sito che funziona



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I test di usabilità



Un sito che funziona deve consentire il raggiungimento degli obiettivi per cui è stato progettato e prodotto: deve quindi assicurare una facile e logica (per l’utente) reperibilità dei contenuti – e un’interazione fluida e amichevole, facile da usare e che preveda e gestisca tutti gli errori possibili (soprattutto quelli dell’utente).

Gli studi di usabilità mirano a verificare e a migliorare l’accesso ai servizi (informativi, commerciali, di assistenza o altro) che il sito intende offrire.

Un primo approccio, più semplice e immediato, che può essere iniziato anche in assenza di un prototipo funzionante, ancora sulle prime bozze, è di tipo speculativo: uno o più specialisti in usabilità analizzano un prototipo di ambiente e usabilità, rilevando i problemi di più facile identificazione ed eventuali errori nell’impostazione di base. Questo tipo di verifica “analitica“ ha senso in una prima fase, perché normalmente i problemi di usabilità sono così numerosi che non è necessario verificarli on field: si vedono a occhio nudo. È auspicabile che il crescere di una cultura dell’usabilità renda queste analisi sempre meno importanti, e utilizzate di routine all’interno delle web agency, ancor prima di presentare il progetto. Questo purtroppo, finora, succede raramente.

È importante sottolineare che non si tratta di analisi condotte sulla scorta del “gusto“ dell’esperto di usabilità, e neppure della sua sola esperienza, ma si basano su liste di funzioni da rendere accessibili e di problemi che su base euristica si sanno frequenti in ambiente web.

Tra i metodi più interessanti (e finora approfonditi) ricordiamo soprattutto le analisi cognitive walkthrough (che fanno riferimento a una lista di azioni necessarie a utilizzare i servizi del sito) e le valutazioni euristiche (che consentono di prevedere il comportamento dell’utente perché costruite su precedenti verifiche, in modo da categorizzare i problemi di usabilità più frequenti).

Le tecniche empiriche, invece, coinvolgono soggetti appartenenti al pubblico di riferimento, che spesso vengono filmati e registrati, oltre a essere “monitorati“ per valutare anche le reazioni di tipo emotico (disappunto, soddisfazione...). Tali test tendono a verificare se il “compito“ assegnato è stato svolto (e con quali difficoltà), il tempo di svolgimento, l’eventuale stress che questo ha richiesto. Alla fine, a volte, vengono compilati questionari che mirano a comprendere il vissuto del pubblico riguardo allo svolgimento del compito.

Per chiarezza, il “compito“ assegnato è del tutto simile a quanto ci si aspetta che possa/debba compiere il pubblico del sito: trovare un’informazione, acquistare, entrare in contatto con il customer care, rintracciare la propria posizione/ordine, e altre funzionalità per cui il sito è stato creato.

È stato verificato che bastano 5 soggetti a controllare il 90% dei problemi di usabilità di un sito: il che rende questi test relativamente poco costosi (e ripetibili a diversi stadi di implementazione del progetto) e soprattutto conferma che l’usabilità non è un terreno “opinabile“ ma ha a che fare con meccanismi percettivi e cognitivi della mente umana che, almeno nel mondo occidentale, funziona – in quest’ambito – in modo costante e prevedibile.

Ovviamente è necessario disporre, per questi test, di un prototipo funzionante sufficientemente completo. È inoltre un’ottimo sistema applicabile a siti già esistenti, per verificarne l’usabilità. Dovrebbe diventare uno standard nel caso di restyling, per poter predisporre un sito non solo “rinnovato“ ma anche “migliorato“ (non sempre sono sinonimi).

Un’ultima importante cosa da sapere è che, se da un lato l’usabilità si sta rivelando uno dei più fondamentali vantaggi competitivi che può avere un sito web, dall’altro almeno per qualche anno saremo, ci piaccia o no, sperimentatori in questo campo. Nel giovane mondo web l’usabilità è il “sapere“ più giovane di tutti – e anche nel più avanzato mondo americano i test di usabilità della parte più critica (che non è la “navigazione“ ma l’interazione attraverso cui si forniscono la maggior parte dei servizi significativi) sono appena all’inizio.




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Questo è il capitolo 31 (di 32)
del libro Le imprese e l’internet
di Giancarlo Livraghi e Sofia Postai
L’indice si trova su
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