onda
Le onde dei pensieri


 settembre 2002


U.M.T.S.
Ultra-Miliardario
Trucco Speculativo


Che la partita dell’Umts si giocasse con le carte truccate era evidente fin dall’inizio. L’aspetto poco chiaro della vicenda è perché sia stata accolta dall’opinione più diffusa come una meravigliosa (e indispensabile) innovazione. Se servirà davvero a qualcosa o a qualcuno si scoprirà, forse, fra qualche anno. Intanto sappiamo che ciò che sembrava “imminente e urgente” nel 2000 è rimandato al 2007 o chissà quando. E intanto sono stati sprecati, o manipolati, parecchi miliardi di euro e di dollari. (Questo è un caso particolarmente vistoso, ma tutt’altro che un’eccezione. Vedi Il paradosso della tecnologia).

L’argomento di questo articolo non è che cosa sia e a che cosa serva una particolare tecnologia. Il vero significato della sigla u.m.t.s. è universal mobile telecommunications system – che dice tutto e nulla. Altrettanto vaga (anche se apparentemente suggestiva) è la definizione “telefonia mobile di terza generazione”.  Saranno i fatti e l’esperienza dei prossimi anni a dirci se ci sia uno spazio di reale utilità per quella soluzione, se nel frattempo sarà superata o sostituita da qualcos’altro, se sia (come è stato proclamato) la strada fondamentale del domani o (come sembra più probabile) uno strumento utile solo per alcune particolari applicazioni. Il fatto è che (come tante altre reali o ipotetiche “innovazioni”) è soprattutto il pretesto e lo strumento di manipolazioni e speculazioni che non giovano né al progresso tecnico né all’efficienza.

Nel 2000 la “gara” per la concessione Umts fruttò allo stato tedesco cento miliardi di marchi. E costò alla Deutsche Telekom un’enorme spesa di cui non si vedeva allora, e ancor meno si vede oggi, il possibile “ritorno”. Questo non è l’unico, ma non è il meno rilevante, fra i motivi delle difficoltà finanziarie in cui si trova la società telefonica tedesca. Il senso di quell’operazione non è mai stato molto chiaro, se non per un fatto: è un’astuta manovra per realizzare un grosso “prelievo fiscale” senza aumentare le tasse. Il costo ricade sui contribuenti, non sotto forma di tributi, ma di tariffe che rimangono esageratamente alte – anche indipendentemente dall’uso di questa o quella nuova tecnologia.

Non è sorprendente che altri governi in Europa abbiano deciso di imitare l’esempio di Berlino. Fra questi, come sappiamo, l’Italia. La “gara” nel nostro paese ebbe vicende bizzarre, complesse e tortuose – in parte tuttora inspiegabili, in base a quel poco che è a conoscenza della pubblica opinione. Alla fine l’erario intascò 27 mila miliardi di lire (oggi diremmo 14 miliardi di euro). Meno della metà di quello che il governo si aspettava – ma pur sempre una cifra “importante”, pari all’importo di un’impegnativa manovra del bilancio pubblico.

Che questa bizzarra operazione fosse conveniente per il governo è ovvio. Meno comprensibile è il motivo per cui alcune imprese fossero disposte a sborsare cifre così enormi. Ma anche senza perdersi in “dietrologie” non è difficile supporre che la ricompensa stesse nella continuazione di un controllo mite e compiacente sulle tariffe di quei pubblici servizi.

L’ovvia conseguenza fu la necessità di continuare a far credere che quella soluzione tecnica fosse davvero imminente, fondamentale e necessaria. Chiunque esprimesse (fondati) dubbi era trattato da retrogrado o “luddista”.

In una situazione come quella italiana, in cui governo e opposizione sono perennemente in disaccordo su quasi tutto, questa è una delle poche cose in cui c’è un’intesa spontanea. Se è comprensibile che la precedente maggioranza, visti i vantaggi finanziari che ne aveva ottenuto, si sentisse obbligata a sostenere il valore dell’Umts, è meno chiaro perché ne sia ancor più innamorata quella attuale – che è arrivata a definire ripetutamente questa marginale tecnologia come una delle risorse fondamentali di infrastruttura del paese e una delle priorità immediate. Esponendosi a una notevole brutta figura quando è emerso che nessuno sa bene a che cosa possa servire e che comunque ci vorranno altri cinque anni perché possa (forse) essere operativa.

Si ripete, con deprimente monotonia, quanto era già accaduto in molte altre circostanze. Sono in gioco, ovviamente, forti interessi. C’è anche una sottintesa (talvolta dichiarata) intenzione di “domare” i nuovi sistemi di comunicazione trasformandoli un una variante della televisione (questo è, fra l’altro, uno dei motivi dell’esagerata insistenza sulla “banda larga”). Ma c’è anche una notevole dose di pura e semplice ignoranza. Condivisa da tutte le parti e le sfaccettature dello schieramento politico – e da una massiccia obbedienza (o connivenza?) dei “grandi mezzi” di cosiddetta informazione.

Quanto durerà ancora questo circolo vizioso?  È difficile, purtroppo, immaginarne la fine. Perché è alimentato da un intrico di interessi, di superficialità, di speculazioni e di abitudini. Ma se si riuscisse, almeno in parte, a infrangerne la ripetitività il vantaggio sarebbe grande per tutti. Per la cultura, per l’economia, per il benessere. E anche per il progresso delle tecnologie, che farebbero un salto di qualità se badassero di più all’ergonomia – e se fossero meglio orientate a ciò che è davvero utile, funzionale e innovativo.


Giancarlo Livraghi   gian@gandalf.it





indice
indice delle rubriche


Homepage Gandalf
home