Offline Riflessioni a modem spento



  Giancarlo Livraghi

    dicembre 2009

Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)


Supplemento a Perché tanti siti web funzionano male


Che cos’è un “ipertesto”
e a che cosa serve

 

(concetti chiari da parecchi anni
da non dimenticare, perché sempre più utili)



Alcune constatazioni recenti, insieme alle osservazioni di un autore fra i più attenti e consapevoli nell’uso della rete, mi hanno portato in questi giorni a riproporre in Il tempo e il modo di leggere online (perché tanti siti funzionano male) concetti fondamentali e troppo spesso ignorati. Ma c’è qualcosa che mi sembra opportuno aggiungere.

Mi scuso per una “autocitazione”, ma credo che solo pochi lettori particolarmente attenti conoscano (o ricordino) ciò che avevo scritto più di dieci anni fa e pubblicato in diversi libri – per esempio in Come funziona un “ipertesto” (capitolo 19 di L’umanità dell’internet).

Ripropongo quelle osservazioni, con alcuni aggiornamenti che non ne cambiano la sostanza – oggi, più che mai, di attualità.

Dieci anni fa c’erano 70 milioni di host internet. Erano già tanti, ma oggi sono 700 milioni (e il numero continua a crescere). Nel 2001 c’erano 24 milioni di siti web. Oggi sono 240 milioni (ma solo il 30 % risulta “attivo ” – e questo complica la situazione). La crescita continua con notevole velocità e non c’è alcun motivo di prevedere un rallentamento. (Per un’analisi dello sviluppo vedi dati internazionali).




Gran parte del gergo o linguaggio approssimativo che circonda la rete serve solo a confonderci le idee (vedi il capitolo 16 di L’umanità dell’internet). Ma ci sono alcuni “neologismi” che hanno un significato preciso e importante. Uno di questi è la parola ipertesto (che suona un po’ comica ma descrive una cosa seria).

Questo concetto esiste indipendentemente dall’internet. Intrinsecamente l’ipertesto non è una tecnologia, ma un modo di organizzare l’informazione. Il termine hypertext è stato definito nel 1965, quando stavano cominciando i primi studi che hanno portato alla nascita dell’internet. Ma ha trovato nuove applicazioni e una più ampia diffusione a partire dal 1990, con la tecnologia su cui si basa il sistema world wide web.

Sembra che molti pensino a una struttura “ipertestuale” come a un modo per associare testo, immagini, suoni e film. Infatti può fare anche queste cose. Ma è un’altra la sua qualità più importante: l’organizzazione delle informazioni.

Prima della nascita di questi sistemi, l’informazione poteva essere organizzata solo in modo lineare. Indici e cataloghi analitici permettevano, in parte, di proporre percorsi trasversali all’organizzazione dei contenuti in un libro, nelle annate di un periodico o in un’intera biblioteca; ma con più difficoltà e con un’efficienza molto inferiore a quella che ci permette oggi il sistema di connessioni fra tutte le informazioni che sono “archiviate” in forma elettronica. Questo è uno dei migliori esempi di come una tecnologia, se usata bene, può essere molto utile e adatta alle esigenze umane.

Osserva Gerry McGovern: «L’ipertesto riflette meglio il nostro modo di pensare e il modo in cui funziona il nostro cervello. Perciò è un modo più naturale e umano di raccogliere ed esplorare le informazioni».

L’ipertesto è uno strumento importante anche quando funziona in un sistema chiuso: come le informazioni raccolte in un computer (o in una rete all’interno di una singola organizzazione) o su un supporto fisico, come un cd-rom. Ma assume una potenza straordinariamente superiore quando è applicato all’internet, perché non solo può organizzare i contenuti all’interno di un sito online, ma può anche collegare documenti che si trovano in qualsiasi altra parte della rete.

Oggi il termine “ipertesto” sembra scomparso dal vocabolario. Se si trattasse solo di terminologia, sarebbe irrilevante. Ma il problema è che si dimentica il concetto. Si “dà per noto” che un sistema di connessioni funzioni in rete senza badare a che cosa sia e a quale sia il modo migliore di usarlo. Il problema non è tecnico, è funzionale. Non riguarda i meccanismi, ma le persone che li usano.

Qual è il punto fondamentale? È la struttura dell’informazione: quella che è corretto chiamare l’architettura di un sito online. Una struttura “ipertestuale” permette un’ampiezza “potenzialmente infinita” di informazione e documentazione, che deve risultare raggiungibile dal lettore in modo semplice e diretto. Inoltre i link permettono di collegare trasversalmente i contenuti, passando da un settore all’altro dove ci sono nessi o analogie rilevanti.

Un sito in rete, come ogni sistema “ipertestuale”, è tanto più utile quanto più è complesso al suo interno (cioè ricco di informazioni a vari livelli di approfondimento) e quanto meno lo è all’esterno, cioè quanto più si presenta facile e gestibile al lettore.

Questo criterio è concettualmente semplice, ma applicarlo bene richiede una cura attenta, molta attenzione e continua sperimentazione.

Inoltre... su un supporto statico i percorsi sono limitati a ciò che quell’oggetto contiene; la complessità dell’architettura è più o meno limitata e determinata da criteri specifici a quella particolare “base dati”. In rete, le connessioni possono andare direttamente a qualsiasi cosa che sia contenuta in una di tante risorse disponibili.

Ci sono miliardi di pagine nell’internet. Un servizio al lettore è offrirgli un accesso diretto e immediato a quelle più rilevanti per completare, estendere o approfondire un argomento specifico. Trovare il giusto equilibrio e le direzioni più utili non è facile, ma è tanto più ragionevole e funzionale quanto più si sa ascoltare e sperimentare, per capire che cosa davvero serve al lettore e qual è il modo più utile per offrirlo.

Il problema della “congestione informativa” esisteva anche prima dell’internet – ma la rete la rende più immediatamente tangibile. Lo spazio di esplorazione “tende all’infinito” e si allarga ogni giorno (uno dei problemi, infatti, è l’aggiornamento).

La magia di un sistema ipertestuale ben organizzato è proprio quella di offrire un filo di Arianna nell’infinita complessità del labirinto. Non è un singolo “filo”, ma una rete di connessioni che offre una molteplicità di percorsi, con la segnaletica necessaria perché ognuno possa scegliere la strada che preferisce – e soprattutto arrivare, con la minima fatica possibile, alla destinazione che sceglie.

Con un po’ di esperienza nella rete impariamo presto a distinguere le risorse che hanno una struttura “ipertestuale” ben fatta da quelle (purtroppo la maggioranza) che sono organizzate in modo farraginoso e non ci aiutano a trovare ciò che cerchiamo. O (peggio ancora) cercano di “depistarci” dal nostro obiettivo e portarci altrove, secondo le logiche interne delle tecnologie o le intenzioni commerciali di chi organizza il sito.

Conciliare le due esigenze (ricchezza di contenuto e facilità di accesso) è tutt’altro che facile. Ma se chi imposta il progetto “ipertestuale” fa bene il suo lavoro ciò che troviamo è un sistema coerente, chiaro, accessibile che ci semplifica la ricerca e l’esplorazione.

Il criterio fondamentale è quello che governa tutti i buoni sistemi di comunicazione: non solo la qualità dei contenuti, ma anche il modo in cui sono organizzati e proposti deve essere pensato, realizzato e organizzato dal punto di vista di chi legge.



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