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Cenni di storia dei sistemi
di informazione e comunicazione



La radio

Dobbiamo ricordare, anche a questo proposito, che il telegrafo esisteva dal 1844 e il telefono dal 1877. La possibilità di trasmettere con le “onde hertziane” era nota da quando l’aveva dimostrata Rudolph Hertz nel 1888. Guglielmo Marconi aveva fatto i primi esperimenti di trasmissione a distanza nel 1895 e ottenuto un collegamento fra l’Inghilterra e la Francia nel 1897. Nel 1901 realizzò la prima trasmissione transoceanica, che apriva la via alle comunicazioni su scala “globale”.

Ma si trattava di telegrafo in codice “digitale” (alfabeto Morse) – e non era broadcasting, comunicazione diffusa. Né Marconi né altri in quel periodo avevano immaginato che potesse nascere qualcosa come la radio.
(Vedi La nascita della radio e l’evoluzione turbolenta).

Le “radiodiffusioni” sono un concetto completamente diverso dal “telegrafo senza fili”. Si svilupparono vent’anni più tardi. Dopo gli esperimenti fra il 1906 e il 1916, la prima emittente radiofonica nacque nel 1920 negli Stati Uniti. Negli anni seguenti la radio si diffuse in Europa (in Italia nel 1924).

I sistemi di “audioregistrazione” nacquero molto prima della radio. Nel 1877 (lo stesso anno in cui nacque il telefono) Thomas Edison aveva brevettato il “fonografo”, un registratore a cilindro pensato inizialmente come strumento per la voce (cioè un “dittafono”) – ma si capì quasi subito che poteva essere usato anche per la musica. Il primo grammofono a disco fu realizzato da Emile Berliner in Germania nel 1887. La prima applicazione “commerciale” fu un disco di brani cantati da Enrico Caruso registrato a Milano nel 1902.

La “discografia” ebbe una crescente diffusione il tutto il ventesimo secolo, favorita anche dalle trasmissioni di musica per radio. Dal 1948 cominciò a diffondersi la riproduzione dei suoni (in particolare della musica) su nastro magnetico – e dal 1979 quella “digitale” su supporti ottici (i cosiddetti compact disk). E da quando esiste l’internet, ma più intensamente dal 2000, c’è la diffusione diretta della musica registrata, con tutte le polemiche che ne derivano per il contrasto fra il “diritto d’autore” e la “libertà di copiare”. Ma molti musicisti dicono che era migliore la qualità delle incisioni su vinile...

Il cambiamento portato dalla radio fu una trasformazione profonda dei sistemi di comunicazione. Il concetto di broadcasting, di trasmissione estesa e immediata, non era mai stato pensabile, nella storia dell’umanità, su una scala così ampia.

È vero che le emittenti nacquero locali – e in buona parte ancora lo sono. La radio “di vicinanza” rimane una realtà importante. Ma già molti anni fa si potevano ascoltare, sulle “onde lunghe”, trasmissioni da luoghi remoti. Con la nascita della radio siamo entrati in quella realtà di comunicazione immediata e “globale” che rende quasi impossibile, per ci vive oggi, immaginare com’era il mondo quando non c’era alcuna risorsa di quel genere.

Non dobbiamo dimenticare che la radio si è sviluppata anche come strumento di comunicazione privata. La rete poco numerosa, ma estesa nel mondo, dei “radioamatori” ha avuto (e in parte ha ancora) un ruolo importante nei sistemi di comunicazione. E più tardi la citizen band si è diffusa con la creazione di comunità, come la proverbiale rete dei camionisti americani, che ha sviluppato un codice di comunicazione così particolare da far nascere dizionari della loro “lingua”. Le trasmissioni radio hanno trasformato profondamente il concetto di navigazione (nel mare, nell’aria e nello spazio). Insomma c’erano e ci sono, con strumenti radiofonici, attività di scambio e di dialogo paragonabili a quelle che si realizzano con la “posta elettronica” o con i telefoni cellulari.

Dopo la nascita della televisione molti hanno immaginato che potesse esserci un declino della radio. Ma così non è. La radio mantiene un ruolo importante e un ascolto diffuso, che non è stato sostituito da altri sistemi di comunicazione – e nulla lascia prevedere che possa avere un indebolimento nei prossimi anni.

Questo grafico mostra l’andamento degli abbonamenti alla radio dalle origini delle radiodiffusioni in Italia fino a quando quel genere di imposizione è scomparso.


Abbonamenti alla radio in Italia
numeri in migliaia – fonte: Istat

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Negli anni fra l’inizio delle trasmissioni radiofoniche e la seconda guerra mondiale la diffusione della radio stava crescendo, ma con una penetrazione non molto estesa rispetto alla popolazione. Nel 1940 c’erano 1.300.000 abbonamenti alla radio in Italia, con una crescita che tendeva ad accelerare. Durante la guerra l’ascolto della radio era ovviamente aumentato – la diminuzione degli abbonamenti è da attribuire alla difficoltà di “adempiere” al pagamento del canone o a disattenzione per quei “doveri” burocratici in situazioni difficili e preoccupanti.

Uno sviluppo più forte si è avuto nel dopoguerra, per effetto di un crescente benessere e di una nuova situazione culturale. La minor crescita, e poi diminuzione, che segue alla nascita della televisione non è dovuta a un “abbandono” della radio, ma semplicemente al fatto che l’abbonamento radiofonico veniva “compreso” in quello televisivo.

Ovviamente è cambiato il modo di ascoltare la radio, ma (come risulta anche dai recenti studi del Censis) questo rimane uno dei mezzi di informazione (e di svago) più diffusi.

Nel prossimo grafico vediamo una curva “inventata” e del tutto arbitraria, ma coerente con la realtà dei fatti, che proietta lo sviluppo della radio in Italia oltre la fase di declino degli abbonamenti.


Diffusione della radio in Italia
numeri in migliaia – proiezione su dati Istat

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Il tracciato “immaginario” sembra indicare anche per la radio, come per la televisione, il raggiungimento di una “soglia” oltre la quale il numero di ascoltatori si stabilizza e non può più crescere. Ma non è necessariamente così. Mentre la televisione raggiunge la quasi totalità delle persone, la radio ha una penetrazione elevata ma non “universale”. È probabile che rimanga, come dimensione complessiva, più o meno stabile, ma non si può escludere che nuove proposte, nuovi contenuti o una maggiore specializzazione possano creare ulteriori possibilità di crescita.

Anche se non si realizzasse un aumento del (già molto elevato) numero totale di persone che ascoltano la radio, ci sono ancora larghi spazi per aumentare la selettività e la varietà delle proposte e così offrire a pubblici diversi, come alle esigenze individuali delle persone, una più ricca scelta di proposte e di servizi. Mentre la televisione fatica a uscire dalla monotonia “generalista”, la radio è per sua natura un mezzo di ascolto prevalentemente individuale – e può più facilmente offrire contenuti “tagliati su misura” per una grande varietà di esigenze e di gusti.




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