È un problema di qualità
 
Intervista di Pier Luigi Tolardo a Giancarlo Livraghi
su Zeus – 25 marzo 2003

 
Come nel caso di altre interviste,
i lettori abituali di questo sito, o dei miei libri,
possono trovare (almeno in parte)
“ripetitive” queste osservazioni.
Ma poiché molti si pongono
domande come queste, forse è utile
pubblicare anche qui le risposte.
 



Oggi, se dovesse riscrivere il suo fondamentale libro sull’internet, L’umanità dell’internet, che cosa le piacerebbe approfondire, particolarmente, di diverso o di nuovo?

Qualcosa ho già scritto. Per esempio nel testo online errata corrige non ci sono solo correzioni di refusi o altri errori, ma anche alcuni approfondimenti.

Inoltre ho molto ampliato e approfondito la “cronologia” che si trova nella prima appendice del libro. La versione “estesa” si trova online e mi sembra che da quell’analisi emergano considerazioni interessanti sull’evoluzione dei sistemi di informazione e comunicazione.

Per il resto... se riscrivessi quel libro oggi la sostanza non cambierebbe. Forse sarei un po’ più aggressivo sulla necessità di riportare in luce quei valori fondamentali della rete che, in un continuo e crescente marasma informativo, sono spesso offuscati e distorti.


Oggi l’attenzione degli esperti è sull’internet “senza fili”, cioè la possibilità di essere sempre connessi tramite telefonini, notebook, portatili, sfruttando anche le nuove potenzialità Wi-Fi, anche se c’è chi è scettico o negativo su questo scenario, Lei cosa ne pensa?

Sono scettico anch’io. Tutte le applicazioni possono essere utili quando c’è un motivo specifico per usarle. Ma la diffusione del telefono cellulare (che al suo inizio era uno strumento pratico, utile e relativamente semplice) ha assunto dimensioni e complessità abnormi, che rischiano diventare patologiche (già anni fa dicevo «siamo malati di cellulite»).


Cosa prevede per il medio-lungo periodo?

Se si arriverà a quella che sembra la soluzione più ragionevole, avremo un sistema seamless (cioè “senza cuciture”) in cui la telefonia e la trasmissione dati saranno un insieme unico indipendentemente dall’uso di connessioni “via filo” o “senza fili” (vedi Quando le cuciture saranno invisibili).

Ma nel frattempo la moltiplicazione di soluzioni “senza fili”, di cui nella maggior parte dei casi non si sente la necessità, è più che altro una moda, sostenuta da chi ha interesse a vendere quei servizi anche a chi non ha alcun motivo di comprarli.


La affascina l’idea di essere perennemente connesso, con o senza fili?

Non solo non mi affascina, ma mi disgusta. A parte il fatto che in quel modo si apre la strada a ogni sorta di invasioni e presenze sgradite, rischia anche di diventare una schiavitù. Voglio essere “connesso” a chi e a cosa mi pare, quando mi pare, e voglio essere io a deciderlo. Conosco molte persone (fra cui parecchie esperte di tecnologie della comunicazione) che pensano come me. Altre, che si sono lasciate trascinare nella trappola della “connessione perenne”, ora sono a disagio e si chiedono come uscirne.


Non per tutti è così...

Forse c’è una parte dell’umanità che si trova davvero a suo agio in una situazione di quel genere – ma mi stupirei se fosse la maggioranza degli umani e se l’accettazione di quel condizionamento potesse durare nel tempo senza creare fastidio, nevrosi o “crisi di rigetto”.


L’Italia e il Web: un giudizio spassionato e appassionato, come i suoi di solito.

La presenza italiana online sta crescendo (vedi la sezione “dati”). Almeno in termini quantitativi, non siamo più la “cenerentola” della rete. Siamo ancora lontani dai livelli americani o scandinavi, ma al di sopra della media europea. Oggi la situazione dell’Italia è simile a quella della maggior parte dei paesi “evoluti”. Con alcuni specifici malanni che affliggono il nostro paese, ma che riguardano lo stato generale della cultura, non specificamente la rete (su questo tema ho scritto alcune osservazioni, in un volume pubblicato dal Censis, che si rrovano anche online).

L’internet in Italia non è ancora “per tutti” ma non è più “per pochi”. La quantità c’è – e continua a crescere.


In che cosa deve ancora crescere l’internet italiana?

Il problema (in Italia come dovunque) è di qualità: dei contenuti, dei servizi, delle relazioni. E da questo punto di vista sappiamo che (in Italia come nel resto del mondo) c’è purtroppo abbondanza di proposte scadenti – quando non sono irritanti o truffaldine (vedi per esempio l’ossessiva epidemia di spamming e la continua moltiplicazione di soluzioni fastidiosamente invasive nonché di ogni sorta di trappole e imbrogli).


Infine Pubblicità e Web: c’è chi dice che riprenderà presto, chi che non riprenderà mai, la pubblicità on line è tuttora in crisi, Lei come la vede?

Come sappiamo, non solo la pubblicità online non cresce, ma (partendo comunque da basi molto piccole) è in diminizione. Vedi Diminuisce la pubblicità (online e non). La situazione è critica e non sarà facile uscire dal pantano. Sono stati commessi alcuni errori gravi. Uno è stato l’illusione che si potessero produrre enormi entrate pubblicitarie online e che questo potesse accadere in tempi brevi.


E invece...

L’ipotesi era totalmente sballata, ma molti hanno sviluppato progetti e iniziative basate su quell’assurda premessa – con conseguenti, inevitabili, disastri e fallimenti.

Benché dallo svuotamento della “bolla speculativa” siano passati due anni, sembra che si sia ancora nel “cono d’ombra” di quei clamorosi fiaschi, con una diffusa percezione di incertezza e disagio.


Quando si uscirà dall'impasse?

L’internet non è e non è mai stata “in crisi”: il problema è che è stata usata male da chi credeva di poter fare guadagni facili e veloci (vedi La crisi che non c’è).

Oltre alle assurde previsioni di una crescita mirabolante quanto impossibile, ci sono stati anche molti errori di metodo. Dall’uso della rete come se fosse uno dei mass media tradizionali a un’infinità di proposte affrettate e approssimative e a soluzioni “invasive” irritanti e controproducenti.

Non mi azzardo a fare previsioni, ma mi sembra difficile che possa esserci una ripresa nel breve periodo.


Qualche consiglio per il futuro?

Credo che si debbano abbandonare radicalmente i metodi e le impostazioni che finora hanno prodotto danni, confusione e sfiducia, per ripartire su basi meno immediatamente ambiziose e molto più solide: strategie chiare, soluzioni funzionali, spirito di servizio, continuità nel tempo, gestione efficace delle sinergie, sviluppo graduale e “scalabile”, coerenza nella sostanza e flessibilità nelle applicazioni, perenne sperimentazione e verifica. Insomma anche questo è soprattutto un problema di qualità.




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