la strategia


12. Sviluppo esecutivo



a. La coerenza

b. La strategia non si esprime solo in parole

c. Il “vampiro” è in agguato

d. Il mostro di Frankenstein

e. L’importanza dei dettagli

f. Coerenza fra messaggio e mezzi

g. Coerenza con altri fattori

h. Lo sviluppo della campagna nel tempo

i. Lo sviluppo della campagna nello spazio

l. Gli elementi di rinforzo

m. Simboli

Nota: La gestalt





Questa è una guida sulla strategia. Non sull’organizzazione, sul metodo di lavoro o sull’esecuzione delle campagne.

Tuttavia ci sono alcuni punti relativi all’esecuzione che si collegano direttamente con il metodo di formulazione e gestione della strategia.

Il “confine” fra la strategia e l’esecuzione non è molto netto, e non può esserlo. Abbiamo già detto in varie occasioni che l’esecuzione può influire sulla strategia. Esplorazioni esecutive possono essere lo strumento per formulare la strategia.

Ciò di cui vogliamo parlare qui è un’altra cosa: il metodo di governo per evitare che la strategia si deformi nel momento (estremamente importante) in cui si trasforma in esecuzione.

I rischi sono molti, e non tutti prevedibili. Ci limitiamo qui alle cautele necessarie per evitare i problemi più comuni.

 

a. La coerenza

Nel momento in cui la strategia si trasforma in esecuzione (film, annuncio, manifesto eccetera) è estremamente facile che elementi esecutivi portino ad aggiungere altri messaggi o a deformare quello principale.

Ciò che occorre è capire a fondo le premesse della strategia (una buona esecuzione non è la strategia trasformata in messaggio) per averle “nel sangue” durante tutte le fasi di esecuzione.

Molti dettagli (una parola, un tipo di impaginazione, un oggetto o un attore scelti male) possono far deviare la campagna dalla strategia.

Teniamo sempre in mente la strategia e la definizione del consumatore. Rivolgiamo la campagna personalmente, in modo diretto e umano, a una sola persona che “incarna” il segmento scelto.

Per ogni dettaglio chiediamoci: rinforza la strategia o la indebolisce? Porta l’attenzione sul punto centrale o distrae?

 

b. La strategia non si esprime solo in parole

Qualcuno ancora pensa che il testo della campagna debba riflettere la strategia, e il resto (immagini, suoni e ambientazione) sia un complemento decorativo.

Nulla di più sbagliato.

Spesso la coerenza strategica si realizza più nella scelta di un’immagine, una musica, un suono, un colore, un volto, nel tono e nello stile generale, nel montaggio eccetera che non nelle parole.

 

c. Il “vampiro” è in agguato

Questa definizione non è nuova; la scrisse Rosser Reeves in Reality in Advertising nel 1966. Ma è più che mai di attualità.

Il “vampiro” è un’immagine, una parola, un oggetto, un suono che attira su di sé l’attenzione e “succhia il sangue” alla promessa principale.

Può assumere gli aspetti più innocenti e gradevoli. Può essere un bambino, un gatto, una rima, un tramonto o un pensiero. Spesso assume le sembianze di una persona attraente, o di una metafora sessuale, o di un personaggio noto che nulla ha a che fare con l’argomento su cui vorremmo richiamare l’attenzione di chi guarda, legge o ascolta.

Ogni volta che mettiamo qualcosa in una campagna, chiediamoci: contribuisce alla comunicazione o è un “vampiro”?

 

d. Il mostro di Frankenstein

Se una strategia viene scomposta nelle sue parti, mescolata con pezzi di altre o cose aggiunte dopo, e poi rimessa insieme, il risultato è spesso simile al mostro di Frankenstein. Non è vitale se non in condizioni abbastanza strane – e se vive fa cose cattivissime.

 

e. L’importanza dei dettagli

Molte volte sentiamo dire: “ma figurati se il lettore (o spettatore) farà attenzione a questo dettaglio”.

È una giustificazione insensata. Non è questa la sede per approfondire teoria della gestalt  ma è certo che ogni parte della comunicazione contribuisce alla formazione della percezione istantanea e totale di tutto. Le ricerche lo confermano ogni giorno: un dettaglio può modificare completamente la percezione; e viceversa la percezione complessiva può modificare in modo molto rilevante il significato delle singole parti. Quasi nessuno nota il dettaglio in quanto tale; ma tutti percepiscono l’insieme.

 

f. Coerenza fra messaggio e mezzi

La strategia stabilisce direttive comuni per lo sviluppo “creativo” e il piano media. Ma nell’esecuzione possono crearsi distonie.

È facile (o almeno lo sembra) evitare distonie grossolane, come il piano media a mezze pagine e trenta secondi e la campagna a quindici secondi e pagine intere.

Ma ci sono distonie più sottili. Un film o un annuncio può essere pensato per una frequenza elevata con un piano media a frequenza bassa, o viceversa. Ci sono sintonie da cercare fra il tono e lo stile della campagna e il contesto in cui sarà collocata.

Come ci possono essere sintonie di valore strategico... quanto spesso si pensa alla possibilità di fare tanti annuncini piccoli invece di “bruciare” una campagna in poche pagine intere? Una scelta di questo genere, però, significa definire la struttura del messaggio prima ancora di pensare a come sarà collocato nei mezzi.

La scelta dei mezzi può essere molto più efficace se non si bada solo ai valori numerici (copertura del target) ma anche alle sintonie con il contenuto della campagna.

 

g. Coerenza con altri fattori

Purtroppo non si è sempre in grado di controllare tutti gli elementi della comunicazione (non sempre la stessa organizzazione professionale, o lo stesso reparto di un’azienda, è direttamente responsabile dell’imballaggio, dell’etichetta, delle attività al punto di vendita, delle promozioni, delle relazioni pubbliche, eccetera).

Occorre comunque porre il massimo impegno nel cercare la massima sintonia fra tutti gli elementi, diretti o indiretti, che contribuiscono a formare l’immagine di marca.

 

h. Lo sviluppo della campagna nel tempo

La strategia può “perdersi per strada”. Il secondo il terzo annuncio (o film) di una serie, nella ricerca di una “declinazione” interessante, può allontanarsi dalla strategia.

La “composizione” di una serie può dare più peso a un elemento che a un altro, e così sbilanciare la strategia (se per un prodotto non stagionale usiamo più situazioni estive che invernali, possiamo involontariamente attribuirgli “stagionalità”; così può accadere per il tipo di persone, di situazioni, di oggetti che compaiono in una serie e senza volerlo “colorano” la strategia di valori sbagliati).

Accade più spesso di quanto si immagini che ciò che inizialmente ha successo poi diventi meno efficace perché non si è capito abbastanza bene quali fossero i valori e i fattori di successo e quindi gli sviluppi successivi del tema sono solo apparentemente “coerenti”. Oppure che un “brutto anatroccolo” venga abbandonato perché all’inizio non dà i risultati attesi e non ci si accorge che mancava poco perché diventasse un cigno.

 

i. Lo sviluppo della campagna nello spazio

Una buona strategia non solo deve essere “declinabile” nel tempo, ma anche nello spazio. E così deve essere l’idea, il concetto centrale che ne deriva.

Se nel momento in cui si sviluppa una campagna si sta pensando a una certa gamma di mezzi, o addirittura a uno solo (per esempio la televisione) dobbiamo sempre chiederci: che cosa faremmo se lo stesso concetto dovesse essere trasmesso in un annuncio, un manifesto, un comunicato radio, un cartello in un negozio – o sulla confezione del prodotto?

Un’idea che non ha la possibilità di svilupparsi nello spazio e nel tempo, che non può essere comunicata con mezzi strumenti diversi, non è un’idea. E il progetto da cui nasce non è una strategia.

 

l. Gli elementi di rinforzo

Così come dobbiamo guardarci dai “vampiri” e dai dettagli devianti, possiamo invece coerentemente cercare tutti quei dettagli che possono contribuire a rinforzare la strategia.

Un insieme di dettagli coerenti può diventare sintesi percettiva (vedi la nota sulla gestalt alla fine di questo capitolo) e fondamentale elemento portante della strategia.

(La “grafica” senza strategia, che era di moda tanti anni fa e purtroppo sembra essere ritornata di moda oggi, è un non senso professionale; ma è pur sempre vero che all’interno di una strategia una costante grafica, come qualsiasi altra coerenza stilistica, può essere di grande aiuto; il pubblico non si accorge che si tratta di “grafica”, ma ci sente più riconoscibili e percepisce il nostro stile: questo è ciò che gli serve).

 

m. Simboli

Non è questa la sede per entrare nelle complesse disquisizioni semantiche su “segni” e “simboli”. Ci basta sapere che la strategia si piò incarnare in un simbolo. Quando si trova un simbolo efficace per comunicare la strategia, spesso si ha una campagna molto forte e una “proprietà” che può durare nel tempo.

Non sempre un simbolo è un’immagine visiva. Può essere un suono, un insieme di parole, una musica, un concetto, un oggetto, un animale, un personaggio reale o immaginario, un colore, un ambiente, un tono di voce... L’importante è che sia costante e riconoscibile; e soprattutto che sia coerente con la strategia.

Ma occorre darsi regole precise su come il simbolo deve essere usato per mantenere il significato originario. Un’aquila in volo ad ali spiegate può esprimere libertà; la testa di un’aquila vista da vicino è una bestia feroce. Un pergolato può diventare una prigione. Una fiamma può scaldare o bruciare. Il battito di un cuore può significare vita, emozione o terrore.

È buona norma che quando si adotta un simbolo ci sia una descrizione scritta delle caratteristiche che lo rendono “portatore” di una strategia.

 

Nota: La gestalt

Riguardo alla teoria della gestalt, questa è la definizione che ne ha dato Giacomo Devoto:

Ogni percezione si presenta all’esperienza come un tutto unico, una struttura definitiva avente una sua “forma” individuale, che è impossibile comprendere attraverso una sua scomposizione in una serie di elementi giustapposti.

Non ha valore ognuna delle parti costituenti un’opera esaminata nella sua fase analitica, ma ha valore unicamente l’insieme, il quale è sempre superiore alla somma degli elementi che lo compongono.


Benedetto Croce, nell’Estetica, diceva: Il tutto determina la qualità delle parti.

E anche: Le due forme di conoscenza, l’estetica e l’intellettiva o concettuale, sono bensì diverse, ma non stanno fra loro disgiunte e separate, come due forze di cui ciascuna tiri per il suo verso. Se abbiamo dimostrato che la forma estetica è affatto indipendente dall’intellettiva e si regge da sé senz’alcun appoggio estraneo, non abbiamo detto che l’intellettiva possa stare senza l’estetica. Questa reciproca non sarebbe vera.

E ancora: Vi è poesia senza prosa, ma non prosa senza poesia. L’espressione è, infatti, la prima affermazione dell’attività umana. La poesia è “la lingua materna del genere umano”.


Insomma... la comunicazione è un tutto, le sue componenti non sono separabili, ogni elemento contribuisce all’insieme. In ogni messaggio o dialogo umano “il totale è maggiore della somma delle parti”. Logica e sentimento, ragione ed emozione, non sono momenti separati: sono parti di un’unica identità umana e di un’unica sintesi percettiva.




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