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Cenni di storia dei sistemi
di informazione e comunicazione



Diffusione e lettura
di quotidiani e periodici
in Italia

È insensato affermare, come alcuni amano ripetere, che l’Italia è un paese solo televisivo e che “nessuno legge”. Tuttavia c’è un problema reale: da parecchi anni la diffusione della stampa non aumenta. Nel primo grafico vediamo il numero totale di copie diffuse in un anno.


Stampa – totale copie
numeri in milioni – fonte: Ads (per il 1977 dato Istat)

totale copie
 
Nota: il numero di testate controllato dall’Ads (accertamento diffusione stampa)
è inferiore alla quantità di pubblicazioni esistenti.
Ma le testate escluse hanno una diffusione limitata e perciò incidono poco sul totale.


Nel caso dei quotidiani, benché il numero delle testate sia aumentato, la quantità totale di copie diffuse è praticamente invariata rispetto a 25 anni fa. C’era stato un aumento negli anni ’80 – ma da dieci anni c’è un lento declino.

I periodici sembrano avere un leggero aumento nel periodo più recente, ma nonostante la moltiplicazione delle testate sono ancora sotto il livello del 1977. In leggera crescita, negli ultimi dieci anni, i mensili, ma con un tasso di sviluppo molto modesto.

In generale, malgrado i molteplici tentativi di sostegno e le continue iniziative promozionali, la stampa in Italia non riesce ad allargare la sua diffusione – che è storicamente bassa rispetto a quella di altri paesi di paragonabile situazione economica e culturale. Come vediamo in questo grafico (copie di quotidiani per 1000 abitanti in 14 paesi dell’Unione europea più gli Stati Uniti).


Quotidiani in 15 paesi
diffusione per 1000 abitanti – fonte: World Association of Newspapers

quotidiani

Secondo World Press Trends nel 2002 c’erano più di 6000 quotidiani con quasi 400 milioni di copie al giorno – di cui 1.469 con 55 milioni di copie negli Stati Uniti e 1.118 con 78 milioni di copie nell’Unione Europea. Nel resto del mondo più di 3.400 quotidiani con oltre 260 milioni di copie. Il numero di testate e la diffusione nel mondo continuano ad aumentare.

Se esaminiamo i dati di diffusione in Italia (copie diffuse per ciascun numero pubblicato) l’andamento nel tempo, naturalmente, è lo stesso che abbiamo visto nel grafico delle “copie totali”– ma il quadro offre alcune altre indicazioni.


Stampa – diffusione
numeri in migliaia – fonte: Ads

diffusione

La stampa periodica sembra assestarsi su una diffusione non molto diversa, nel complesso, fra settimanali e mensili (ma suddivisa, per i mensili, su un maggior numero di testate). I mensili sembrano avere una maggiore crescita (oltre il 20 % negli ultimi dieci anni) mentre nello stesso periodo la diffusione dei settimanali è quasi invariata. Si tratta comunque di evoluzioni discontinue e di andamenti alquanto instabili.

I quotidiani hanno un declino lento, ma continuo. La loro diffusione complessiva è diminuita del 5 % rispetto al 1993 e del 15 % rispetto ai “livelli massimi” che avevano raggiunto negli anni ’80.

La linea grigia, nel caso dei quotidiani, è una stima approssimata della maggiore diffusione dovuta alle testate “gratuite” (che sono viste con ostilità da una parte dell’establishment editoriale e perciò non sono rilevate dai sistemi di verifica consorziati come l’Ads – e neppure dalle indagini sulla lettura come l’Audipress).

Come vediamo, hanno assunto una dimensione notevole, ma non sostituiscono gli altri quotidiani – né, almeno finora, sembrano avere un effetto di “trazione” che contribuisca a estendere la propensione alla lettura. Secondo i dati Istat (che non soffrono di problemi di “esclusione”) negli ultimi tre anni potrebbe esserci un leggero aumento (+ 2 %) della lettura “occasionale” di quotidiani, forse attribuibile ai “gratuiti”. Ma è in diminuzione il numero di lettori “abituali”.

Insomma, nonostante la quantità di copie stampate, i dati generali finora disponibili non sembrano dimostrare che questa “novità” abbia cambiato in modo rilevante la situazione complessiva della stampa quotidiana (e periodica) in Italia.

Ritorniamo all’andamento generale. Dopo aver esaminato i dati di diffusione, vediamo l’evoluzione del punto di vista della lettura. Le rilevazioni del numero di lettori sono, per loro natura, imprecise ed “esagerate” – e svolte con criteri non sempre direttamente paragonabili. Tuttavia sono significative le evoluzioni nel tempo.


Stampa – totale lettori
numeri in milioni – analisi Upa su dati Ispi-Isegi-Audipress

lettori

La lettura dei quotidiani sembra abbastanza stabile, con una progressiva, ma leggera diminuzione negli ultimi dieci anni. Mentre nello stesso periodo sono in più forte declino i periodici (con una leggera ripresa nel 2002-2003 la cui consistenza sarà verificabile solo nei periodi successivi).

Ma è necessario un approfondimento. In questo grafico abbiamo visto i dati di lettura “totali”. Cioè il numero di persone che dichiara di aver letto “talvolta” un quotidiano o un periodico. Il quadro assume un altro aspetto quando le risposte sono suddivise secondo la frequenza di lettura. Nel prossimo grafico vediamo, per i quotidiani, tre diverse serie di dati. Il numero di persone che dichiarano di aver letto un quotidiano negli ultimi 30 giorni, o negli ultimi 7, o in un “giorno medio”.


Lettori di quotidiani
numeri in milioni – analisi Upa su dati Ispi-Isegi-Audipress

lettori

Il numero di lettori “occasionali” sembra in leggero aumento, ma non così la lettura abituale. I lettori in un “giorno medio” erano aumentati fino al 1990, ma da allora sono diminuiti del 10 %.

Nel prossimo grafico vediamo un confronto fra quotidiani e periodici in base alla lettura di un “numero medio”.


Lettori di quotidiani e periodici
numeri in milioni – analisi Upa su dati Ispi-Isegi-Audipress

lettori

Abbiamo già visto la lenta, ma continua, diminuzione di lettura dei quotidiani Risulta più accentuata nel caso dei periodici. Negli ultimi cinque anni sembra migliorare la situazione dei mensili, mentre continua il declino dei settimanali, con una diminuzione del 20 % rispetto al 1991.

Il confronto fra i dati di diffusione e quelli di lettura sembra indicare che, specialmente nel caso dei periodici, può crescere il numero di testate lette dalle stesse persone, mentre non c’è un corrispondente aumento del numero di lettori. Anche nel mondo della carta stampata si conferma lo stesso fenomeno che conosciamo nel quadro generale della comunicazione: il divario fra i più “abbienti”, con una gamma più ricca di risorse, e i “poveri” con un orizzonte di lettura molto più stretto.

Lo sviluppo di nuovi mezzi di comunicazione e di informazione, da alcuni entusiasticamente invocata come una travolgente ondata di cambiamento, da altri temuta come un pericolo di “morte della carta stampata”, non ha un influsso rilevante su questa situazione. Come risulta dalle analisi del Censis e da altri studi, i nuovi sistemi non sostituiscono quelli preesistenti. Le persone più “ricche” di informazione aggiungono i nuovi strumenti alla loro gamma di risorse, mentre fra i “poveri” la diffusione del telefono cellulare non modifica le altre abitudini.

Questo fatto è confermato anche dai confronti internazionali. I paesi con alti indici di lettura dei giornali e dei libri hanno anche un uso più intenso dei “nuovi” sistemi. Per esempio una penetrazione dell’internet superiore alla nostra – e una diffusione un po’ meno maniacale, ma comunque estesa, della telefonia mobile.

Insomma la situazione della stampa in Italia rimane debole – e non solo non riesce a crescere, ma tende a indebolirsi. Per motivi che non dipendono dalla “concorrenza” di altre risorse, ma semmai, al contrario, da un’eccessiva “omogeneizzazione” e omologazione ai sistemi culturali dominanti. Questo è uno degli argomenti su cui gli studi del Censis offrono importanti elementi di approfondimento e di meditazione.




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