L’umanità dell’internet
(le vie della rete sono infinite)

omini
di Giancarlo Livraghi
gian@gandalf.it



Capitolo 13
La società connessa:
un sistema biologico


Come abbiamo visto nel capitolo 7, vent’anni fa si cominciava a parlare di società dell’informazione; oggi si fa strada una definizione diversa: la società della relazione. L’imperio dei grandi mezzi di massa “a senso unico” ha portato a una diffusione senza precedenti dell’informazione. Ma “società connessa” (network society) è qualcosa di diverso; accentua i valori delle relazioni, delle comunità, rispetto al puro e semplice concetto di “informazione”.

Non si tratta solo della cosiddetta “nuova economia”, di cui spesso si parla un po’ a vanvera. Dobbiamo pensare soprattutto a una nuova struttura della società e della comunicazione umana. La forza di questa tendenza (come si è detto nel capitolo 12) sta nel fatto che non è sostanzialmente nuova, ma si basa su valori ed esperienze radicate nella storia dell’umanità; che erano in ombra, ma non eliminate, nell’omogeneità e standardizzazione della cosiddetta “era industriale”.

I nuovo sistemi di comunicazione non “creano” una nuova cultura o una nuova società. Ma rendono possibile lo sviluppo di attività, comportamenti e relazioni che ci permettono di allargare i nostri orizzonti e creare nuova ricchezza – umana e culturale prima ancora che economica. Fra i molti testi che approfondiscono questo argomento, quello che diede più diffusamente l’avvio al dibattito fu un articolo di Kevin Kelly pubblicato nel settembre 1997. Da allora si è diffusa, fin troppo, la nozione che si stia sviluppando una “nuova società” o una “nuova economia”. Non è del tutto vero. Il cambiamento è profondo, ma si tratta più di un’evoluzione che di una “rivoluzione”. Il fatto importante è che stiamo andando oltre il concetto di “informazione” come elemento portante del sistema culturale (e perciò anche dell’economia) e che diventa sempre più importante il concetto di rete, di interazione, di dialogo e di scambio.

Dal punto di vista della tecnologia, il fattore determinante non è più la potenza di un singolo elaboratore ma l’infinita complessità che deriva dalla connessione di un numero sconfinato di piccoli terminali. Ognuno di questi “microchip” svolge un compito semplice; il valore del sistema è l’interconnessione. Ma il fatto importante (come sempre) non è ciò che accade nelle macchine; sono le possibilità che nascono nei sistemi di relazioni umane.

I nuovi sistemi di comunicazione «mettono l’accento sui valori umani». Perde valore «ciò che è ripetitivo, sequenziale, copia e automazione; mentre cresce il valore di innovatività, originalità, fantasia ». In altre parole, i compiti più noiosi, meccanici e ripetitivi sono e saranno sempre più affidati alle macchine. I sistemi di riproduzione (di oggetti, di concetti o di idee) sono sempre più automatici, sempre meno costosi e sempre più a disposizione di tutti. La possibilità che questa situazione offre (per chi la sa cogliere) è la libertà di scegliere, di esprimersi, di dare spazio alla fantasia, all’invenzione, alla diversità.

Ognuno di noi può trovare e costruire un suo spazio, una sua dimensione nella realtà molteplice delle reti. Il mondo in cui viviamo è ancora fortemente centralizzato; ma dietro l’apparenza dominante dei grandi sistemi (politici, economici, culturali) c’è un realtà diversa, meno visibile ma sempre più diffusa. Un infinito intreccio di rapporti personali, di piccole o grandi comunità, in cui ogni singola persona può essere “il centro del mondo”.


La rete è un sistema biologico

Tre o quattro anni fa, quando dicevo che l’internet è un sistema biologico, incontravo disagio e perplessità. Oggi comincia a diventare una percezione diffusa. Ma questo concetto (benché sia sostenuto da molti dei migliori autori sull’argomento) non ha ancora la diffusione che merita. Per chi osserva la situazione partendo dalle tecnologie, sembra un’idea bizzarra. Il computer è una macchina lineare a codice binario. Le tecnologie elettroniche e di rete (e, sempre più, le telecomunicazioni) sono basate su sistemi digitali. Ma l’errore sta proprio nel pensare che sia la struttura tecnologica a determinare il funzionamento del sistema, che invece deve basarsi su ciò che è utile per l’interazione umana.

Non è un caso che la struttura dell’internet sia molto più simile a quella del cervello umano che al funzionamento di una macchina elettronica. Molti fra i migliori studiosi dell’argomento si riferiscono alla biologia. Perfino in analisi tecnico-matematiche sulla topologia della rete si dice: «L’infrastruttura dell’internet può essere considerata l’equivalente di un ecosistema». Questo è tutt’altro che un concetto teorico e astratto. Ne derivano conseguenze rilevanti, e molto pratiche, per chi vuole capire e usare bene i nuovi sistemi di comunicazione.

Non è un sogno, e non è solo una doverosa intenzione etica, pensare all’ecologia della rete e di tutti i sistemi di comunicazione. Come in ogni sistema biologico, la diversità è un valore, la qualità dell’ambiente influisce sulla crescita, l’inquinamento è un problema e ogni costrizione artificiale è un danno.

Non solo è più ragionevole, ma soprattutto è concretamente più utile pensare alla rete come un sistema vivente che come a un aggregato di macchine, software e protocolli.

Nella società connessa vale, oggi più che mai, l’antica massima socratica: «Più so, più so di non sapere». L’arte del conoscere è la maieutica. Come diceva Eraclito, panta rei, tutto scorre, tutto cambia continuamente. La risorsa più importante, come in ogni forma di comunicazione e di apprendimento, è un’insaziabile curiosità. Vivere nel flusso, cogliere le occasioni inaspettate, è il modo migliore per coltivare la rete. È il percorso più promettente, più stimolante e più gradevole per trarne esperienze utili, interessanti – e anche divertenti.






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