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I “vecchi”
e la comunicazione

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gennaio 2004



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Nel caso che qualcuno consideri spregiativa la definizione “vecchi”... vorrei premettere che non ho mai amato gli eufemismi, né le molteplici ipocrisie politically correct con cui si crede di poter attenuare un problema dandone una definizione blanda e impropria. E poiché faccio parte di quella categoria penso di avere il diritto di chiamarla con il suo vero nome. Lasciando ognuno, naturalmente, libero di definire come preferisce la soglia di età oltre la quale una persona è da considerare vecchia.

Nel numero precedente di questa rubrica si era parlato di quel mondo vario e complesso, tutt’altro che omogeneo, che rientra in un’approssimata definizione “giovani”. Anche all’altro estremo del percorso le soglie di età possono essere arbitrarie e soggettive. Agli occhi di un adolescente una persona di trent’anni può sembrare quasi decrepita, mentre per un ottantenne chi ne ha cinquanta è ancora molto giovane.

Soprattutto è sempre grossolano, e talvolta radicalmente sbagliato, raggruppare le persone in categorie come se fossero omogenee. Ci sono giovani con mentalità antiquate. Mentre c’è chi, anche in tarda età, dimostra una notevole apertura mentale. Ma il problema esiste. Sappiamo che la popolazione italiana sta invecchiando.

Se definiamo “giovani” le persone fra i 14 e i 35 anni sono 17 miilioni. Quelle dai 55 in su sono 16 milioni. Se spostiamo il limite a 65 anni sono 9 milioni. Non sono, come qualcuno esagerando immagina, la maggioranza della popolazione italiana. Ma sono numeri importanti – con tendenza a crescere.

Un problema di cui si chiacchiera spesso, ma senza sufficiente approfondimento, è quella solitudine che deriva non solo da una minore frequenza o ampiezza di dialogo personale, ma anche da un uso inadeguato degli strumenti di informazione e comunicazione.

Uno studio del Censis pubblicato nel 2003 suddivide gli italiani in cinque gruppi secondo la più o meno ampia gamma di strumenti che usano per informarsi e comunicare. Se escludiamo le due situazioni di estrema scarsità o abbondanza nove decimi della popolazione si collocano in tre categorie che possiamo un po’ genericamente definire “ricchi” o “poveri” di informazione e comunicazione.


Risorse di informazione
e comunicazione in Italia

percentuali in ciascuna categoria
età “poveri” “medi” “ricchi” totale
popolazione
18-29 11,3 23,5 34,4 14,5  
30-44 22,6 31,2 35,7 27,3  
45-64 36,2 27,6 18,8 29,3  
65-85 25,4 11,4 4,5 19,2  


La categoria estrema di povertà, che non compare in questa tabella, non è “piccola”. È il 9 % della popolazione. Il 52 % delle persone in quella situazione ha più di 65 anni – e con un’ovvia concentrazione verso le condizioni più basse di reddito e di livello scolastico. Si tratta di persone che usano uno solo fra i mezzi di informazione più diffusi – cioè, come è facile immaginare, l’onnipresente televisione.

Benché questa sintesi sia molto semplificata, un fatto è chiaro. L’ampiezza di risorse decresce con l’età. Naturalmente è difficile stabilire quanto si tratti di una diminuzione – e quante persone, invece, avevano una più scarsa gamma di strumenti anche quando erano giovani. Dobbiamo aspettarci un cambiamento con il crescere dell’età di quelle persone che oggi hanno una dotazione più ricca. E ovviamente, anche in questo caso, non si può generalizzare, perché ci sono forti e rilevanti differenze individuali.

Il problema è ancora più preoccupante quando si osservano le differenze fra uomini e donne. Vediamo gli stessi dati distinti da questo punto di vista.


Risorse di informazione
e comunicazione in Italia

percentuali in ciascuna categoria
  “poveri” “medi” “ricchi” totale
popolazione
Uomini 46,4 52,2 57,1 48,4  
Donne 53,3 47,9 42,9 51,6  


Nella categoria dei “poverissimi” le donne sono il 72 %, gli uomini il 28 %. Qualche differenza si rileva in tutte le fasce di età, ma in quelle più vecchie la situazione femminile è particolarmente drammatica. Se volessimo, grossolanamente, caratterizzare la persona che soffre della più grave povertà di informazione e comunicazione la potremmo definire come una donna anziana di basso livello scolastico.

Segnali preoccupanti emergono da uno studio dell’Associazione Italiana Editori sul livello di “competenze alfabetiche” degli italiani.

Questa analisi suddivide le persone in tre categorie. La prima raggruppa i due livelli più bassi: con una “competenza alfabetica” molto scarsa, “ai limiti dell’analfabetismo”, e con “un limitato patrimonio di competenze di base”. Al terzo livello si trovano persone con un “sufficiente patrimonio di competenze” e al quarto quelle con “competenze elevate”.
 

“Competenze alfabetiche” degli italiani
percentuali in ciascuna fascia di età
età “insufficiente” “sufficiente” “elevata”
18-25 47,8 37,6 14,6
26-35 56,3 32,3 11,4
36-45 65,0 28,2 6,7
46-55 76,8 29,3 3,9
56-65 87,6 10,5 1,9
totale 65,5 29,5 8,0


Il problema è serio per la popolazione italiana in generale, ma si aggrava con il crescere dell’età. Questo fenomeno non dipende solo da una più alta “scolarità” nelle generazioni più giovani, ma anche da un degrado nell’invecchiamento. Molte persone “perdono l’abitudine” di leggere, o più in generale di avere curiosità culturali, e così progressivamente riducono il loro livello non solo di “competenza alfabetica”, ma anche di apertura mentale.

Aiutare i vecchi ad evitare questo declino, e quando possibile a recuperare le facoltà perdute, dovrebbe essere uno dei più importanti impegni sociali nella nostra cultura. E non solo dal punto di vista dell’industria libraria.

Da quando, più di vent’anni fa, si è cominciato a capire che la “qualità della vita” non è esclusivamente un fatto economico, è diventato evidente che fra i fattori di povertà e ricchezza vanno considerate anche la quantità e la qualità di informazione. Nonostante la “globalizzazione” dei sistemi una larga parte dell’umanità è ancora tenuta in condizioni di grave ignoranza o condizionamento culturale. E anche nei paesi apparentemente più evoluti, come l’Italia, ci sono aree preoccupanti di privazione o limitazione. Che non affliggono solo le fasce di età più avanzate, ma con l’invecchiamento tendono a peggiorare.

Da almeno trent’anni si parla di “mercato degli anziani”. Cioè di come offrire prodotti e servizi adatti a quella parte, numerosa e crescente, della popolazione. Ma il problema è tutt’altro che semplice. Perché hanno scarso successo i tentativi di “ghettizzare”, cioè di trattare qualsiasi categoria umana, compresa questa, come se fosse un mondo a parte (o un insieme definibile secondo criteri arbitrariamente omogenei).

È altrettanto complesso il problema della comunicazione. Che sia dominante le televisione è vero in tutte le categorie di età. Ma ciò non significa che una parte preponderante della comunicazione debba affollarsi in una televisione “generalista” che per cercare di compiacere tutti sprofonda in una palude di ripetitiva omogeneità.

Qual è lo strumento più adatto per uscire dal pantano della genericità e dare a ognuno la possibilità di scegliere? Ovviamente l’internet. E per la capacità di esplorare il mondo senza dover neppure uscire di casa... la sua utilità aumenta con il crescere dell’età. Lo sanno bene quei vecchi che usano abitualmente la rete. Ma sono pochi. Questa tabella riassume la situazione in Italia nel 2003 suddividendo le persone online per età.

(Per un’ampia analisi sull’uso dell’internet vedi
i dati riguardanti l’Italia e l’Unione Europea).


Persone che si collegano
all’internet in Italia
età % della
popolazione
% delle
persone online
14-17 7   16  
18-24 11   20  
25-34 18   29  
35-44 16   18  
45-54 16   14  
55-64 14   4  
oltre 64 19   1  


Le persone dai 55 anni in su sono un terzo del totale, ma un ventesimo delle presenze online. Nelle età più avanzare è ancora peggio. La scarsa presenza di vecchi online sembra durare nel tempo, anche se non è vero che tutto il nuovo afflusso alla rete sia fatto di giovani o giovanissimi. Questa è la situazione, suddivisa per età, dei “nuovi utenti” (cioè persone che hanno cominciato a collegarsi nel 2002 o 2003).


Persone “nuove”
online in Italia
età % delle
persone online
% delle
  “nuove” 
14-17 16   19  
18-24 20   13  
25-34 29   19  
35-44 18   23  
oltre 44 19   26  


C’è stato un recente afflusso di giovani, ma ora si nota una rilevante presenza di persone adulte che usano per la prima volta l’internet. Purtroppo la significatività statistica non permette un’analisi dettagliata dai 45 anni in su. Ma dai dati generali si deduce che le persone online di età superiore ai 55 anni sono, e rimangono, poche – pochissime quelle oltre i 65.

Un dato interessante, indipendentemente dall’età, è l’aumento della presenza femminile


Persone che si collegano
all’internet in Italia
  % delle
persone online
% delle
  “nuove” 
Donne 41   51  
Uomini 59   49  


Ci vorranno ancora alcuni anni per avvicinarci alla “parità” in generale. Ma la situazione è diversa secondo le età – come vediamo nella prossima tabella.


Persone che si collegano
all’internet in Italia
età % delle
donne
online
% degli
uomini
online
14-17 15   9  
18-24 22   18  
25-34 28   29  
35-44 22   22  
45-54 9   14  
55 o più 4   7  
 
Per le età più avanzate i numeri sono così piccoli
da non poter essere analizzati in maggiore dettaglio.
Per altre differenze fra uomini e donne vedi dati italiani.


Nelle età più giovani la parità è raggiunta: il numero di donne online fra i 14 e i 25 anni è uguale a quello degli uomini. Fra i 25 e i 44 anni è uguale alla media delle persone online. Nelle età successive la differenza aumenta. Come abbiamo visto, in generale, per gli strumenti di comunicazione e informazione, anche nel caso dell’internet la condizione femminile è peggiore nelle età avanzate.




Un segnale diverso viene da un comunicato stampa internazionale diffuso da Nielsen il 14 novembre 2003. Secondo questa fonte sarebbe in aumento il numero di older people online in Europa. Il condizionale è d’obbligo, perché non ci sono, almeno finora, conferme da altre fonti – e perché quel comunicato contiene affermazioni poco credibili (per esempio un aumento del 28 % in un anno è palesemente esagerato). Inoltre una categoria che comprende tutte le persone dai 55 anni in su è ovviamente poco omogenea. Ma ci sono segnali interessanti per quanto riguarda le differenze fra gli otto paesi considerati in questa ricerca.


Persone online
oltre i 54 anni

percentuali sulla popolazione
Svezia 19,4
Gran Bretagna 17,3
Svizzera 15,9
Germania 14,5
Olanda 13,3
Francia 12,3
Italia 10,6
Spagna 8,3


Il criterio di definizione è molto allargato e perciò i dati, in assoluto, sono esagerati. Ma ciò non toglie rilevanza al confronto fra i vari paesi. In parte questi dati riflettono le differenze generali nell’uso della rete, indipendentemente dall’età. Ma è comunque interessante notare che l’Italia è molto arretrata. Secondo questa ricerca la crescita in Italia sarebbe superiore alla media europea, ma la cosa non è confermata da altri studi. Il fatto più rilevante è che, vista la situazione in confronto ad altri paesi, ci sono significative possibilità di crescita.

Questa analisi rileva anche le differenze fra uomini e donne negli stessi otto paesi.

Persone online oltre i 54 anni
percentuali sul totale
  Donne Uomini
Svezia 38   62  
Gran Bretagna 32   68  
Olanda 30   70  
Spagna 29   71  
Svizzera 26   64  
Francia 23   77  
Italia 21   79  
Germania 20   80  


Il problema di una scarsa presenza femminile online nelle età più avanzate si rileva in tutta Europa, ma è particolarmente grave in Italia – come abbiamo visto anche in base ad altre fonti.




Se fosse vero che sta succedendo qualcosa di nuovo, e che una tendenza europea porta a una crescita di persone “meno giovani” online, potremmo anche stare alla finestra e aspettare che, per un inevitabile effetto di trazione internazionale, il problema si risolva da solo – almeno per le persone culturalmente più attive, aperte allo scambio di idee e con la conoscenza dell’inglese o di un’altra lingua oltre all’italiano.

È vero, comunque, che non possiamo farci troppe illusioni. Persone con un basso livello di alfabetismo (nel senso di leggere e scrivere, non di preparazione tecnica) sono difficilmente ricuperabili a un uso più allargato degli strumenti di comunicazione – e in particolare della rete. Ma ciò non significa che si debba restare ai deprimenti livelli attuali, né limitarci ad attendere che invecchino le persone che sono già online.

Molti, anche esperti della rete, pensano che non ci sia soluzione. Che più si invecchia e meno si è disposti a imparare qualcosa di nuovo. In parte, purtroppo, è vero. Ma non è una regola assoluta. Potrei citare il caso di una signora di ottant’anni, moglie di un signore della sua età che si è recentemente avventurato in rete. All’inizio era un po’ scettica, ma in pochi mesi è diventata più brava di lui (e di molte persone giovani con un livello paragonabile di esperienza). Non è un caso isolato. In giro per il mondo, e anche in Italia, ci sono esempi di cose analoghe. Meno numerosi di quanto sarebbe desiderabile, ma non per questo meno significativi.

Ci sono stati simpatici tentativi di superare resistenze, diffidenze e dubbi. Per esempio corsi di formazione gestiti da giovani per insegnare ai vecchi come usare la rete. Ma rimangono fatti sporadici, con risultati marginali. E non è detto che sia quello il modo migliore per risolvere il problema. Si richia di ribadire il falso concetto che l’internet sia solo “una cosa da giovani” e così accentuare, fra i “meno giovani”, una percezione di estraneità.

Sarebbe interessante cercare altre soluzioni che stimolino l’interesse e diano un reale aiuto (più culturale che tecnico) alle persone oggi lontane dall’internet – a cominciare da quelle interessate, ma esitanti. Se le persone più disponibili si troveranno a muoversi agevolmente nella rete, potranno aiutare a “convertire” le altre. Insomma le soluzioni, se vogliamo cercarle, ci sono – ma per farle funzionare ci vuole tempo, dedizione e pazienza.



 

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