Offline Riflessioni a modem spento

La batracomiomachia dei domain

aprile 2000

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per approfondimenti sull’internet marketing
vedi la rubrica online Il mercante in rete
e il libro La coltivazione del’internet
 
 

 



Non ho mai letto la Batracomiomachia. Ma mi ha sempre divertito la metafora di una guerra fra i topi e le rane. Tanto è vero che l’ho usata due anni fa nel titolo di un altro articolo (su un argomento diverso). Mi è tornata in mente a proposito delle furibonde polemiche sull’assegnazione dei domain internet. Spero di riuscire, un giorno, a scrivere su questo argomento un testo un po’ più approfondito; che sarà necessariamente più lungo di quanto consentito dal formato di questa rubrica. Ma intanto credo che si possano riassumere in queste poche righe alcuni concetti generali.

È giustificata la bagarre che si è scatenata sul domain name system? Credo di no. Basterebbe applicare con buon senso le leggi esistenti e tutt’al più chiarire, in poche e comprensibili righe, qualche dubbio interpretativo. Ma quando mai il legislatore riesce a scrivere una norma semplice e chiara?

In pratica... per i domain .com (come per .it) ormai è registrato quasi tutto il registrabile. Un rimedio arriverà con la creazione di nuovi top level domain come .shop .firm .web .rec .nom .info .arts ... eccetera (pare che sia previsto anche .sex). Anche nel resto del mondo ci sono sistemi con cui può essere allargata la disponibilità di domain. Ma si è scatenato (non da oggi) un "arrembaggio", che comprende comportamenti scorretti: come quelli di chi registra un nome senza altro scopo che la speranza di rivenderlo a caro prezzo. Il problema, ovviamente, va risolto. Non è difficile. Basta che sia chiaro (come infatti è, anche con la legislazione esistente) che quando si tratta di un intenzionale abuso lo squatter deve restituire l’abitazione al legittimo proprietario. E fare in modo che le procedure legali siano, per quanto possibile, semplici, snelle e veloci.

Ma possono esserci omonimie. Se la ditta Rossi registra cocacola.it è un ovvio abuso. Ma se si tratta di ferrari.it a chi spetta la precedenza? A un’impresa che fa automobili, a un’impresa che fa spumanti, o al ragionier Ferrari che fa il commercialista? Non vedo altra soluzione se non quella che c’è: fra i "legittimi" utilizzatori ha vinto chi ha avuto la prudenza di registrare il domain (da duemila anni il diritto romano stabilisce che a parità di diritti prevale chi è arrivato prima). Ogni altra ipotesi si traduce in un abuso, a favore di chi può mettere in campo maggiori risorse legali o di chi può avvantaggiarsi di qualche favoritismo o intrallazzo.

Come se la può cavare chi non può disporre di un domain corrispondente al proprio nome di persona, di impresa o di marca? Ci sono mille modi. Se la casa di Modena non avesse ferrari.it potrebbe registrare un domain a Macao e chiamarsi ferrari.mo – così come un’impresa di Torino può registrarsi a Tonga o una di Napoli in Namibia (fortunato un fiorentino se, oltre a registrare un domain, usa anche un server in Finlandia). Oppure, più semplicemente, si può usare un domain con un nome diverso. Non sto scherzando. In attesa di soluzioni (che non è difficile trovare) per ampliare a disponibilità di domain, molte situazioni si possono risolvere con un pizzico di fantasia e di umorismo.

Ma c’è in giro molta agitazione e poco buon senso. C’è un diffuso allarme in Germania, dove si parla di Abmahnwelle – un’ondata di liti che spesso producono risultati ingiusti e perversi. Cose simili stanno accadendo anche in altri paesi.

In Italia ci sono parecchi problemi dovuti all’organizzazione burocratica, inefficiente e macchinosa della nostra naming authority. C’erano assurde regole che impedivano a un’impresa di registrare più di un nome e non permettevano alle persone di essere proprietarie di domain. Quando sono state abolite, alla finedel 1999, si è scatenato un ovvio e prevedibile arrembaggio – che ha trovato l’organizzazione impreparata, con conseguenti ingorghi, lentezze e pasticci di ogni specie. Alcuni "furbi" sono riusciti ad anticipare i legittimi proprietari di alcuni nomi (spesso le vittime di questi abusi non capiscono di avere il diritto di riprendersi il maltolto).

In più, è intervenuta una bizzarria. Nichi Grauso, in una delle sue ricorrenti crisi di protagonismo, ha registrato un gran numero di domain, compresi i nomi di politici e altre persone "famose". E l’ha annunciato pubblicamente. Non sembra che questa burla abbia portato alcun vantaggio al suo autore; ma ha scatenato una reazione isterica del mondo politico, con il rischio incombente di provvedimenti affrettati, confusi e nocivi.

Questa paginetta non è la sede per proporre soluzioni. Ma ci sono, e sono semplici. Per cominciare, credo che tutti (imprese, governo, interessi politici ed economici) debbano fermarsi e pensare con più calma. Se hanno ignorato il problema per anni, non c’è alcun motivo di occuparsene con urgenza. È molto più importante offrire davvero buoni servizi online, con qualsiasi indirizzo che si possa essere in grado di usare, che arrabattarsi in liti sul possesso dei domain.



 

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