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Cenni di storia dei sistemi
di informazione e comunicazione



La televisione

All’inizio la televisione ebbe uno sviluppo discontinuo. C’erano stati esperimenti di trasmissione “elettromeccanica” di immagini nel 1884. Il tubo catodico era stato inventato nel 1897. La televisione esisteva come tecnologia sperimentale nel 1925 – a colori nel 1929. Le prime trasmissioni televisive avvennero in Gran Bretagna nel 1936 e negli Stati Uniti nel 1939. Ma la televisione cominciò a diffondersi dopo la seconda guerra mondiale. Molti, all’inizio, credevano che non sarebbe stata più di un giocattolo snobistico per pochi.

Dopo cinque anni di trasmissioni sperimentali, un regolare servizio televisivo cominciò in Italia nel 1954. Nello stesso anno si realizzò il primo collegamento in eurovisione.

Le prime trasmissioni a colori avvennero nel 1953, ma cominciarono a diffondersi nel 1960 (in Italia “divieti” politici impedirono la televisione a colori fino al 1977).

Il primo videoregistratore fu realizzato dalla Ampex nel 1956. Nel 1970 la Sony propose il sistema U-matic, tuttora dominante nel settore professionale. Nel 1975 lanciò il Betamax, che ebbe un successo iniziale, ma fu poi sostituito dal Vhs, nato nel 1976. Il “caso Betamax” è diventato proverbiale come esempio di sconfitta di una tecnologia di qualità superiore per affermazione commerciale di una meno valida.

I videoregistratori sono largamente diffusi nelle famiglie italiane, ma poco usati. Occasionalmente per vedere cassette, raramente per registrare. Il quadro potrà forse cambiare con la diffusione dei DVD (chiamati all’origine digital video disk proprio perché la loro maggiore capacità permette la riproduzione di un film) o con altre tecnologie che si potranno sviluppare. Ma quelle eventuali evoluzioni sono, ovviamente, imprevedibili.

La situazione della televisione in Italia, come tutti sappiamo, è cambiata più di vent’anni fa. Nel 1976 una sentenza della Corte costituzionale, dopo ventidue anni di incontrastato dominio della televisione pubblica, dichiarò incostituzionale il monopolio.

Uno sconcertante errore dell’intera classe politica (di ogni tendenza e partito) portò al tentativo di mantenere il controllo della Rai sulle trasmissioni nazionali e di favorire una dispersione di piccole emittenti locali. Il risultato fu una mancanza di norme chiare, che non impedì lo sviluppo di reti nazionali private, ma ne perse il controllo.

La situazione di “duopolio” risultante è quella che conosciamo, con tutte le conseguenze su cui si continua a discutere. Compreso il predominio di un “generalismo” appiattito che non favorisce lo sviluppo di qualità più precise e più adatte alle esigenze di un pubblico molto meno “omogeneo” di come lo si immagina secondo i cliché della “cultura di massa”.

Sembra che le evoluzioni debbano essere tutte affidate alle “nuove tecnologie”, come satellite, cavo, “piattaforma digitale” eccetera. Su questo tema ritornerò poco più avanti. Intanto vediamo quale è stato lo sviluppo dimensionale della televisione in Italia. Il prossimo grafico mostra la crescita degli abbonamenti dal 1954 al 2002.


Abbonamenti alla televisione in Italia
numeri in migliaia – fonte: Istat

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È abbastanza sorprendente constatare che c’è stata una crescita anche negli ultimi due decenni del secolo scorso – solo in parte attribuibile all’aumento delle “unità abitative” (cioè del numero di famiglie piccole o di persone che vivono da sole). Una leggera accelerazione a metà degli anni ’80 può essere attribuita alla più ampia scelta di programmi derivante dallo sviluppo delle emittenti commerciali (ma è molto modesta rispetto all’andamento generale). Dalla metà degli anni ’90 si è arrivati a una soglia sostanzialmente insuperabile perché rappresenta la quasi totalità della popolazione.

L’Italia non è, come qualcuno potrebbe immaginare, la nazione più “televisiva” del mondo – né dell’Europa. Questo è il numero di televisori, in proporzione al numero di famiglie, in 14 paesi dell’Unione Europea più gli Stati Uniti.


Televisori in 15 paesi
Televisori a colori per 100 famiglie – fonte: The Economist

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Come è noto ed evidente la penetrazione della televisione è quasi totale in tutti i paesi che non soffrono di gravi restrizioni. La differenza non sta nel numero di televisori – e neppure nel numero di persone che guardano, più o meno spesso, la televisione. Sta nel genere, qualità e varietà dei programmi, nel modo in cui si guarda e si “fruisce”, nella maggiore o minore ricchezza della gamma di strumenti utilizzata.

Sono molto più estese, purtroppo, in Italia quelle categorie di persone che alla televisione aggiungono poche altre risorse. Insomma quella larga parte (circa metà) della popolazione italiana che soffre di scarsità non è “ricca” di televisione, ma “povera” di altri strumenti di informazione e comunicazione.



“Nuovi” sistemi?

In Italia non si è mai sviluppata la televisione “via cavo”, che in altri paesi ha avuto una larga diffusione. I motivi sono vari, ma il principale è uno. Quando stava per aprirsi la possibilità della diffusione “via cavo” in Italia, fu scelto invece di “liberalizzare” le trasmissioni “via etere”. Un’improvvisa crescita del numero di canali disponibili distolse l’attenzione dalle possibilità che avrebbe offerto lo sviluppo di aree “cablate” (che in altri paesi sono state, parecchi anni fa, anche il primo strumento di accesso alle trasmissioni satellitari). Anche nella ricezione delle trasmissioni dai satelliti l’Italia è in forte ritardo. Ora la situazione si sa evolvendo, ma ovviamente è troppo presto per poter fare ipotesi o previsioni su come si svilupperà nei prossimi anni.

La televisione a cinquecento o mille canali è ormai da tempo una concreta possibilità tecnica. Se si realizzasse permetterebbe un cambiamento radicale dei comportamenti. Ognuno potrebbe scegliere il programma che vuole, all’ora che preferisce. Ma la televisione “generalista” è radicata nelle abitudini (più di chi produce la televisione che di chi la guarda). Produrre e organizzare i contenuti necessari per una televisione più selettiva, che offra a ciascuno una larga libertà di scelta, è un’impresa molto impegnativa. Ciò che la tecnologia permetterebbe di realizzare in tempi brevi probabilmente si farà attendere ancora per parecchi anni.




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