la strategia


13. Metodi alternativi



a. Far generare le strategie ai consumatori

b. “Brainstorming” o “sinettica”

c. Copiare

d. La “riunione maieutica” con il cliente

e. “Andare in giro”

f. Tecniche particolari di ricerca





Il metodo che abbiamo descritto parte dalla conoscenza dei dati di mercato, del prodotto, dell’ambiente, delle tendenze socioculturali, del consumatore e dei suoi rapporti con la marca; e per deduzione, in parte logica, in parte intuitiva, arriva alla formulazione delle strategie.

Ci sono altri metodi che (preferibilmente in aggiunta, non in sostituzione) possono essere di aiuto nella formulazione della strategia, specialmente se mancano alcuni dati o se per qualche motivo il processo di deduzione non porta a soluzioni valide o tende ad insabbiarsi in strategie ovvie o ripetitive.

Eccone alcuni.

a. Far generare le strategie ai consumatori
      (ricerca per “stimoli”)

Questo metodo si basa su un tipo di ricerca che somiglia ad una normale verifica di “concetti” ma ne differisce per il tipo di “concetto” che viene formulato e per l’obiettivo che l’analisi si propone.

Come in una normale ricerca sui “concetti”, gli “stimoli” utilizzati possono assumere forme diverse secondo il caso (da semplici esposizioni verbali a qualsiasi combinazione di parole, immagini e suoni, che può anche somigliare a un annuncio pubblicitario quando ciò risulti opportuno).

La differenza rispetto a una normale verifica di “concetti” sta in due fatti fondamentali:

  1. Non ci sono vincoli. Gli “stimoli” possono essere grotteschi, assurdi, irrealio negativi. Non ha alcuna importanza se non corrispondono alle reali proprietà del prodotto o individuano una promessa che in realtà non faremmo mai.

  2. Il modo in cui il ricercatore condurrà il colloquio non sarà diretto a valutare la qualità degli stimoli proposti, ma a “provocare” il consumatore perché rifiuti, modifichi o trasformi gli stimoli proposti e sia indotto a darci una sua idea originale di come vive il prodotto.

Insomma lo scopo di questa ricerca è di scatenare la “creatività” del consumatore per portarci stimoli nuovi che a loro volta stimolino noi a identificare vie strategiche cui prima non avevamo pensato.

 

b. “Brainstorming” o “sinettica”

La tecnica del “brainstorming” (o quella più raffinata, delle sedute “sinettiche”) è una metodologia nota.

In sintesi consiste nel riunire un gruppo di persone e stimolarle a pensare liberamente, senza frenare o “uccidere” alcuna ipotesi per quanto bizzarra.

L’esperienza pratica di questi metodi è spesso deludente. Ma anche senza ricorrere a tecniche strutturate, uno sviluppo strategico “insabbiato” si può disincagliare chiamando persone estranee al gruppo di lavoro e facendole parlare “a ruota libera” sull’argomento.

Questo contributo può essere dato sia da altre persone dell’agenzia, sia da persone esterne che abbiano qualche conoscenza del settore merceologico o di argomenti ad esso in qualche modo collegati.

 

c. Copiare

Spesso i “creativi” vengono accusati di “copiare” campagne altrui (specialmente campagne straniere). Ed è vero che molti lo fanno, magari sfogliando “annuari” (o cassette di film) alla ricerca di qualcosa cui ispirarsi. In teoria potremmo dire che tutto ciò è orribile e inaccettabile, ma in pratica sappiamo che succede; e può non essere grave. Ma è imperdonabile in tre casi:

  • se copiano l’esecuzione senza badare alla strategia;
  • se copiano senza dirlo, cioè “rubano” di nascosto un’idea altrui;
  • se copiano una campagna di un concorrente internazionale del loro cliente, che facilmente se ne accorge e fa il diavolo a quattro.

È ammesso “copiare” in due circostanze:

  1. Nella normale situazione in cui un nostro cliente ha usato con successo una strategia in un altro paese, e questa diventa una delle “alternative” che prendiamo in esame nel quadro di un normale sviluppo strategico.

  2. Quando l’osservazione di una esperienza di un prodotto analogo (o magari diverso) in un altro paese serve come “ipotesi di partenza” per formulare una delle “alternative di strategia”. In questo caso “copiare” è legittimo, perché può essere importante verificare il valore di quell’ipotesi. Il compito si un buon comunicatore è trovare la strategia giusta, non essere “originale” a tutti i costi.

Naturalmente è un dovere essere onesti con se stessi, con il gruppo di lavoro e con il cliente, e rivelare con chiarezza qual è la fonte di cui ci si è serviti.

 

d. La “riunione maieutica” con il cliente

Abbiamo già detto che il cliente è una fonte importante di stimoli e di notizie al di là del briefing; e che oltre abituali interlocutori può essere importante incontrare altre persone, dai tecnici di laboratorio ai direttori di fabbrica, dai venditori agli addetti al controllo qualità o all’assistenza tecnica.

Abbiamo anche detto che in molti casi il cliente “fa parte del gruppo di lavoro” e quindi può contribuire direttamente ad alcune fasi di preparazione della strategia.

Ma se nonostante tutto la ricerca della strategia è impantanata nell’ovvio, o nelle variazioni gratuite, possono essere utili metodi strutturati. Non ci sono limiti alla fantasia; ma ecco alcuni esempi:

Una “riunione aperta” (che non necessariamente ha le caratteristiche formali di un “brainstorming” o di una “sinettica”) estesa al cliente (sempre utile invitare anche persone che non lavorano nel marketing: laboratorio, fabbrica, vendite, relazioni pubbliche ecc.).

Il cosiddetto executive probe: un gruppo misto cliente-agenzia (compresi i massimi dirigenti) va in giro per alcuni giorni per le case dei consumatori e si riunisce due volte al giorno per “scambiarsi le impressioni”. Il metodo è molto efficace ma il problema è che richiede un forte impegno di tempo e di risorse.

Il questionario di “provocazione”. Sottoposto individualmente a diverse persone nell’organizzazione del cliente, con domande “insolite” disegnate “ad hoc”. Alcuni usano, per esempio, il gioco del “se fosse un animale...” (riferito sia al prodotto, sia al consumatore).

Il colloquio personale e privato con una persona al livello più alto possibile nella struttura della gestione del cliente; spesso aiuta a individuare meglio la “vocazione” aziendale e a capire problemi o direttive che possono essersi diluite o deformate nei diversi passaggi all’interno dell’organizzazione.

 

e. “Andare in giro”

Uno dei problemi più gravi in tutte le organizzazioni, e specialmente in quelle che si occupano di comunicazione, è che una parte troppo grande del lavoro si svolge in ufficio.

David Ogilvy consiglia allo stratega di congestionarsi di informazioni e poi fare una passeggiata, immergersi in un bagno caldo o bersi una bottiglia di vino in distensione totale.

Può essere molto utile, ma non è questo il metodo di cui parliamo qui. È sempre utile, in qualsiasi fase del lavoro, andare in mezzo alla gente. Osservare il comportamento delle persone in un supermercato è utilissimo, ma non basta. Bisogna andare nei negozi piccoli (con o senza un venditore del cliente), osservare i consumatori e parlare con il negoziante. Parlare con i concessionari di automobili e osservare la gente che viene a comprare. Eccetera.

Soprattutto bisogna andare nelle case, con un’intervistatrice, con una dimostratrice, con un venditore porta-a-porta, o da soli. Un giorno nelle case della gente vale mille trattati di sociologia (le riunioni di gruppo fatte in ufficio o presso un istituto di ricerche possono essere molto utili, ma non sostituiscono la conoscenza della consumatrice in casa sua).

Bisogna saperle ascoltare con attenzione, e osservate anche i gesti. Ogni volta che è possibile, farsi mostrare come una persona usa il prodotto; osservate il contatto, il rapporto fisico con il prodotto e il suo contenitore.

È meglio non limitarsi a una città. La spina dorsale dell’Italia è la provincia. Si impara di più a Zero Branco (Treviso), a Soveria Mannelli (Catanzaro) o a Strangolagalli (Frosinone) che in Via Borgonuovo a Milano, in Via Condotti a Roma – o a Portofino. (Oltretutto, è un’esperienza umana e personale spesso piacevole e sempre molto interessante).

 

f. Tecniche particolari di ricerca

In molte agenzie ci sono reparti o persone specializzate in ricerche. O se no si possono trovare istituti, o singoli professionisti, in grado di costruire un modellino di ricerca che produca stimoli all’innovazione strategica.

Abbiamo già parlato dell’uso di concetti-stimolo  ma ci possono essere altri metodi. Tecniche proiettive, dinamiche di gruppo, analisi transazionali, eccetera.

Non è questa la sede per parlare di metodologie di ricerca, ma può essere opportuno un avvertimento: è meglio diffidare della psicoanalisi. Non che la psicanalisi, in assoluto, non sia una scienza seria; né che sia sempre e necessariamente sbagliato usarla per approfondire una strategia di comunicazione. Nei giusti casi e con i giusti obiettivi tutti i metodi possono essere utili. Ma esiste ancora una diffusa sindrome che porta troppi ricercatori a servirsi di “psicodrammi” o di altri metodi psicoanalitici quando non solo sono inutili ma possono essere nocivi. Quel che è peggio, la tendenza all’uso di queste tecniche è diffusa fra persone che soffrono di instabilità personali e tendono a proiettare sui consumatori le loro frustrazioni; o che sono “patologi” e quindi abituati ad occuparsi di persone malate, con la tendenza a considerare tutta l’umanità come una massa di psicopatici.

Un esempio: esistono montagne di ricerche il cui punto centrale è che il consumo di un certo prodotto è “ansiogeno” e “colpevolizzante”. Il fatto è che tutti i comportamenti e le situazioni nella vita (compresi i più piacevoli) possono essere descritti, se si vuole, come “ansiogeni” e “colpevolizzanti”. Quasi tutte queste ricerche meritano il cestino della carta straccia.

È meglio diffidare anche di chi usa “paroloni inutili”. Parole come ludico, iconico, pregnanze, canale semantico... qualche volta sono un “vezzo” innocuo, ma troppo spesso servono a mascherare la pochezza del contenuto. Come una buona strategia, anche una buona ricerca dev’essere spiegabile usando un linguaggio molto semplice.




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