Il potere della stupidità
Kali
Altri libri

(Giancarlo Livraghi – 2006-2013)


Tutte le esplorazioni che ho potuto fare confermano la scarsità, nel corso dei secoli, di studi e approfondimenti sul problema della stupidità umana.

Ma mi sembra doveroso rilevare che c’è una recente diffusione di testi connessi all’argomento – e che fra quelli precedenti ce ne sono alcuni di cui (mea culpa) non conoscevo l’esistenza quando avevo cominciato a scrivere Il potere della stupidità.

Per chi è interessato... eccone un elenco, per quanto possibile “ragionato” (alcuni sono citati nel primo capitolo del mio libro). Non ha la pretesa di essere una bibliografia completa, ma credo che raccolga la maggior parte degli esempi più significativi.


Molti appartengono al genere degli “stupidari”. Cioè raccolte di casi, aneddoti, affermazioni o comportamenti che, secondo l’autore, sono da considerare stupidi.

Per esempio Unusually Stupid Americans (2003) e The Lexicon of Stupidity (2005) di Kathryn e Ross Petras sono raccolte di episodi, notizie e commenti più o meno stupidi e grotteschi. Gli stessi autori hanno pubblicato altri dieci “stupidari” di varia specie.

Anche Uncle John’s Book of the Dumb di John Scalzi (2003) è un’antologia di stupidaggini e malintesi – più deprimente che divertente. Un “seguito” è stato pubblicato nel 2004.

Duh! di Bob Fernster (2000) si definisce “storia stupida del genere umano”. Ma non è un libro di storia. È solo una raccolta di circostanze e comportamenti, di varie epoche, più o meno stupidi o assurdi. La serie è continuata con Well, Duh! nel 2004. Ce n’è un’edizione italiana (2005) con il titolo Il libro della stupidità umana.

Dello stesso genere, ma dedicato a un particolare settore, è In Search of Stupidity di Merrill Chapman (2003) – un’approssimativa cronistoria di vent’anni di errori e fallimenti nello sviluppo delle tecnologie informatiche.

Un precedente “stupidario” è il Dictionnaire de la bêtise di Guy Bechtel e Jean-Claude Carrière (1965).

De Encyclopedie van de Domheid di Matthijs van Boxsel (2002) non è un’enciclopedia, ma una raccolta di commenti, ironie e divagazioni dell’autore, con esempi di comportamenti sciocchi, aneddoti e citazioni, da antiche mitologie e favole fino alle stupidaggini contemporanee nell’applicazione delle tecnologie.

È un po’ diverso dagli altri “stupidari” Contributo alla conoscenza della stupidità umana di Antonio Tosti (1991). Un curioso libriccino, in una bella edizione, che raccoglie esempi di pubblicità trovati in vecchie riviste fra il 1886 e il 1928, con assurde offerte di “chiaroveggenti”, trattamenti “miracolosi” e altre panzane. È una piccola, ironica antologia della credulità. È divertente, ma non offre alcun contributo allo studio della stupidità umana.

C’è stata una proliferazione di libri che, in italiano, si chiamano esplicitamente “stupidari”. Come Lo stupidario della maturità di Mitì Vigliero Lami (1991), Stupidario del calcio e altri sport di Marco Travaglio (1993), Stupidario ecclesiastico di Antonio Socci (1994), Stupidario medico di Antonio di Stefano (1996), Stupidario al telefono di Marcello Barlotta (1996), Stupidario linguistico di Cinzia Fusca e Filippo Morrone (2006), Lo stupidario della Croce Rossa di Camillo Delellis (2007), un altro Stupidario medico di Gianfranco Panvini (2007), Lo stupidario della farmacia di Gianni Leonardi Speziali (2008) e un altro, nello stesso anno, di Stefania Venturi, Stupidario dei call center di Ale & Franci (2009), Lo stupidario del sesso di Willy Garsom (2009) e una serie di Jm Benton (il suo sesto stupidario è uscito nel 2008).

La proliferazione di testi di quel genere (che ci sono sempre stati, ma si moltiplicavano freneticamente fra il 1990 e il 2009) sembra indicare che c’è una percezione del problema, ma si preferisce evitare di affrontarlo, rifugiandosi nella convenzionale comicità delle “raccolte di stupidaggini”. (Vedi Un argomento imbarazzante).

Anche quando la pubblicazione di “stupidari” è meno frequente, rimane diffusa l’abitudine di trascurare il problema della stupidità considerandola solo ridicola – o trattando da stupido chi ha un’opinione diversa.

Una variante nella categoria “sciocezzari” è Imbecilli (2011) di Alfredo Accatino. Si tratta di «un compendio delle frasi più sbagliate e fuori luogo della storia». Cioè una raccolta di affermazioni di personaggi “famosi” che sono poi state smentite dai fatti – o che, secondo l’autore, erano sciocche.


Sono più interessanti altri libri che non rientrano nella categoria degli “stupidari”, ma affrontano l’argomento in modo meno banale.

Per esempio Der Hinge-Faktor di Eric Durschsmied (1998) che è stato tradotto in italiano come L’altra faccia degli eroi. Si può considerare (almeno in parte) un saggio sulla stupidità della guerra. Esamina 17 casi storici (dal cavallo di Troia alla guerra del golfo) per spiegare “come il caso e la stupidità hanno cambiato la storia”. Lo dice anche il titolo di un altro suo libro Wie Zufall und Dummheit Weltgeschichte schrieben.

Devo confessare che non ho letto From the Jaws of Victory di Charles Fair (1971 – tradotto in italiano come Storia della stupidità militare nel 1973) e neppure The March of Folly – from Troy to Vietnam di Barbara Tuchman (1984) e On the Psychology of Military Incompetence di Norman Dixon (1994). Perciò non sono in grado di valutare il loro contributo agli studi sulla stupidità della guerra.

Un altro catalogo di catastrofici errori, provocati dalla stupidità, è il recente libro (2005) di Stephen Weir, History’s Worst Decisions – an Encyclopedia Idiotica. Non è un’enciclopedia, ma una raccolta di cinquanta esempi, storici o leggendari, da Adamo ed Eva ai giorni nostri, ispirata dal concetto di George Santayana: «chi non è capace di ricordare gli errori del passato è condannato a ripeterli».

Essai sur la bêtise di Michel Adam (1975) è una dissertazione “psicomorale” sulla diffusione della stupidità e sul decadimento dell’etica. Non offre un grande contributo alla comprensione del problema, anche se contiene alcune osservazioni interessanti, come la stupidità dell’autosoddisfazione, la balordaggine del pregiudizio, il valore filosofico del dubbio.

Più che uno studio sulla stupidità, La bêtise di André Glucksmann (1985) è un trattato politico, in cui si sviluppa un’analisi di come la stupidità sia onnipresente in un quadro storico, sociale e cuturale esteso a diverse epoche e situazioni. Fra l’altro sottolinea la pluralità del problema e i suoi molteplici modi di presentarsi. «La malvagità violenta – osserva – può forse essere decapitata, ma la stupidità ha troppe teste perché si possa riuscire a tagliarle».

Il Dizionario filosofico di Fernando Savater (1999) contiene un “Discorso sulla stupidità” con la constatazione che «bisogna certamente dare alla stupidità la sua enorme importanza» come «motivo per cui la storia è così piena di atrocità e di barbarie».

The Talent for Stupidity di Edmund Bergler (pubblicato postumo nel 1998) è un manuale specialistico per psichiatri. Considera “il meccanismo della stupidità” come una forma di nevrosi masochistica.

In Stupidity di Avital Ronell (University of Illinois – 2003) si possono trovare alcune osservazioni interessanti – ma non è facile scoprirle in una farraginosa congerie di esegesi letterarie, di elucubrazioni accademiche e di astruse e ponderose dissertazioni poco attinenti alla sostanza del problema. Ricorre anche in questo libro la constatazione che la stupidità è perennemente diffusa, insidiosa, difficilmente definibile – ed è “connessa ai più pericolosi fallimenti delle imprese umane”.

Un caso particolare è l’interessante romanzo di Isaac Asimov The Gods Themselves (1972) che è, a modo suo, uno studio sulla stupidità e sulle sue pericolose conseguenze. Già nei titoli delle tre parti che compongono il libro (Against Stupidity... The Gods Themselves ... Contend in Vain?) Asimov si chiede se e come il potere della stupidità possa trascendere la dimensione umana. È ispirato da una frase di Friedrich Schiller Mit der Dummheit kämpfen Götter selbst vergebens (“Perfino gli dei non riescono a combattere la stupidità”).

Un altro racconto di science fiction è The Marching Morons di Cyril Kornbluth (1951). Il protagonista è un bieco personaggio che si trova “per caso” in un futuro dove, in seguito al controllo delle nascite nella popolazione più evoluta e alla smisurata riproduzione dei più arretrati, una minuscola minoranza di “intelligenti” governa un ’immensa moltitudine di imbecilli. Offre all’élite una soluzione “nazista” per ridurre il problema di una crescita incontrollata: promettere idilliache vacanze su Venere, caricare gli incauti turisti su astronavi e scaraventarli nello spazio. Ma alla fine subisce anche lui la stessa sorte.

Il titolo è ispirato dal “paradosso” the marching Chinese: se tutti i cinesi passassero da una porta la fila non finirebbe mai, per la continua nascita di nuovi cinesi.

C’è un libro di novant’anni fa, che può essere interessante come testimonianza di un periodo culturale, ma è di faticosa e sgradevole lettura: L’homme stupide di Charles Richet (1919). Un testo molto discutibile per alcune sue impostazioni, compreso un dichiarato razzismo – più accettabile per altri aspetti, come la condanna della violenza, della credulità e della superstizione. Non è uno studio sulla stupidità, ma un’invettiva contro gli errori, gli orrori e le mostruosità del comportamento umano.

Le stupide XIX siècle di Léon Daudet (1922) è probabilmente il libro più stupido che sia mai stato scritto sull’argomento. Un balordo, insultante e violento sproloquio contro tutti gli sviluppi politici, culturali e sociali dalla fine del medioevo in poi (in rozza polemica con molti autori, fra cui suo padre Alphonse Daudet, che non gli poteva rispondere perché era morto). L’unica cosa sensata in questo sconclusionato testo è la definizione (condivisa da molti storici) del “secolo lungo”, durato dal 1789 al 1919.

Se risaliamo all’Ottocento... i biografi ci dicono che Gustave Flaubert era ossessionato dall’imperversare della bêtise, aveva raccolto un’immensa collezione di esempi e progettava un trattato enciclopedico sull’argomento. Ma non riuscì mai a scriverlo – e preferì farne un romanzo, Bouvard et Pécuchet, che uscì incompiuto e postumo nel 1881. Il tema della stupidità è presente anche in altri suoi libri, compreso il più noto, Madame Bovary (1862). Vedi Flaubert e l’ossessione della stupidità.

Pare che anche Jorge Luis Borges, nel 1934, avesse cominciato a scrivere una Historia universal de la infamia, ma poi si fosse arreso davanti alla vastità del problema, limitandosi a raccogliere alcuni esempi.

Talvolta è citato come testo su questo argomento il famoso Encomium moriae di Erasmo da Rotterdam (1509). Ma è discutibile, perché la “follia” di cui Erasmo faceva l’ironico elogio è una cosa diversa – solo in parte paragonabile alla stupidità.

È più noto che utile il Discorso sulla stupidità di Robert Musil – il breve testo di una conferenza tenuta a Vienna nel 1937 (una traduzione italiana è stata di nuovo pubblicata nel 2001). Non manca di stimoli acuti e vivaci, ma è più una divagazione sul tema che un approfondimento. Musil si preoccupava del «dominio vergognoso che ha la stupidità su di noi» e di «incredibilmente pochi predeccessori nella trattazione di questo argomento».

Alcune interessanti osservazioni “sulla genesi della stupidità” si trovano nel capitolo conclusivo di Dialektik der Aufklärung (1944) di Max Horkheimer e Theodor Adorno (ce n’è un’edizione italiana – Dialettica dell’illuminismo).

Un libro di notevole qualità e di piacevole lettura è The Natural Science of Stupidity di Paul Tabori (1959). Ma non è uno studio della stupidità. Contiene alcune considerazioni sull’argomento, ma la maggior parte del libro è tutt’altra cosa: un’estesa, spesso interessante, raccolta di situazioni e vicende insolite e curiose (ma non necessariamente “stupide”) in varie epoche storiche e in diverse parti del mondo. Nella sua intelligente introduzione al libro di Paul Tabori, Richard Armour rileva che «Se non possiamo definire la stupidità, possiamo riconoscerla come l’origine della maggior parte delle sciagure e debolezze umane. Le sue manifestazioni sono legione, i suoi sintomi sono infiniti».

Anche Max Kemmerich, mezzo secolo prima, dedicò molti anni a raccogliere stranezze e anomalie nella storia delle culture umane. Il suo libro Aus der Geschichte der menschlichen Dummheit (1912) è un’energica critica dei dogmi, delle chiese e delle religioni.

In Über die Dummheit (1909) Leopold Löwenfeld affronta l’argomento da un punto di vista medico. Si occupa più di “classificare” diverse categorie di comportamento che di approfondire il problema della stupidità.

Tre volumi di un autore ungherese, Istvá Ráth-Véigh, sono intitolati Storia culturale della stupidità umana (1952), poi Nuove stupidità nella storia generale dell’umanità e (un po’ troppo ottimisticamente) La fine della stupidità umana. Anche questi non sono studi sulla stupidità, ma raccolte di esempi più o meno “celebri” di umana sconsideratezza e follia.

Un’opera ancora più ampia, in sette volumi, Geschichte der menschlichen Narrheit era stata pubblicata da Johann Christian Adelung nel 1785. Ma aveva poco a che fare con la storia o con la stupidità – era una raccolta di biografie di impostori, millantatori e fanatici.

Era famosa, ai suoi tempi, la narrazione comica di Sebastian Brant Narrenschiff. Pubblicata in tedesco nel 1494 – e nel 1497 in latino con il titolo Stultifera navis. Nel 1508 tradotta in inglese, e ampliata, da Alexander Barclay con il titolo The Shyp of Foyls. L’immaginaria nave diretta a Narragonia (il paese degli sciocchi) trasportava un’accolita di personaggi variamente sgradevoli. Lo stesso concetto fu sviluppato, alcuni anni più tardi, da Thomas Murner in Narrensbenschwörung e Schelmenzunft – satiriche gallerie di preti, monaci, suore, baroni ladroni e ricchi avari.

Del testo di Sebastian Brant, con incisioni di Albrecht Dürer, è stata pubblicata un’edizione italiana, La nave dei folli, nel 1984. Un libro recente (2001) sullo stesso tema è il romanzo “teatrale” The Ship of Fools di Gregory Norminton, ispirato da un quadro di Hieronymus Bosch. Un’edizione italiana, anche questa con il titolo La nave dei folli, è uscita nel 2003.

Questo tema ha avuto, nei secoli, varie elaborazioni nella letteratura e nella pittura. Ma si tratta di satire su usanze e comportamenti considerati “folli”, non di studi sul problema della stupidità.



Due libri hanno dato un contributo sostanziale ai ragionamenti da cui è nato Il potere della stupidità. Uno, come spiegato nel primo capitolo, è A Short Introduction to the History of Human Stupidity di Walter Pitkin (1932). L’altro è il breve, ma brillante, testo di Carlo M. Cipolla Le leggi fondamentali della stupidità umana (1988). Su alcuni dei suoi criteri si basa una parte del mio lavoro su questo argomento. Ma con una rilevante differenza: non credo che gli stupidi si possano considerare “una specie separata” dal resto dell’umanità. (Vedi il capitolo 9 di Il potere della stupidità).

C’è anche un altro libro che merita particolare attenzione per l’ampiezza e il metodo con cui affronta l’arduo tema della stupidità. Ho citato in vari capitoli l’interessante saggio Understanding Stupidity di James Welles (1986) – autore anche di The Story of Stupidity (1988) che non è una storia della stupidità umana, ma una serie di brevi e incisive descrizioni della stupidità in varie epoche e culture, dall’antica Grecia ai nostri giorni.

Il quinto e il sesto capitolo di Il potere della stupidità sono dedicati ai due testi fondamentali su “perché le cose non funzionano”: Parkinson’s Law (1957) di Cyril Northcote Parkinson e The Peter Principle (1969) di Laurence Peter. “Classici” da non dimenticare – perché sono, più che mai, di attualità.

È curioso che né Peter, né Parkinson (forse non considerati abbastanza “accademici”?) siano citati nell’ampia bibliografia di uno “studio sull’incompetenza” con cui due docenti della Cornell University, Jusitn Kruger e David Dunning, hanno stranamente vinto, nel 2000, il premio Nobel per la psicologia. Il loro lavoro non contiene alcuna valutazione del problema della stupidità, ma analizza il fatto che le persone meno qualificate tendono a sopravvalutare le proprie capacità e competenze. L’apoteosi dell’ovvietà.

È interessante anche un altro libro, più recente, dello stesso genere: The Dilbert Future – Thriving on Business Stupidity in the 21st Century di Scott Adams (1997). Non è un trattato sulla stupidità, né una “profezia” sul ventunesimo secolo, ma (come gli altri libri dello stesso autore – e come molte delle sue famose vignette satiriche) è un’acuta e ironica analisi della degenerazione strutturale e culturale delle imprese. Contiene, fra l’altro, questa scherzosa “previsione”: «Gli scienziati smetteranno di affannarsi con l’energia solare e si concentreranno sull’unica fonte di energia davvero inesauribile: la stupidità».

Macht x Dummheit = Selbstzerstörung (2005) di René Delavy spiega come la combinazione di potere e stupidità porti all’autodistruzione (sulla stupidità del potere vedi il capitolo 10 di Il potere della stupidità). Secondo questo autore le conseguenze sono catastrofiche – abbiamo superato il “punto di non ritorno” e il collasso è irrimediabile. Critica con vigore il degrado culturale e l’intontimento dei sistemi di informazione e comunicazione.

Speravo che fosse stimolante La inteligencia fracasada – teoria y pratica de la estupidez di José Antonio Marina (2004 – l’edizione italiana è uscita nel 2006). Ma, nonostante il sottotitolo, dà uno scarso contributo allo studio della stupidità umana. Con una sovrabbondanza di citazioni e divagazioni (in parte interessanti, talvolta divertenti, ma spesso dispersive) elenca i fattori che possono provocare “il fallimento dell’intelligenza” – come il pregiudizio, la superstizione, il dogmatismo, il fanatismo, eccetera. Conclude con un invito al “trionfo dell’intelligenza”, ma non offre approfondimenti sul potere della stupidità.

Un libro strano è Why So Stupid? (2003) di uno psicologo maltese, Edward de Bono. Non offre alcun contributo allo studio della stupidità. Afferma che l’umanità è totalmente priva di intelligenza e che si può diventare intelligenti solo frequentando i corsi organizzati dall’autore. Considera inutile, anzi nocivo, ogni studio di storia, filosofia, scienza o patrimonio culturale.

Los tontos con poder di Diego Armario (2006 – pubblicato in italiano nel 2008 con il titolo Cretini al potere) affronta l’importante argomento della stupidità del potere con più aneddotica che metodo. Cita molti esempi, in prevalenza spagnoli. Indica genericamente, fra le fonti di cui si è servito, l’autore di Il potere della stupidità, ma senza citarlo nella bibliografia e senza indicazioni specifiche sulle molte osservazioni che ne ha palesemente ricavato. Una stranezza (che si ripete nell’edizione italiana) è una citazione collocata in modo da far sembrare che tutta la prefazione sia firmata “Giancarlo Livraghi”.

Mort aux cons (in italiano La strage degli imbecilli) di Carl Aderhold (2007) non è un libro sulla stupidità, ma un romanzo il cui paranoico protagonsta ha ucciso (oltre ad alcuni cani e gatti) 140 persone che considera stupide.

Panfleto contra la estupidez contempránea (2007) di Gabriel Sala è una “veemente” e interessante invettiva contro la degenerazione sociale, economica e politica delle “culture occidentali” – e anche un’energica critica delle deformazioni, inganni, manipolazioni e superficialità nei sistemi di (cosiddetta) informazione. In particolare dedicata agli artifici per distrarre l’attenzione, che chiama entetanimiento ispirandosi al tittytainment definito da Zbigniew Brzezinski nel 1995.

Bréviaire de la bêtise di Alain Roger (2008) è un lungo e complesso saggio sulle opere letterarie (in particolare francesi) in cui si narrano storie che si possono considerare esempi di stupidità – e su altri libri che in qualche modo riguardano l’argomento. Anche questo autore constata che «la stupidità non ha mai beneficiato di uno studio sistematico e la sua definizione rimane oscura e confusa».

Overcoming Stupidity di Andy Green (2008) si propone come un “manuale di sopravvivenza”. È una piccola raccolta di aneddoti e di consigli su come essere un po’ meno stupidi o cavarsela in situazioni di stupidità. Più che altro è un opuscolo promozionale per “corsi” e conferenze dell’autore.

Merita una particolare citazione Ennio Flaiano. Non ha mai scritto un libro sulla stupidità, ma si è spesso occupato dell'argomento, con lucida e brillante chiarezza (e anche con dichiarata perplessità). Vedi per esempio La stupidità non è “innocua”.


C’è un film, realizzato in Canada nel 2004, con il titolo Stupidity – The Documentary (regia di Albert Nerenberg). È una mescolanza un po’ disordinata di cose eterogenee, con alcune osservazioni interessanti e una varietà di esempi più o meno banali. Ha il merito, comunque, di essere “unico nel suo genere”, con un insolito impegno nell’affrontare un argomento spesso trascurato. Contiene anche interviste a diverse persone, fra cui Noam Chomsky, Giancarlo Livraghi, Avital Ronell e James Welles.

È poco interessante il film prodotto negli Stati Uniti nel 2006 con il titolo Idiocracy – una narrazione rozzamente comica su un ipotetico futuro in cui “l’intelligenza è estinta” e l’umanità è totalmente rincretinita (in parte è simile al racconto The Marching Morons che Cyril Kornbluth aveva pubblicato nel 1951).

Devo confessare che non ho visto Le dîner des cons (La cena dei cretini), una commedia satirica di Francis Veber (1994) che ha avuto molto successo in teatro ed è diventata un film nel 1998. Un gioco fra amici che fanno a gara a chi invita l’ospite più cretino. La trama è riassunta in Wikipedia. Chi conosce l’opera teatrale o il film dice che è brillante e divertente. Ma è più una “commedia degli errori” che un’ironia sulla stupidità.

Un altro che non ho visto è The Stupids (1996). Dalle critiche e recensioni risulta che non è un film sulla stupidità. È un racconto di vicende più o meno comiche e bizzarre nella vita di una famiglia di stupidi.


Ci sono anche alcuni recenti libri italiani.

Chi non legge questo libro è un imbecille di Oliviero Ponte di Pino (2001) non è (come dichiara) una “storia universale della stupidità”. È una raccolta di 565 citazioni più o meno attinenti all’argomento – di cui alcune acute o divertenti, altre banali e poco rilevanti. Contiene, nei commenti dell’autore, alcune osservazioni interessanti e ha il merito di riconoscere due fatti fondamentali: nessuno si può considerare immune dalla stupidità – e manca una definizione chiara di che cosa sia la stupidità (o l’intelligenza) se non quella pragmatica di Carlo Cipolla, che è citata anche in questo libro.

Elogio dell’imbecille di Pino Aprile (1997 – ripubblicato nel 2002) è un saggio fra l’ironico e il catastrofico, che descrive un’evoluzione tendente al trionfo incontrastato della stupidità, con un progressivo e irrimediabile declino dell’intelligenza umana. L’autore racconta come ha sviluppato questa interpretazione di Darwin in base a un colloquio con Konrad Lorenz.

Il cretino cognitivo di Daniela Maddalena (1997) riguarda i gerghi “autoreferenziali” e le stupidità cognitive nella scuola – e, in generale, nelle istituzioni – dove imperversa «l’imbecille competente, lo stolido conoscitivo, il fatuo provvisto di informazioni».

Il cretino in sintesi di Carlo Fruttero e Franco Lucentini non è un saggio sulla stupidità, ma è molto meglio di un banale stupidario. Tre precedenti libri di Fruttero & Lucentini su questo argomento (dal 1985 al 1998) sono purtroppo esauriti e difficilente reperibili, ma gli autori hanno avuto la buona idea di farne un’abbondante sintesi, pubblicata nel 2002. Un’efficace (e preoccupante) raccolta di esempi e di ragionamenti sull’imperversare della cretineria nella cultura italiana.

Il sale in zucca di Fausto Manara (2003) si avvicina, più di altri libri, a un’analisi critica del problema. È scritto da un punto di vista psicologico e psichiatrico, ma in alcune parti si estende a prospettive più ampie. Insieme alla stupidità, esamina anche i comportamenti che contribuiscono al degrado dell’intelligenza: l’arroganza, l’intransigenza, la prepotenza, l’incapacità di capire e di ascoltare. «Con i tempi che corrono – osserva Manara – l’intelligenza ha vita sempre più difficile».

Di Corsa di Caterina Bonvicini (2003) è un romanzo definito “una vorticosa commedia degli equivoci sulla stupidità, motore immobile del mondo”. Una narrazione tragicomica volutamente in bilico fra realtà e fantasia, in cui è ricorrente il tema della stupidità, anche per le esegesi di un libro inesistente di un autore immaginario, Hans Flöge Bauer, “l’uomo che corteggiava la stupidità”. L’insidiosa stupidità si incarna anche in un’entità misteriosa che «sembra uno scherzo, si disfa in gelatina, e invece è un animale pronto a ingoiare tutto, ma proprio tutto, tranne se stesso».

Un altro romanzo è Die Liebesblödigkeit di Wilhelm Genazino. L’edizione italiana è uscita nel marzo 2006 con il titolo La stupidità dell’amore. Una tormentata vicenda di difficili e contrastati amori “nell’assurdità del mondo in cui siamo costretti a vivere” – che non assegna alcun particolare ruolo alla stupidità.

Fra le opere di “Carl William Brown” (pseudonimo di Bruno Mensi) c’è una raccolta di “aforismi contro il potere e la stupidità” pubblicata nel 2006. È un’estesa antologia di brevi frasi più o meno attinenti all’argomento.

Le strategie della stupidità di Francesco Betti (2006) è un trattato sul metodo di analisi dell’economia, della finanza e della gestione aziendale noto come game theory o “teoria dei giochi”. In quell’ambito si definiscono come stupidità i fattori che determinano situazioni perdenti. In questo libro sono citati due testi sull’argomento: il saggio di Carlo Cipolla e Il potere della stupidità.

Il saggio di Paolo Paolicchi (2006) Il fattore I – per una teoria generale dell’imbecillità è un testo complesso, di non facile lettura, che ha l’intenzione di identificare le cause biologiche, antropologiche, psicologiche e culturali dell’imbecillità umana. Conferma che il “fattore I” è ugualmente diffuso in tutte le categorie umane, ma si propone di dimostrare che non è una costante nel tempo – e che si sta aggravando nella situazione attuale. Dedica specifica attenzione alla crescente imbecillità della cultura dominante e in particolare del mondo accademico.

I cretini non sono più quelli di una volta di Enrico Vaime (2008) non è un libro sulla stupidità, ma una raccolta di “rimembranze” di anni passati e di personaggi conosciuti.

Alcuni libri hanno la parola “stupidità” nel titolo, ma il contenuto è tutt’altro. Per esempio, questi.

Saggi si nasce, stupidi si diventa è una ri-edizione (2007) della traduzione italiana di Proverbs from around the world (1992) di Norma Gleason. Una raccolta di proverbi su svariati argomenti (di cui pochi, e banali, riguardanti la stupidità). Ripubblicata con un titolo diverso per “far sembrare” che sia un nuovo libro.

Non lasciare che uno stupido ti baci o che un bacio ti istupidisca (2008) è la traduzione italiana di Never let a fool kiss you or a kiss fool you (1999) di Mardy Grothe. Il testo è su tutt’altro argomento. È una raccolta di esempi di “chiasmi”, cioè di “inversione dell’ordine di parole in due frasi altrimenti parallele”. In questo caso il “travestimento” nel titolo è già nell’edizione originale.

Un amore stupido e contagioso (2008) è la traduzione italiana di Stupid and contagious (2006) di Caprice Crane. Un romanzo fra il romantico e l’ironico. Non riguarda il problema della stupidità (né il fatto che è contagiosa).

Think Smart – Act Smart di Jim Nightingale (2008) non è un libro sulla stupidità, ma uno dei tanti “manuali” su come scegliere le decisioni “giuste”. Stranamente, il titolo dell’edizione spagnola (2009) è La estupidez de los más listos.


È più attinente all’argomento Pensami, stupido! – la fiosofia come terapia dell’idiozia (2008) di Eleonora de Conciliis. Benché sia un libro di non facile lettura, complesso, erudito, talvolta faticoso nei concetti e nella loro esposizione, è un vigoroso richiamo al valore, al significato e al ruolo della filosofia nel mondo di oggi. Contiene anche osservazioni su come e perché è “assediata dalla stupidità” – con qualche pungente accenno alle stupidità delle filosofie. Più recentemente la Prof. de Conciliis ha organizzato un sito online (saggiamente opensource) dedicato a considerazioni su questo problema – in cui ha gentilmente inserito alcune mie osservazioni tratte da Il potere della stupidità.

Non occorre essere stupidi per fare sciocchezze di Paolo Legrenzi (2010) è poco illuminante. Non è un banale “stupidario”, ma più di un terzo del libro è dedicato ad alcuni “noti” episodi (“da Bill Clinton ai cortili di casa nostra”, recita la retrocopertina). Ripercorre un tema svolto da altri autori (come nell’antologia Why Smart People Can Be So Stupid curata da Paul Sternberg nel 2002 – e nei libri già qui citati su errori e “sciocchezze” nelle guerre e in altri eventi storici o leggendari). Critica la diffusa tendenza a considerare gli “stupidi” come una categoria separata dal resto dell’umanità (in polemica, a questo proposito, con il saggio di Carlo Cipolla).

Ha intenzioni più impegnative un nuovo libro (2012) di Gianfranco Marrone, con il sintetico titolo Stupidità. Devo essere grato all’autore per la citazione, nella sua nota bibliografica, di Il potere della stupidità come la prima fra «le cose che ha consultato e in parte usato». Ma mi dispiace di dover dire che ho trovato il suo libro di faticosa e farraginosa lettura. È una raccolta di estese, spesso prolisse, elucubrazioni sulle opere di svariati autori, di cui alcune attinenti al tema della stupidità e altre no. Contiene alcuni stimoli interessanti, ma purtroppo occorre molto impegno per decifrarli in un testo irto di complicazioni e digressioni, con un linguaggio astruso e disorientante.

Fra i libri in altre lingue ce n’è uno in inglese, pubblicato nel dicembre 2012, che non ha l’intenzione di trattare il tema della stupidità, ma “per attinenza” non può evitare di tenerne conto. L’autore è William Bouffard, l’ironico titolo è Puttin’ Cologne on the Rickshaw. Il sottotitolo spiega che si tratta di «una guida alla gestione disfunzionale e ai perversi ambienti di lavoro che ne derivano». Contiene parecchie osservazioni sulla stupidità, fra cui alcune citazioni di The Power of Stupidity. Sono online le mie traduzioni italiane di due testi di Bill Bouffard: vedi La sindrome di Alice e il post scriptum in Danni e stupidità della volgarità.

The Cure for Corporate Stupidity di Larry Bloom (2012) non è un libro sulla stupidità. È un’analisi neuro-psicologica dei mind-bugs, anomalie mentali che inducono a decisioni sbagliate nella gestione delle imprese. Fra i 176 testi citati nella sua estesa bibliografia ci sono quattro libri che riguardano la stupidità. Vedo con piacere che uno è The Power of Stupidity. Gli altri tre sono Introduction to the History of Human Stupidity di Walter Pitkin, The Basic Laws of Human Stupidity di Carlo Cipolla e Understanding Stupidity di James Welles (ho già spiegato perché anch’io li considero i migliori libri che ho letto sull’argomento).


Devo confessare che non ho letto Lo stolto di Diego Lanza (1997). Da sintesi e recensioni risulta che non è un libro sulla stupidità – è un saggio sul ruolo di personaggi, nella storia, nella letteratura e nella tradizione, che sembrano o si fingono “stolti” ma non lo sono. (Alcune osservazioni su questo argomento si trovano nel capitolo 28 di Il potere della stupidità). Anche L’idiota – una storia letteraria di Paolo Ferraro (2011) è un elogio di persone la cui diversità, considerata “idiozia” dall’opinione dominante dell’epoca, era un’illuminante qualità. Invece L’idiota in politica di Lynda Dematteo (2011) definito “Antropologia della Lega Nord” è un’analisi citica di quel particolare fenomeno.

Ci sono quattro libri di cui, almeno finora, non sono riuscito a trovare una copia. Perciò devo limitarmi a elencarli. I piaceri della stupidità di Ortensia Mancini (1987). Stupidità e scrittura di Gianfranco Marrone (1990). Intorno all’albero... la stupidità di Demetrio Casile (1993). Stupidità, ignavia, potere di Agostino Majo (1996).


Tutte le letture possono essere utili. Comprese quelle che non riguardano il tema della stupidità, ma spesso (in un modo o nell’altro) ne dimostrano l’onnipresenza. Non smetto mai di leggere, ascoltare, approfondire, cercare di imparare. Ma continuo a trovare più conferme che dubbi sui concetti che ho tentato di riassumere in un breve libro come Il potere della stupidità.



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