisi precedente.

L’evoluzione successiva si basa su una continua sperimentazione, con un duplice obiettivo. Sviluppare e perfezionare lungo il percorso il progetto così come è stato impostato. E cogliere nuovi segnali che suggeriscono nuove ipotesi, da riportare nella radice del progetto e sviluppare nel ciclo della continua sperimentazione. La caratteristica fondamentale di questo modello è che l’attuazione concreta del progetto, la sperimentazione e la verifica non sono fasi separate e successive (“pre” o “post”) ma aspetti contemporanei e “coevolventi” di uno sviluppo continuo.

Questo modello permette di combinare efficacemente due esigenze, apparentemente contrapposte, che spesso si manifestano in un sistema in rapida evoluzione come la network economy: da un lato strategie chiare, stabili e di lungo periodo; dall’altro tattiche flessibili e veloci. Non è un paradosso, ma una verità concreta, che quanto più le strategie sono precise (capite e condivise da tutti i settori e da tutte le funzioni dell’impresa) tanto più rapide e brillanti possono essere le tattiche e le innovazioni.



Investimenti
graduali e “scalabili”

Uno degli errori più diffusi è pensare che sia necessario raggiungere velocemente “grandi numeri” e che siano perciò opportuni forti investimenti iniziali. È vero il contrario. La soluzione più efficace è un progetto “scalabile”, cioè capace di funzionare con un investimento relativamente modesto ma con le adeguate riserve (di risorse umane, oltre che di denaro) per poter avere continuità nel tempo e gestire la crescita, man mano che gli esiti e gli sviluppi ne indicano i tempi e le dimensioni.

L’esperienza dimostra anche che spesso non è premiata la smania di “essere i primi”. Il successo va ai progetti meglio gestiti, non a quelli che per anticipare i tempi si avventurano in terreni non sufficientemente esplorati.



Architettura e usabilità
di un sito online

E se poi si arriva davvero alla necessità di avere un “sito web”... ci sono importanti considerazioni specifiche sulla sua funzionalità. L’argomento non può essere svolto in tutti i suoi aspetti questa breve relazione (vedi a questo proposito i capitoli 14 e 15 e l’appendice di Le imprese e l’internet). Ma ecco alcune considerazioni fondamentali.

  • La funzionalità e la chiarezza sono molto più importanti dell’estetica. Un sito non è una “vetrina” che deve richiamare l’attenzione del passanti. Chi lo guarda è già lì, ci è venuto intenzionalmente, non vuole perder tempo e vuol trovare facilmente ciò che cerca.


  • Gli orpelli (animazioni, grafiche ingombranti, “effetti” di varia specie) sono facilmente realizzabili con varie tecnologie e possono “indurre in tentazione”. Meglio evitarli. Ciò che non è funzionale è inutile e può essere fastidioso.


  • L’architettura del sito è fondamentale. Un sistema “ipertestuale” può offrire una profondità “tendenzialmente infinita” con facilità di scelta e di accesso. Ma organizzarla bene non è facile. Occorre farlo “dal punto di vista di chi legge” e verificare in concreto la funzionalità. Occorre anche ricordare che la mancanza di contenuti specifici e di approfondimenti, che è accettabile e accettata dove ci sono limiti di spazio e di tempo, non è “perdonabile” online.


  • Un sito web (come ogni attività online) “ non è mai finito”. È perenne work in progress. Occorrono aggiornamenti frequenti e continue verifiche della funzionalità.


  • La cosiddetta “usabilità” è importante. Non solo da un punto di vista tecnico ma anche nel senso delle percezioni e delle relazioni umane.


  • La gestione di sistemi automatici di risposta può essere utile per rispondere alle esigenze di routine, ma non può mai sostituire del tutto l’intervento umano.

Un sito che funziona, soprattutto, è un luogo affidabile e interessante per i contenuti che presenta, per il servizio che offre, per la possibilità di entrare in contatto con altre persone. È un “posto” dove è logico andare più o meno regolarmente, dove ci si muove a proprio agio, dove si trova quello che si sta cercando. È questa la best experience che si può offrire.

Se questo è vero di un sito web, lo è anche di ogni altra attività nell’internet. Le tecnologie che funzionano sono quelle di cui non si nota la presenza. Quando le tecnologie sono al servizio dei contenuti, e le une e gli altri sono al servizio di chi legge o di chi cerca qualcosa in rete, l’esperienza dell’utente (lettore, cliente, interlocutore) è fluida, efficiente, gradevole; porta rapidamente e senza difficoltà a ciò che quella persona cerca o desidera. Questa è la chiave fondamentale di ogni efficace comunicazione online.



Festina lente

Cinquecento anni fa Aldo Manuzio si trovò davanti a un’impresa non molto diversa da quella che affronta chi oggi decide di comunicare in rete. Era stato sviluppato da Johann Gutenberg un sistema di tecnologie che apriva nuove e inesplorate possibilità di diffusione parola scritta. Ma si trattava di inventare le risorse e le strategie umane e culturali per utilizzare bene il nuovo strumento. Cioè l’editoria. Adottò come marchio un simbolo e una frase che si trovavano su antiche monete romane.

festina lente

Festina lente. Affrettati piano. Non è un caso che quell’apparente paradosso fosse il motto di un grande innovatore culturale, all’inizio di un grande cambiamento nella comunicazione umana. È quel misto di urgenza e di pazienza che occorre per comunicare bene con uno strumento nuovo.

La frase, e il simbolo visivo che l’accompagna, possono essere interpretati in molti modi. Ma mi piace pensare che il delfino rappresenti forza, agilità, intelligenza; l’ancora costanza, meditazione, concretezza. Occorre velocità di reazione e flessibilità, capacità di imparare in fretta e di adattarsi continuamente a nuove situazioni e nuovi stimoli. Ma anche molta attenzione e molta pazienza. Perché i risultati non sono immediati – e non è bene che lo siano.


L’umanità
dell’internet

Per concludere: il fatto fondamentale è uno. Semplice e chiaro.

L’internet è fatta di persone.

La rete esiste, sopravvive e cresce solo perché si sono persone che la usano. Ognuna per un suo personale e diverso motivo.

Il valori dominanti sono i comportamenti, le esigenze, i desideri, i sentimenti delle persone. Come individui, come comunità, come culture.

Le tecnologie hanno valore se sono al servizio dell’umanità. Non viceversa.




 
L’umanità dell’internet
è il titolo di un libro

libro

È scritto e pensato
per l’uso personale della rete
ma molti lo trovano utile anche
dal punto di vista delle imprese
 


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