le imprese e l'internet



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Il problema del contenuto

Chi osserva con un po’ di attenzione le attività delle imprese (o di ogni sorta di organizzazioni) in rete si chiede perché siano così tanti i siti online che si affidano agli orpelli (immagini, giochini, apparenze) invece di fornire contenuti. O quelli che mancano di aggiornamento. La risposta è semplice. Infarcire un sito di effetti decorativi è facile; costa pochi soldi, poco tempo e poca fatica. Sembra che molti (troppi) badino poco ai problemi e ai desideri di chi ha la pazienza e la cortesia di affacciarsi al loro sito.

Tutti gli operatori più seri dicono che per fare un buon lavoro in rete occorre offrire contenuti. Ma non è facile. Produrre contenuti interessanti, tenerli aggiornati, arricchirli continuamente così che chi ha visto il sito abbia voglia di ritornare... organizzarli in modo che siano bene accessibili, secondo la logica del lettore... è complesso, impegnativo e costoso. Ma è vero?

Se la funzione del sito è offrire informazioni, opinioni, commenti, cioè se per sua natura è “editoriale”, il problema c’è ed è serio. Ma c’è anche nell’editoria tradizionale. Come può sperare di sopravvivere un’impresa editoriale che non sia in grado di fornire e gestire contenuti?

Ma se è un sito “commerciale” o comunque al servizio di un’impresa, la situazione è molto diversa. Perché mai un’impresa, che offre uno specifico prodotto o servizio, dovrebbe diventare un editore? Perché dovrebbe impegnarsi a creare “traffico” generico?

Quando entriamo in un negozio di scarpe, ci aspettiamo informazioni sui fatti del giorno? Se andiamo dal droghiere, ci aspettiamo una mostra di quadri? Quando parliamo con un assicuratore, ci aspettiamo che canti canzoni o reciti poesie? Perché mai si dovrebbe trasferire in rete la “sindrome di carosello”, che è una brutta malattia anche nella comunicazione tradizionale?

Il problema, ancora una volta, sta nella strategia. Se l’attività in rete (che, giova ripeterlo, non significa necessariamente un “sito web”) è basata su precise esigenze e intenzioni, specificamente concepite secondo le caratteristiche di quell’impresa e del suo sistema di relazioni, non c’è alcuna necessità di “inventare” contenuti nuovi. Ci sono già; si tratta di identificarli, organizzarli e gestirli.

Se manca una cultura d’impresa, se mancano argomenti e temi di servizio, se mancano sistemi forti di relazione, se non ci sono informazioni rilevanti per un pubblico specifico di riferimento, il problema non è come quell’impresa possa andare online. È come possa sopravvivere, con o senza la rete.

Sembra che molti vogliano applicare alla rete quella logica perversa che determina la struttura di alcuni negozi: per esempio quelli accanto ai distributori di benzina sulle autostrade, dove occorre seguire un percorso obbligato passando davanti a montagne di salamini, giocattoli e cosmetici.

Per quanto sgradevole, quel sistema è comprensibile quando si ha un pubblico “prigioniero”. Ma in rete basta un “clic” per uscire dalla trappola. E se i tonni escono morti dalle tonnare (quindi non possono insegnare agli altri tonni come evitarle) i lettori dei siti ne escono vivi e spesso piuttosto incattiviti. Sono molti i “navigatori” nuovi e inesperti, che cascano in tutte le trappole e magari (all’inizio) si divertono? Può darsi. Ma una cosa è certa: dopo un po’ di tempo cambieranno. O se ne andranno, magari chiudendosi in pochi e molto specifici usi abituali della rete; o continueranno a esplorare, ma saranno meno inesperti. Non vorrei essere un torero alle prese con una generazione di tori che hanno capito i trucchi dell’arena.

C’è anche un altro problema. Un’impresa che cerca di offrire contenuti generici, o “intrattenere” i suoi visitatori con curiosità varie, non si trova a competere con i suoi concorrenti, ma con tutti i milioni di siti che esistono ed esisteranno; e in particolare con i professionisti dell’informazione o dell’entertainment, che hanno capacità, competenze e risorse enormemente più grandi. Come può un’impresa che fa viti e bulloni competere con Repubblica o Cnn, o un produttore di biciclette mettersi in concorrenza con Walt Disney?

Il problema dei “contenuti” cambia radicalmente se lo si affronta in un’ottica più precisa. Un’impresa si affaccia in rete in base alle sue specifiche esigenze e capacità. Offre contenuti direttamente attinenti alla sua identità e a ciò che intende proporre.

Il contatore del suo sito, probabilmente, non produrrà statistiche con numeri mirabolanti; ma la qualità dei contatti sarà molto più elevata. La logica delle rete non è quella dei “grandi numeri”; è quella dei “pochi ma buoni”. Una crescita “mirata” e selettiva può essere relativamente più lenta; ma anche questo è un bene. Una sperimentazione su scala relativamente piccola, con una crescita graduale, permette di controllare e perfezionare, correggere errori, migliorare la qualità; e di non impegnare risorse eccessive prima di averne verificato il “ritorno”.

Anche la qualità e la quantità dei contenuti non sono qualcosa che deve essere completo e perfetto il primo giorno, come quando si inaugura un padiglione in una fiera, o definitivo e immutabile, come quando si consegna un catalogo alla tipografia. Uno dei vantaggi della rete è che tutto può essere sempre aggiornato, modificato, corretto, in qualsiasi momento. Anche i contenuti possono essere continuamente arricchiti, man mano che si sviluppa l’impegno dell’impresa in rete; e modificati ogni volta che occorre cambiare qualcosa o si è scoperto come gestire meglio l’informazione. Ma se questo è un vantaggio... è anche un impegno. In rete non ci si può mai permettere di stare fermi. Occorre essere sempre aggiornati e il patrimonio di contenuti dev’essere continuamente arricchito.

Uno dei modi per far evolvere i contenuti è la gestione del dialogo e delle comunità. Non siamo costretti a fare tutto da soli. Se si crea uno scambio vivo nella rete, e se sappiamo trovare le “fonti” più interessanti nell’enorme quantità di materiale disponibile, la nostra “redazione” è il mondo. Spesso un commento o un contributo esterno, proprio perché non nasce dalla visione interna dell’impresa ma da una prospettiva diversa, può avere una straordinaria freschezza e credibilità.

La qualità dei contributi esterni è tanto più interessante quanto più è sincera. Spesso un’opinione diversa, espressa in un linguaggio e con una prospettiva che nascono dal mondo esterno, ha più valore di qualsiasi cosa che l’impresa possa dire di se stessa. Per questo è sempre bene (in particolare nell’attività online) incoraggiare la franchezza, anche critica, di tutti gli interlocutori; cercando di stimolare il dialogo, non di condizionarlo o annacquarlo.

“Esterno”, in questo caso, non significa solo il mondo che sta fuori dall’impresa. Comprende tutti gli ambienti di relazione, compresi quelli interni ma non direttamente coinvolti nel progetto. I contributi che vengono dallo scambio di opinioni sono spesso uno degli strumenti più preziosi per mantenere aggiornamento, vivacità e innovazione.

Una delle domande che spesso si pongono nei sistemi di rete è che cosa si debba fare dei “vecchi” contenuti. C’è una tenenza ad eliminarli che non sempre è corretta. Se un contenuto è sostanzialmente superato e non più rilevante è meglio toglierlo. Ma spesso i contenuti “vecchi” non sono superati o inutili; sono solo un po’ meno di attualità o si presume che siano “già noti” e perciò poco interessanti. In questo caso è meglio conservarli, perché ci può sempre essere qualcuno che non li conosce o non li ricorda (o che, pur conoscendoli già, desidera ritrovarli). L’importante è riorganizzare il sistema di proposta e di ricerca dei contenuti (l’architettura “ipertestuale” – vedi il capitolo 14) per collocarli nella più coerente ed efficiente “gerarchia” – mettendoli (se è il caso) in minore evidenza ma non cancellandoli o rendendoli irreperibili.

Insomma, più la strategia della comunicazione in rete è costruita secondo obiettivi precisi, più si scopre che non occorre “fabbricare” contenuti, perché ci sono già; e possiamo farli continuamente crescere e migliorare. Anche così, il lavoro non è facile; perché occorre identificare i contenuti, tradurli in un linguaggio efficace, organizzarli in modo efficiente, tenerli continuamente aggiornati. Ma è molto meno difficile, molto meno costoso – e straordinariamente più efficace (e meno pericoloso) che cercare di produrre contenuti “generici” o parlare di cose di cui non si ha una conoscenza approfondita.



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Questo è il capitolo 11 (di 32)
del libro Le imprese e l’internet
di Giancarlo Livraghi e Sofia Postai
L’indice si trova su
http://gandalf.it/upa/
 


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