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timone1.gif (340 byte) Il Mercante in Rete
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Marketing nei new media e nelle tecnologie elettroniche


di Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it

 

numero 18 - 28 aprile 1998
1. Editoriale: geni e cultura
2. Un'altra serie di dati
3. La trota d'Aprile
4. Ipocrisie interbancarie
5. Pericoli di monopolio nei sistemi di pagamento
6. Nuovi sviluppi delle tecnologie "leggere"
7. Meglio tardi che mai

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1. Editoriale: Geni e cultura
Non vorrei che i "venticinque lettori" (e non meno, spero, lettrici) di questa rubrica considerassero ciò che segue come una digressione astratta. Secondo me da alcune considerazioni generali si possono trarre conseguenze molto concrete.

Vorrei parlare di geni. Non di quelli nelle lampade dei troppi Aladini che ci promettono ogni sorta di miracoli. E neppure di quelle straordinarie persone, non sempre famose, che con un salto intuitivo riescono a produrre autentica innovazione. Ma semplicemente di quelle strutture del DNA che determinano le caratteristiche ereditarie della nostra specie.

La mia convinzione è che per capire fenomeni complessi e in evoluzione, come la rete, è molto più importante badare alle persone che alle tecnologie. Perché è e sarà il comportamento umano a determinare tendenze e risultati.

La genetica è una scienza complessa; purtroppo non ho una preparazione scientifica sufficiente per poterne capire tutte le sottigliezze. Ma alcune cose, relativamente semplici, mi sembrano chiare. Il patrimonio genetico e il comportamento sociale della nostra specie (che sono due aspetti della stessa cosa) hanno caratteristiche ben definite. Credo che se politici, sociologi, economisti, gestori e teorici dell’organizzazione avessero studiato un po’ più attentamente ciò che è noto alla genetica (e all’antropologia) si sarebbero evitati molti errori nella gestione delle comunità umane.

Per esempio, da studi di genetica risulta che le caratteristiche determinanti per la sopravvivenza dell’umanità stanno in un equilibrio complesso fra individuale e sociale. Cioè, in parole povere, non siamo animali prevalentemente (se non totalmente) collettivi come le api o le formiche; e non siamo neppure una specie la cui sopravvivenza è determinata solo da uno scatenato egoismo del singolo individuo. Ne deriva un fatto ampiamente dimostrato dalla storia: non hanno successo comunità umane totalmente basate sulla collettività, e neppure quelle basate esclusivamente sull’individualismo. Questa è la caratteristica anche di molte altre specie; in particolare dei mammiferi, dai delfini ai gorilla; ma ciò che ci interessa è il modo in cui si manifesta in questa particolare specie, che è ovviamente diversa da tutte le altre.

La paleo-antropologia ci insegna che c’erano comportamenti simili a quelli di oggi in specie proto-umane quasi un milione di anni fa. Ma non occorre andare così lontano. Ci basta sapere che il nostro patrimonio genetico non è sostanzialmente cambiato negli ultimi diecimila anni. Anche senza entrare negli studi, immagino molto complessi, che si possono fare analizzando il DNA di una mummia egiziana o dei resti di un cacciatore trovato in un ghiacciaio, basta un esame attento della storia e della letteratura per accorgerci di quanto siamo simili ai nostri antenati; da un punto di vista culturale oltre che genetico. Ci sono documenti di ogni sorta, dalla contabilità alla poesia, vecchi di cinquemila anni, che sembrano scritti ieri.

Ne deriva, secondo me, una considerazione fondamentale. Se le tecnologie offrono nuove possibilità che corrispondono alla "natura umana", queste si svilupperanno. Se offrono comportamenti contrari al nostro modo di essere "profondo" (qui mi esprimo più in termini antropologici che psicanalitici) non potranno essere più di un’effimera moda.

Questo ragionamento può avere infinite applicazioni pratiche. Vediamone una. Gli studiosi più attenti della rete si soffermano spesso sul concetto di comunità. Un sistema, sociale quanto economico, che si basa sullo scambio "disinteressato" di informazioni, opinioni e servizi. Più distribuisco ricchezza (sotto forma di conoscenza) più diventerò ricco: di conoscenza, e magari anche di quattrini. Uno scettico potrebbe dire che è un’utopia, basata sull’ipotesi che gli umani siano capaci di infinita, disinteressata generosità. Secondo me non è così.

Se si trattasse di qualcosa di totalmente nuovo, lo scetticismo sarebbe d’obbligo. Ma si tratta di una cosa antichissima. Anche senza parlare di etologia comparata (ci sono comportamenti simili in molte altre specie) basta approfondire la storia. Senza comunità, senza scambi apparentemente "disinteressati", non esisterebbe alcuna cultura o società umana. Aiutare gli altri, anche senza apparente "contropartita", è un comportamento naturale. Non sempre basato su un calcolo preciso (do ut des – "io ti faccio un favore perché mi aspetto qualcosa in cambio") ma molto più spesso su una percezione, meno razionale e lineare ma non meno forte, del fatto che vivere in un mondo di dialogo e di scambio è più gradevole, e praticamente più utile, che isolarsi in un individualismo aggressivo e perennemente terrorizzato.

Lo studio delle organizzazioni ha molte volte dimostrato (anche se in pratica se ne tiene poco conto) che l’aggregazione di comunità capaci di autogestire responsabilità e ruoli è infinitamente più efficiente di qualsiasi struttura gerarchica o burocratica. Parecchi anni fa (quando l’internet collegava poche decine di computer ed era il privilegio di poche università) incontrai il direttore internazionale di marketing della Lufthansa. Gli chiesi come mai la loro linea New York - Lima fosse la migliore che avessi mai provato. Mi rispose: "Lo sappiamo benissimo, è un’aggregazione spontanea di talenti". Gli chiesi perché non spostassero quella squadra su una linea più importante, come New York - Francoforte. Mi rispose: "È impossibile. Queste comunità umane non sono riproducibili né trapiantabili". Potrei citare infiniti episodi come questo. I fenomeni di aggregazione ed efficienza delle comunità sono antichi come il mondo. La società connessa non nasce solo dalla rete o per la rete. La telematica è uno strumento nuovo che può favorire e moltiplicare un sistema che aveva già successo all’età della pietra.

Queste "macchine del successo" (che naturalmente sono biologiche, non meccaniche) possono nascere spontaneamente, in modo del tutto imprevisto. In questo caso l’importante è essere buoni giardinieri: proteggerle e nutrirle, senza danneggiare il loro processo di crescita. Ma possono anche essere volute e progettate. L’internet è nata così: da un obiettivo preciso intorno al quale si è sviluppata una straordinaria aggregazione di talenti e di competenze. Ancora oggi è un sistema, sostanzialmente molto efficiente, che si basa totalmente sullo scambio: io ti do un servizio perché ho bisogno che tu lo dia a me. Una cultura della solidarietà basata non su un incondizionato altruismo, ma su un reciproco interesse.

La rete offre infinite possibilità di interazione umana. Dal più "puro" volontariato ai più "gretti" interessi finanziari. Dallo scambio (e arricchimento) culturale alle transazioni professionali e d’impresa. Con meno contraddizione fra i due aspetti (cultura ed economia) di quanto possa immaginare chi si accontenta di una definizione semplicistica delle relazioni umane.

Perdonatemi un’altra digressione, che non mi sembra fuori tema. Robert Graves era, poeta e saggista, era anche un eccellente scrittore di "romanzi storici": cioè un attento studioso della storia con la capacità di raccontarla, in modo molto interessante, sotto forma di romanzo. Fra i suoi ottimi libri c’è un’opera poco nota, La figlia di Omero, pubblicata nel 1982 (48 anni dopo il suo famoso Io Claudio). Spiega Graves che c’erano infiniti Omeri e infinite versioni dell’Odissea; quella che conosciamo non fu scritta da uno di loro, ma da una donna; e quella donna è Nausicaa (spiega anche perché). Nel raccontare la vita di quella principessa siciliana, e i motivi per cui ha riscritto l’Odissea, ci presenta un mondo in cui le navi dei mercanti portano tessuti, gioielli e spezie, ma anche opere d’arte, culti, filosofie, letteratura e poesia. Che cos’ha di diverso l’internet dalle navi dei mercanti greci e fenici? Solo il fatto che è molto più veloce e può collegare immediatamente persone geograficamente lontane. La brillante e curiosa Nausicaa, come ce la racconta Graves, ne sarebbe affascinata e probabilmente saprebbe usarla molto bene.

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2.Un’altra serie di dati
Il voluminoso rapporto EITO 1998 (European Information Technology Observatory 98) contiene una grande quantità di dati e di cifre. Come tutte le statistiche, anche queste vanno prese cum granu salis; in particolare è difficile capire quanto siano credibili i numeri che riguardano gli "utenti" della rete. Ma, sia pure con le necessarie riserve, credo che anche questa ricca fonte di informazioni meriti qualche approfondimento.

Secondo EITO, questo è il volume del mercato complessivo dell’information technology e delle telecomunicazioni per grandi aree geografiche nel 1997 (in milioni di ECU):

    % su totale
Stati Uniti 424.202 34,6
Europa occidentale 355.962 28,4
Europa orientale 15.017 1,2
Giappone 170.615 13,9
Resto del mondo 259.446 21,2
Totale mondo 1.255.242  

Questo è lo sviluppo del mercato dell’information technology in sedici paesi europei:

Mercato IT (milioni di ECU)

  1994 1995 1996 1997 % 97 su 96 Pro capite *
Svizzera 6.330 6.728 7.197 7.671 + 6,6 1.065
Danimarca 3.386 3.651 3.930 4.921 + 9,2 950
Svezia 5.623 6.318 6.629 7.110 + 7,3 810
Norvegia 2.555 2.816 3.057 3.361 + 7,5 774
Olanda 7.337 7.944 8.583 9.746 + 10,4 629
Francia 26.035 27.525 29.532 31.793 + 8,3 548
Gran Bretagna 24.207 26.459 28.682 31.490 + 9,8 540
Finlandia 1.984 2.239 2.448 2.712 + 10,8 530
Germania 35.299 38.224 40.422 42.725 + 6,2 524
Belgio 4.192 4.392 4.683 5.190 + 10,8 513
Austria 3.093 3.369 3.546 3.886 + 9,6 488
Irlanda 903 965 1.040 1.144 + 10,0 322
Italia 12.724 13.393 13.992 14.879 + 6,3 260
Spagna 5.282 5.702 6.193 6.843 + 10,5 173
Portogallo 977 1.051 1.148 1.282 + 11,6

131

Grecia 669 742 805 900 + 10,9 86

* ECU nel mercato IT per 1000 abitanti – 1997 Fonte: EITO 98


Non solo l’Italia è arretrata, ma il tasso di crescita è inferiore alla media europea (8,2); le "previsioni" di EITO per i prossimi anni indicano una crescita abbastanza vivace per altri paesi, fra cui Spagna, Portogallo e Grecia; ma non per l’Italia. Fra i "grandi paesi" europei è al primo posto la Francia, che (come vedremo poco più avanti) in questa analisi risulta molto avanzata anche per quanto riguarda l’attività in rete.

Sempre secondo lo studio EITO, questo è lo sviluppo nel mercato delle telecomunicazioni:

Mercato Telecomunicazioni (milioni di ECU)

  1994 1995 1996 1997 % 97 su 96 Pro capite *
Svizzera 5.813 5.944 6.310 6.783 + 7,5 942
Norvegia 2.187 2.447 2.779 2.949 + 6,1 679
Danimarca 2.727 2.915 3.214 3.476 + 8,1 671
Svezia 4.680 4.985 5.309 5.647 + 7,3 643
Irlanda 1.451 1.607 1.923 2.138 + 11,2 602
Olanda 6.678 7.328 8.210 9.087 + 10,7 586
Finlandia 2.035 2.193 2.412 2.712 + 7,9 531
Germania 37.075 40.191 40.840 43.102 + 5,5 528
Belgio 3.802 4.199 4.757 5.237 + 10,1 518
Francia 22.457 24.239 25.793 28.075 + 8,8 484
Austria 2.813 3.039 3.323 3.700 + 11,4 464
Gran Bretagna 19.785 22.365 25.120 26.602 + 6,7 460
Italia 18.403 19.603 21.647 23.674 + 9,4 414
Portogallo 2.141 2.441 2.783 3.121 + 12,1 318
Grecia 2.056 2.405 2.842 3.305 + 16,3 316
Spagna 8.233 9.139 10.788 11.511 + 6,7 291

* ECU nel mercato telecomunicazioni per 1000 abitanti – 1997 Fonte: EITO 98


I due mercati (informatica e telecomunicazioni) hanno andamenti abbastanza simili nel paesi più avanzati; nell’Europa meridionale, Italia compresa, lo sviluppo dell’elettronica è proporzionalmente inferiore a quello delle telecomunicazioni. L’immagine dell’italiano che chiacchiera al telefono (e usa il fax) ma non sa usare un computer non è, purtroppo, solo un cliché.

Per quanto riguarda le linee telefoniche, ecco un confronto fra alcuni paesi, sempre secondo la stessa fonte:

Linee telefoniche (numeri in migliaia)

  1996 1997 variazione
%
% su
totale mondo
Per 1000
abitanti
Stati Uniti 165.537 171.382 + 3,5 21,5 651
Francia 33.000 34.136 + 3,4 4,3 588
Germania 44.168 46.156 + 4,5 5,8 566
Gran Bretagna 30.720 31.579 + 2,8 4,0 542
Giappone 62.229 64.017 + 2,9 8,0 512
Italia 25.259 25.913 + 2,6 3,3 453
Spagna 15.413 16.231 + 5,3 2,0 410

Fonte: EITO Task Force


Anche al livello più elementare fra gli strumenti di comunicazione – il semplice telefono – l’Italia non è fra i paesi più avanzati. Il caso è diverso, come sappiamo, quando si parla di "telefonia mobile".

Telefonia mobile (numeri in migliaia)

  1996 1997 variazione
%
% su
totale mondo
Per 1000
abitanti
Giappone 18.167 28.000 + 54,1 14,2 234
Stati Uniti 44.093 55.000 + 24,7 27,8 209
Italia 6.418 11.000 + 71,4 5,6 192
Gran Bretagna 6.810 8.700 + 27,7 4,4 149
Spagna 2.996 4.800 + 60,2 2,4 121
Germania 5.504 8.000 + 45,3 4,0 98
Francia 2.501 4.400 + 75,9 2,2 76

Fonte: EITO Task Force


Sappiamo che in Italia sono onnipresenti i cosiddetti "telefonini". Ma la telefonia mobile è molto più diffusa in altri paesi, come il Giappone e gli Stati Uniti.

Ora, finalmente, arriviamo all’internet. Come sempre, è difficile capire quale sia il criterio con cui qualcuno definisce il concetto di "utente". Non è neppure certo che in questo studio il criterio sia omogeneo fra i vari paesi considerati; perciò questi numeri (come tutti i dati di questo genere) devono essere presi "con beneficio d’inventario". Ma pur con le necessarie riserve può essere interessante confrontare le varie situazioni.

Vediamo ora, secondo questo osservatorio, la situazione degli "utenti online" negli stessi sette paesi considerati nelle precedenti tabelle.

Utenti di servizi online (numeri in migliaia)

  1996 1997 variazione % % su totale mondo Per 1000 abitanti
Stati Uniti 36.627 46.956 + 28,2 52,8 178
Francia 6.800 7.000 + 2,9 7,9 121
Gran Bretagna 3.014 4.519 + 49,9 5,1 77
Germania 2.783 4.461 + 60,3 5.0 55
Spagna 1.106 1.412 + 27,7 1,6 36
Giappone 2.962 3.960 + 33,7 4,4 31
Italia 723 1.315 + 81,9 1,5 23


Fonte: EITO Task Force.

La proiezione 1997 per l’Italia è molto discutibile. La crescita è stata del 40-50 per cento, non 80.
Ma anche se accettassimo questi dati come stanno la nostra posizione risulterebbe comunque debole.

Un dato interessante riguarda la Francia, dove vediamo una densità di uso della rete molto più elevata di quella che risulta da ogni altra analisi. Il motivo è quell’anomalia francese di cui abbiamo già parlato: il minitel. Se non si considera solo l’internet, ma anche l’attività telematica sul minitel, la Francia è fra i paesi più avanzati del mondo. Come abbiamo visto, la Francia ha anche un livello alto di "informatizzazione"; insomma ha una larga riserva di persone abituate alla comunicazione telematica e capaci di usare un computer; se e quando si trasferiranno sull’internet, la presenza francese in rete potrebbe rivelarsi una delle più forti.

Vediamo un grafico che riassume la situazione negli stessi sette paesi.

Tre sistemi di comunicazione

(utenti per 1000 abitanti - 1997)

GRAF-1.GIF (5458 byte)

Fonte: EITO Task Force


Negli Stati Uniti c’è una crescita quasi omogenea di tutte le tecnologie di comunicazione. Negli altri paesi ci sono squilibri. Il Giappone e l’Italia hanno il più forte sviluppo della telefonia mobile, a scapito della televisione via cavo e della rete.

Vediamo in maggiore dettaglio la situazione in Europa. La tabella è un po’ complessa, ma i confronti mi sembrano interessanti.

Quattro sistemi di comunicazione in 22 paesi europei

cifre in migliaia – 1996

  Telefoni
(linee)
Telefoni
% ab.
TV
via cavo
TV cavo
% fam.
Telefoni
mobili
Tel. mob
.% ab.
Online Online
% ab.
Francia 33.000 56,6 2.280 10,2 2,501 4,3 6.800 11,7
Finlandia 2.860 55,8 822 38,8 1.491 29,6 521 10,2
Svezia 6.032 68,0 1.770 42,4 2.492 28,1 672 7,6
Lussemburgo 244 59,6 134 88,7 45 11,0 22 5,4
Gran Bretagna 30.720 52,3 1.700 7,3 6.818 11,6 3.014 5,1
Svizzera 4.547 64,4 2.150 75,4 663 9,4 322 4,6
Olanda 8.431 54,0 5.900 91,5 1.014 6,5 664 4,3
Norvegia 2.500 56,9 714 39,4 1.258 28,7 158 3,6
Germania 44.168 53,8 17.700 47,5 5.504 6,7 2.783 3,4
Irlanda 1.390 38,7 520 49,0 265 7,4 109 3,0
Spagna 15.413 39,3 1.890 15,9 2.996 7,6 1.106 2,8
Danimarca 3.301 63,1 980 41,0 1.387 26,5 120 2,3
Belgio 4.725 46,7 3.630 88,5 477 4,7 232 2,3
Austria 3.902 48,4 870 28,2 599 7,4 109 1,4
Italia 25.259 44,1 20 0,1 6.418

11,2

723 1,3
Grecia 5.329 50,8 3 0,1 513 4,9 134 1,3
Portogallo 3.753 38,2 110 3,2 663 6,7 80 0,8
Europa occidentale 210.731 46,9 42.733 26,1 36.001 8,0 17.889 4,0
Ungheria 2.680 26,2 1,130 28,1 467 4,6 84 0,8
Polonia 6.425 16,6 3.040 24,0 244 0,6 164 0,4
Repubblica Ceca 2.815 27,1 790 19,7 203 1,9 18 0,2
Romania 3.170 14,0 2.350 29,7 19 0,1 12 0,1
Bulgaria 2.650 29,4 140 4,7 38 0,4 4 0,05

Fonte: EITO Task Force


L’Italia non è, come siamo abituati a pensare, fra i primi paesi europei in fatto di telefonia mobile (è di poco inferiore alla Gran Bretagna e abbondantemente superata dai paesi scandinavi) ma è molto al di sopra della media europea. Praticamente assente, insieme alla Grecia, per quanto riguarda la televisione via cavo. Arretrata, come sappiamo, in fatto di rete.

Da sottolineare di nuovo il caso della Francia: quando si tiene conto del minitel, è al primo posto in Europa per attività telematica, superando perfino la Finlandia.

Per una percezione "a colpo d’occhio" delle differenze, ecco un grafico che confronta solo due sistemi di comunicazione: telefonia mobile e rete.

Collegamenti online e telefonia mobile

"utenti" online e contratti di telefonia mobile per 1000 abitanti – 1996

GRAF-2.GIF (3427 byte)

Nota: qui per "Europa" si intendono i paesi dell’Europa occidentale più la Turchia.

Fonte: EITO Task Force


In tutta Europa (fuorché in Francia) la diffusione della telefonia mobile è superiore a quella della rete (qui intesa in senso esteso come ogni forma di connessione online, non solo internet); ci sono forti differenze fra i vari paesi nell’uso dei due sistemi di comunicazione. I numeri per la telefonia mobile si basano su dati esatti (contratti con le compagnie telefoniche) mentre il numero di "utenti" online è, come sempre, una stima imprecisa (molto superiore al numero di contratti stipulati con i provider). L’Italia, secondo questa fonte, è al sesto posto in Europa per la telefonia mobile (18 % del totale "Europa occidentale", 40 % sopra la media) al quindicesimo per la telematica (4 % del totale, un terzo della media).

Secondo questo studio (che tende, secondo me, a sopravvalutare il ruolo dell’Europa) il quadro globale delle connessioni online potrebbe essere riassunto così:

TORTA-1.GIF (2224 byte)

E in Europa la situazione sarebbe questa:

TORTA-2.GIF (5430 byte)

Questi dati sono "veri", "certi" e "assoluti"? Credo di no; sono discutibili, come tutti gli altri. Ma sono un’interessante "variazione sul tema" e un’ennesima dimostrazione di come varie fonti e metodi possano dare risultati completamente diversi. Si conferma, in ogni caso, uno sviluppo ancora immaturo e con forti squilibri.

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3. La trota d’aprile

Una delle qualità "tradizionali" dell’internet è un uso frequente dell’umorismo; dobbiamo augurarci che questa tendenza continui anche con la crescente diffusione della rete. Quest’anno abbiamo visto alcuni divertenti "pesci d’aprile", partiti dalla rete, cui hanno abboccato anche importanti quotidiani. Altri, invece, hanno avuto minore diffusione.

Ringrazio Enrico Colombini per l’autorizzazione a riprodurre questo suo divertente messaggio, apparso il 1° aprile nel forum "virus" di McLink:

Nuovo virus "Trout"

Curioso: leggo di un virus per PC specializzato per colpire uno specifico programma, forse scritto da un concorrente o da un dipendente licenziato della "Autofish" di Genova, produttrice di sistemi automatici per allevamenti ittici (recentemente ristrutturata tra molte polemiche).

A quanto pare, il virus fa aprire più del dovuto le elettrovalvole che controllano l’uscita del mangime, consentendo ai pesci di ingozzarsi a piacimento. Non è ancora stato trovato modo di identificare e disinstallare il virus, che pare riesca a reinfettare il programma anche dopo una reinstallazione "pulita". C’è stata una rivendicazione degli animalisti, ma il CERT non pare darvi troppo peso.

I proprietari degli allevamenti sono preoccupati, sia per la spesa connessa all’eccessivo consumo di mangime, sia per i riflessi sulla pesca "sportiva" praticata (a pagamento) in molti allevamenti: i pesci, ormai sazi, non abboccano. Abboccano invece quelli che hanno creduto a quanto ho scritto fino a questo momento.

L’ironia è duplice. Riguarda gli infiniti casi di "falsi allarmi" in fatto di virus, spesso diffusi in pompa magna da associazioni e "fonti autorevoli" di ogni sorta anche anni dopo essere stati identificati come scherzi. E in generale la tendenza diffusa ad accettare e diffondere ogni sorta di "leggende urbane", spesso a proposito di nuove tecnologie – e specialmente della rete.

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4. Ipocrisie interbancarie

È abbastanza diffusa, fra chi cerca di studiare il settore o di fare qualcosa di concreto, la percezione che il sistema bancario italiano stia facendo tutto il possibile per evitare, o almeno ritardare, l’uso delle carte di credito in rete. Ne abbiamo avuto un esempio nella trasmissione Mi manda raitre dell’8 aprile.

L’argomento era il pessimo servizio offerto dal sistema interbancario italiano (Cartasi) nel proteggere i "titolari" di carta nel caso di furti o abusi. I casi in esame riguardavano accrediti illegittimi, non rimborsati ricorrendo a cavilli contrattuali; oppure rimborsati con enorme e ingiustificato ritardo e dopo interminabili trafile burocratiche (tutto questo, fra l’altro, in violazione delle norme dell’Unione Europea). Si trattava di situazioni che nulla avevano a che fare con la comunicazione in rete. Come il furto di una carta da un’automobile, o un addebito truffaldino fatto su una carta consegnata a un albergo.

Non ricordo il nome di un dirigente del consorzio interbancario che ha partecipato alla trasmissione. Con molta astuzia e con la complicità (ingenua o intenzionale?) di Piero Marrazzo, conduttore della trasmissione, costui è riuscito a "depistare" la conversazione sul tema internet, e a spargere diffidenza e paura su qualsiasi transazione in rete. È riuscito anche a concentrare l’attenzione su un "futuro" sistema di pagamenti (naturalmente quello che la sua organizzazione proporrà) come l’unico modo "sicuro" per poter fare transazioni finanziarie, insistendo sulla pericolosità di qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza (internet, telefono o fax). L’ovvia obiezione di una persona presente ("non è più rischioso che usare una carta in un ristorante") è stata del tutto ignorata sia dal rappresentante del sistema interbancario, sia da Piero Marrazzo.

Hanno fatto discorsi allucinanti. Sono arrivati a dire cose come "se entrano nel sistema del Pentagono, figuratevi quanto è facile rubarvi il numero della carta di credito".

Così facendo, non solo il sistema interbancario e la RAI hanno contribuito a ostacolare il già difficile avvio dell’uso della rete in Italia per fini professionali o d’impresa, ma anche ad arricchire il già esagerato patrimonio di disagio e disinformazione sulla rete in generale. Questo non è un episodio isolato, ma solo un esempio di un’attività continua e diffusa. È impensabile che tutto questo sia casuale; sarebbe interessante capire perché il sistema bancario (e la televisione, pubblica e privata, che non è certo alla sua prima esperienza di "demonizzazione" della rete) hanno un atteggiamento di questo genere.

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5. Pericoli di monopolio nei sistemi di pagamento
Le manovre per cercare di impadronirsi delle leve di controllo sulle transazioni in rete sono varie e complesse. Fra queste c’è anche un ennesimo tentativo della Microsoft di estendere il suo monopolio del software agli strumenti e ai contenuti della rete, compresi i sistemi di pagamento.

Una relazione di Nathan Newman pubblicata da Netaction il 13 aprile spiega che l’opposizione del Justice Department americano alla fusione Microsoft-Intuit nel 1995 aprì la porta alla concorrenza e così fu possibile l’emergere di uno standard aperto nei protocolli elettronici per le transazioni bancarie. Ma fa notare che occorre mantenere la sorveglianza perché ci sono nuovi rischi di monopolio.

Il crescente dominio della Microsoft nei sistemi elettronici delle imprese e nelle tecnologie per l’internet ha portato a una rinnovata minaccia di monopolio nel mondo delle transazioni finanziarie online. Con il suo crescente controllo sul mercato dei browser e il progressivo inserimento dei suoi server nella maggior parte delle transazioni, la Microsoft non solo è in grado di dirigere i clienti verso i propri siti in rete ma anche di indirizzare i consumatori a quei servizi finanziari su cui riceve una commissione. Ora la Microsoft sta costruendo una partnership con First Data Corporation nel tentativo di sostituirsi al ruolo delle banche nella gestione online delle fatture che venivano spedite ai clienti dalle società che gestiscono carte di credito, da servizi pubblici o da altri operatori. Il rischio è che cambiamenti rapidi e incontrollati nel mondo finanziario possano avere risultati disastrosi per l’economia.

Insomma prima ancora che le transazioni finanziarie online raggiungano un valore davvero rilevante c’è chi manovra per assumerne il controllo, anche attraverso alleanze e incroci di interessi che non sembrano essere seguiti con sufficiente attenzione né dai grandi mezzi di comunicazione né dalle autorità di controllo della libera concorrenza, in Europa come negli Stati Uniti. L’ingordigia di pochi ma potenti interessi potrebbe essere uno degli ostacoli più pesanti a un sano sviluppo delle attività economiche in rete.

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6. Nuovi sviluppi delle tecnologie "leggere"
Molte persone esperte della rete valutano bene un nuovo browser che si chiama Opera : è molto meno ingombrante e più leggero dei browser più diffusi, pare che sia più efficiente e più veloce. Confesso che finora l’ho provato solo superficialmente (la colpa è della mia pigrizia tecnica); per quanto ho potuto vedere, mi sembra ben fatto.

L’esistenza di browser semplici, che possono funzionare su sistema operativi di modeste pretese e su computer di basso costo, non è una novità (anche se è un fatto poco noto). Da anni esiste Lynx, che permette solo un’esplorazione "testuale" (cioè senza immagini); ma, dato che i contenuti interessanti della rete sono soprattutto testi, offre una possibilità di esplorazione efficiente e veloce. Gli esperti sanno che anche con gli altri browser si possono eliminare le immagini e così accelerare fortemente l’esplorazione dei siti. Esistono anche altre soluzioni con pretese tecniche e di ingombro enormemente inferiori rispetto ai software più diffusi, come per esempio il browser WebSpyder che è compreso nel sistema operativo DR-DOS della Caldera.

Ora ci sono altre novità. Sul sito online della casa editrice Apogeo si annuncia la nascita di un nuovo browser che, con una semplice metafora, si chiama Arachne. Ecco la notizia:

Se fino a oggi avete pensato che con il vostro vecchio 386 o con l’ancora più vetusto 286, l’accesso a Internet vi era negato, cambiate rapidamente idea. Le vecchie macchine DOS hanno finalmente a disposizione un’intera suite di programmi (compreso un ottimo browser che poco ha da invidiare a Netscape o Explorer) per collegarsi a Internet e navigare nella Rete senza rinunciare alla grafica.

Nonostante quello che tutti vi dicono, insomma, non siete obbligati a vendere il vostro vecchio computer e comprare un nuovo Pentium II dando fondo al vostro conto in banca.

Il miracolo è riuscito a un programmatore della Repubblica Ceca, Michael Polàk, che ha creato Arachne, il primo programma DOS-based per accedere a Internet senza rinunciare all’interfaccia grafica.

Non tutte le opzioni consentite da Netscape o Explorer sono supportate (il nuovo browser a volte ha problemi con le immagini di background e non supporta gli Script Java - problemi quasi sempre irrilevanti - n.d.r.), ma la navigazione è soddisfacente ed è possibile fare quasi tutto.

Arachne supporta l’HTML 4.0, consente di vedere i form, i frames, le tabelle, e le mappe cliccabili e opera anche in ambiente multimediale. È anche possibile vedere filmati MPEG e sentire file audio WAV. E tutto questo con richieste hardware minime veramente modeste: processore 286 con 640K di RAM.

Arachne può essere utilizzato anche con il mouse, ma se non l’avete potete usare i comandi a tastiera.

La suite di programmi oltre al browser comprende una serie di utilities tra le quali un programma grafico per navigare nel vostro hard-disk, un client per la posta elettronica, un client Telnet e un programma FTP drag-and-drop.

Temo che questa notizia troverà scarsa eco nella stampa generale e specializzata, e ancor meno spazio nei canali commerciali in cui si vendono computer inutilmente complessi e costosi. Ma andrebbe diffusa il più possibile la conoscenza di un fatto semplice: le "barriere economiche" all’accesso sono molto più basse di ciò che molti pensano. Ci si può collegare efficacemente all’internet con un’attrezzatura tecnica che è facile trovare nel mercato dell’usato per poche centinaia di migliaia di lire. E inoltre... se si impara a lavorare efficacemente off-line i tempi di connessione possono essere molto ridotti e si possono evitare inutili sovraccarichi nelle bollette telefoniche. Del resto i costi telefonici non sono così minacciosi come pensano le persone inesperte: un collegamento di un’ora a tariffa "serale" costa 1500 lire e può bastare, anche con collegamenti non molto veloci, per scaricare dalla rete software gratuito (freeware) o a basso prezzo (shareware) risparmiando centinaia di migliaia di lire rispetto a quanto si pagherebbe acquistando un prodotto equivalente in un negozio). Mi perdonino gli esperti se ripeto queste cose, ma ho scoperto che molte persone, oggi attive in rete, non le sanno.

Naturalmente la risorsa, importante quanto ignorata, delle tecnologie leggere non si limita ai browser. Cercherò di riprendere il tema nei prossimi numeri di questa rubrica. È uno degli argomenti di cui si discute seriamente in rete e talvolta nelle riviste specializzate, ma che sembra ancora sfuggire ai "grandi mezzi" di informazione (non è facile capire quanto ciò sia dovuto a disattenzione e quanto alle pressioni, miopi quanto pesanti, di alcuni grandi interessi economici). Non mi stancherò mai di ripetere che la rottura della barriera creata da tecnologie inutilmente complesse e ingombranti, e perciò costi assurdamente alti di software e hardware, è uno dei maggiori ostacoli (più psicologico che reale) alla diffusione della rete.

 

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7. Meglio tardi che mai
Un interessante articolo di Giuseppe Caravita in prima pagina nel supplemento "informatica" del Sole 24 Ore (10 aprile) riporta le dichiarazioni di Jean-Luis Previdi "analista europeo del Meta group specializzato in strategie di rete" in cui finalmente si prende atto di alcuni semplici fatti. Non esiste alcuna prospettiva in Europa, neppure nei prossimi anni, per un "boom delle vendite in rete", se non forse in settori particolari, come "alcuni segmenti dell’editoria" (non a caso in questa rubrica si parlava, due mesi fa, di un’ipotetica libreria italiana online). Soprattutto si scopre che il "commercio elettronico", inteso come vendita tramite siti web, è una parte molto piccola delle attività di marketing che si possono svolgere con la rete. Non è questa l’attività più importante né, nella maggior parte dei casi, la soluzione più promettente.

Non cito il resto dell’articolo perché dice cose ben note a chi legge questa rubrica. Il fatto interessante è che si è finalmente aperta una fessura nella barriera delle dichiarazioni enfatiche e miracolistiche che finora ha dominato la letteratura sull’argomento: non solo sui grandi giornali ma anche nelle università, nei libri, nelle pubblicazioni specializzate, in congressi, convegni, corsi di formazione e di aggiornamento professionale. Uno dei motivi fondamentali dello scarso impegno delle imprese in rete (o della delusione di chi ne ha sperimentato l’uso) è proprio l’inapplicabilità di dottrine e metodi semplicistici – e di conseguenza l’irraggiungibilità di obiettivi basati su ipotesi che non tengono conto della realtà. La situazione è molto più complessa di come vorrebbero far credere gli spacciatori di miracoli; ma è possibile analizzarla concretamente e costruire progetti realizzabili. Purché non si parta dai sogni, dalle fantasie o da modelli inapplicabili in questo mercato.

C’è chi lo sta dicendo da alcuni anni (per esempio, scusate l’immodestia, l’autore di queste righe) ma finora era poco ascoltato. Da un po’ di tempo sembra che la verità cominci a farsi strada. Meglio tardi che mai.

Intanto, è triste constatare che visioni ampiamente smentite da un approfondimento concreto dei fatti e delle possibilità continuano a polarizzare l’attenzione non solo del sistema informativo, ma anche di studiosi e autorità. La premessa del rapporto European Information Technology Observatory, che ho citato in questo numero, è concentrata sul "commercio elettronico" nella sua interpretazione più semplicistica (e meno utile); sullo stesso sterile percorso sono impegnate molte attività dell’Unione Europea, negoziati fra gli Stati Uniti, l’UE e molti altri paesi, eccetera... insomma i "grandi poteri" politici ed economici di tutto il mondo.

C’è una "lettura positiva" di questa bislacca situazione. Più l’attenzione dei grandi interessi è polarizzata nella direzione sbagliata, più rimangono aperte occasioni interessanti per chi sa coltivare, con la necessaria pazienza, il giardino delle possibilità reali. Su questo, credo, dovrebbe concentrarsi l’attenzione delle persone, delle imprese e di chi fa cultura d’impresa.


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