onda
Le onde dei pensieri


Wireless – settembre 2001

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La congestione
comunicativa


Da parecchi anni si parla di “congestione informativa”. Esisteva molto prima che si diffondessero le tecnologie elettroniche; ma con l’informatica, e ancor più con la telematica, è diventata più evidente e immediatamente “tangibile”.

Vedi La congestione informativa alla fine dell’appendice 1 di L’umanità dell’internet.

Un problema complesso e di non facile soluzione; cui se ne sta aggiungendo un altro. La sovrabbondanza di comunicazione.

Gran parte dell’umanità vive ancora all’altro estremo: scarsità di informazione e di strumenti per comunicare. Questo è un problema molto serio – ma si incrocia e si intrica con il suo opposto, la congestione comunicativa, sempre più dominante nella parte del mondo in cui viviamo. Sempre più complessa, affollata e farraginosa – fino a trasformarsi in “incomunicabilità”.

Il cambiamento era cominciato nel 1844 con il telegrafo; poi il telefono nel 1877; e poi il passaggio a wireless nel 1901, quando Marconi realizzò il primo esperimento di “telegrafo senza fili”.

Sull’evoluzione dei sistemi “con e senza fili” vedi il primo articolo di questa serie Quando le cuciture saranno invisibili

Cento anni, in un mondo che sembra in rapida evoluzione, non sono pochi. Ma tanto ci è voluto per arrivare a quella sovrabbondanza di strumenti che oggi ci porta a una condizione paradossale – in cui comunicare efficacemente diventa sempre più difficile.

Una persona che ha due o tre telefoni, fissi e mobili, più il fax, un collegamento internet eccetera... se non vuole passare tutta la vita a dialogare con chiunque la stia cercando è costretta a montare un sistema di difese. Si ammucchiano così segreterie, risposte automatiche, trasferimenti di chiamata... e molte persone diventano quasi irraggiungibili.

Ci sono uffici in cui se cerchiamo un tale, che conosciamo benissimo e che sta aspettando una risposta, anche sulla linea privata troviamo una persona che ci chiede chi siamo e che cosa vogliamo, poi ci passa una seconda che ripete le stesse domande... e poi finalmente scopriamo che il dottor Rossi non c’è. Oppure la chiamata va automaticamente su una registrazione che promette risposta ma che (a quanto pare) nessuno mai ascolta. Il suo cellulare è staccato, o c’è la segreteria, o suona a vuoto. Così gli mandiamo un fax o un’e-mail per dirgli «Caro Gigi, se vuoi che ti risponda chiamami tu». Ma quando lo fa rischia di trovarsi incastrato in qualche nostra difesa.

L’accumulo di automatismi moltiplica le possibilità di errori. Messaggi che interessano (forse) a una persona sono mandati a cento o a mille (non si tratta solo del famigerato spamming nell’internet ma anche di congestioni nelle reti interne e di altri fenomeni variamente perversi).

La comodità della telefonia mobile induce a comportamenti non sempre “ideali”. Capita a tutti, credo, di avere amici che ci chiamano più volentieri quando sono in giro – in automobile, in treno o a portare a spasso il cane. Comprensibile... ma fastidioso. Il mio amico Tizio diventa una persona con cui non ho più un dialogo telefonico che non sia infarcito di rumori, disturbi e interruzioni. Se fosse occasionale sarebbe accettabile. Ma quando è abituale diventa ossessivo.

Un’altra diavoleria, che sembra accentuarsi in questo periodo, deriva da una disfunzione dei dispositivi telefono-fax. Accade un po’ troppo spesso che, quando nessuno risponde, invece di far partire una segreteria telefonica passino automaticamente alla ricezione del fax anche in assenza di qualsiasi segnale che indichi l’intenzione di mandarlo (ovviamente chi sta cercando una comunicazione “voce” non è abitualmente pronto a spedire un fax).

Gli snervanti automatismi “premi uno”, “premi due” eccetera... sono ormai pastura delle scenette comiche. Ma continuano a imperversare; peggiorati dai grotteschi esperimenti a “riconoscimento di voce”. Ogni volta che si passa un confine con un telefono Gsm si è inondati di fastidiosi messaggi dell’operatore locale. Ne basterebbe uno, di venti caratteri, che ci dicesse quale numero chiamare in caso di bisogno. Eccetera... gli esempi sono infiniti e ogni giorno qualcuno inventa un nuovo impiccio o disturbo.

Il progresso nelle tecnologie di comunicazione si sta traducendo in un regresso; la sovrabbondanza di risorse diventa la fabbrica dell’incomunicabilità. Come se ne esce? Concettualmente è semplice. Con una vigorosa iniezione di buon senso e con una spietata eliminazione delle risorse non necessarie. Il che vuol dire, naturalmente, che ogni persona dovrebbe avere la facoltà di attivare solo ciò che le interessa (e non la fatica di disattivare ciò che non le serve) e che nessuno, mai, dovrebbe ricevere comunicazioni indesiderate. Difficile? No. Ma ci vuole un profondo cambiamento di mentalità e di costume.


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it





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