Umore e psiche

Giancarlo Livraghi – gennaio 2013

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In generale, preferisco evitare i giochi di parole. Perché ce ne sono in giro troppi
e sono spesso insensati. Spero che i lettori trovino accettabile questa eccezione,
ovviamente riferita alla metamorfosi Amore e Psiche di cui, per una recente
scoperta di antiche sculture, è di moda parlare in questo periodo.

Canova

Le sculture appena scoperte sono in restauro.
Fra le Amore e Psiche già note, la più famosa è di Antonio Canova.


Non solo in Italia (nell’imperversare di una sgangherata campagna elettorale) ma anche nel resto del mondo c’è molta confusione sulla cosiddetta “crisi economica”. Da un po’ di tempo sembrano esserci segnali di possibile miglioramento. Timidi, finora, ma non irrilevanti. Purtroppo c’è poca chiarezza nel capire se e come si possano consolidare in uno sviluppo consapevole, coerente e durevole.

Sembra anche cominciare a diffondersi, con trent’anni di colpevole ritardo e con ancora scarsa evidenza, la percezione del fatto che tutta la situazione, in tutto il mondo, è profondamente inquinata dal perverso strapotere della speculazione finanziaria. Ma continua a prevalere la tendenza a concepire i problemi – e ipotizzare le soluzioni – solo in termini di (vero o finto) denaro. Trascurando la fondamentale importanza dei fattori sociali, civili, culturali. Cioè dei valori umani.

Ovviamente i soldi sono importanti – specialmente quando mancano. La ricchezza non garantisce felicità, ma la povertà la distrugge con brutale violenza. È necessario e urgente trovare soluzioni concrete ed efficaci per aiutare le troppe persone che perdono o non trovano lavoro – o comunque soffrono per mancanza o scarsità di denaro. Ma non basta.

In molti paesi (anche indipendentemente dal reddito) ci sono gravi problemi di oppressione e ingiustizia, mancanza di libertà, feroce repressione e crudele violenza. Ma c’è diffuso e disorientato sconforto, delusione, ansia, paura, apatia, sgomento, anche dove si vive in regimi di (imperfetta ma reale) democrazia e libertà di opinione.

Malumore, malessere, depressione, disagio si infiltrano dovunque, anche dove le condizioni reali di vita non sono disperate. Basta guardarsi un po’ intorno per scoprire persone e famiglie capaci di sorridere – e impegnarsi con coraggio – anche in situazioni difficili. Mentre altre sono perennemente insoddisfatte e lamentose benché non abbiano problemi di reale gravità.

La storia ci insegna che ci sono sempre state distonie come queste. Ma è fastidiosamente diffusa, in questo periodo, una particolare epidemia di malumore. Dovuta solo in parte a problemi concreti.

C’è una preoccupante confusione in cui un’imperdonabile disattenzione a fatti gravi e davvero preoccupanti, che restano al di sotto della soglia di percezione, si mescola un’insensata ansietà per problemi gonfiati e deformati dall’esagerata insistenza sul tema della cosiddetta “crisi economica”.

Non posso evitare di riassumere qui, con la massima sintesi possibile, cose che ho già scritto in mesi e anni scorsi. Come la falsità degli allarmi, insieme alla disattenzione per i veri problemi da risolvere, nell’esasperante distorsione della “crisi” in Italia e in Europa (mentre è evidente che si tratta di un problema mondiale).

C’è chi ne approfitta. Come i “molto ricchi” e potenti che lo diventano ancora di più con le manipolazioni finanziarie. I tanti che con la scusa della “crisi” licenziano, sfruttano, opprimono, pagano poco e tardi. Gli ancora più numerosi che cadono in depressione anche quando non sono davvero danneggiati, perdono coraggio e speranza. Si spegne la voglia di fare, di imparare, di impegnarsi, di costruire, nella desolante percezione che comunque è inutile perché ogni tentativo sarebbe frustrato dalla “crisi”.

C’è anche una altrettanto diffusa tendenza ad “arrabbiarsi” in modo generico e confuso, con il pessimo risultato di sfogarsi in proteste senza capo né coda. E di scaricare il proprio malumore sulle persone più vicine, proprio quelle con cui è desiderabile e importante il massimo possibile di affetto, comprensione e reciproco sostegno.

Sarebbe stupido, naturalmente, credere che un miglioramento di umore possa essere una bacchetta magica capace di risolvere miracolosamente tutti i problemi. Ma è un ingrediente necessario per cambiare prospettiva. Passare da una passiva rassegnazione a una dinamica voglia di fare.

Può essere eccessivo l’ottimismo di chi mette in evidenza le (non poche) cose che stanno concretamente migliorando. (Vedi “L’anno 2012”). Ma è un fatto che stiamo vivendo in una fase diversa da tutte quelle precedenti nella storia dell’umanità. Con più grandi e più difficili problemi. Ma anche con possibilità di sviluppo e miglioramento che in passato sarebbero state inimmaginabili.

Insomma il piagnisteo, la depressione e il disimpegno servono solo a peggiorare la situazione. L’esito di un comportamento più attivo e costruttivo è imprevedibile. Ma certamente rende la vita meno noiosa e più interessante.

*     *     *

Fin qui, si è parlato di umore. Ma si tratta anche di psiche. Nel senso clinicamente definito di patologia mentale. Come ho spiegato in alcuni testi precedenti. A cominciare dalla stupidità del potere. Che non è solo una forma particolarmente nociva di stupidità, ma si può anche considerare come una sindrome contagiosa.

Fa parecchi danni anche l’avara e autodistruttiva “sindrome di Arpagone”. Ma sono ancora peggio i “serpenti velenosi” che gestiscono, su scala mondiale, la speculazione finanziaria. Sono precisamente identificati come «psicopatici afflitti da una condizione biochimica geneticamente ereditata che li rende incapaci di avere una normale empatia umana». (Come è spiegato alla fine di C’era una volta il mercato).

Cioè questi mostri disumani «crescono come squali e rischiano di uccidere l’economia mondiale». L’inquinamento è profondo, ma eliminarlo non è così difficile come può sembrare. La psicopatia dei giocolieri finanziari è probabilmente incurabile, ma non si tratta di tentare di guarirli. Basta, più semplicemente, escluderli totalmente dal gioco e così metterli in condizione di non nuocere. E sarebbe utile esplorare i tax havens in cui hanno nascosto una enorme quantità di soldi – per recuperare, almeno in parte, il maltolto.

Come dicevo all’inizio, è sconcertante che per trent’anni i governi e le autorità di controllo finanziario di tutto il mondo abbiano ignorato questa crescente patologia. Ora sembra che si cominci ad averne qualche percezione. Ma sono ancora scarse ed esitanti le attività per risolvere il problema.

C’è una particolare concentrazione della psicopatia egotistica e “incapace di empatia” nella perversa oligarchia degli speculatori finanziari. Ma se ne è tristemente constatata la crescente presenza anche in altri centri di potere, al vertice di imprese e organizzazioni, pubbliche e private. Dovunque sia, porta alla perdita della nozione di responsabilità, sacrifica e distrugge ogni spirito di collaborazione e ogni possibilità di motivazione.

Così si mortificano le più valide risorse umane. I sistemi malgovernati tendono all’autodistruzione – e intanto infettano e inquinano gli ambienti e le comunità umane con cui hanno rapporti.

Occorre capire che non si tratta solo di etica, correttezza, cortesia e civiltà. L’empatia non è “altruismo”. È una risorsa necessaria e insostituibile per l’efficienza e lo sviluppo di ogni impresa, organizzazione o comunità umana. È un fatto abbondantemente dimostrato che è una qualità intrinseca alla natura della nostra specie e una condizione indispensabile per la nostra sopravvivenza ed evoluzione.

Non è un ingenuo sogno poetico, né una bonaria illusione, credere che l’armonia sia alla radice di ogni vero progresso. Trovarla e coltivarla può non essere facile, ma è necessario. Specialmente in una fase turbolenta e confusa come quella in cui oggi ci troviamo – aggravata da un’insidiosa epidemia di depressione, delusione, malumore, astio, apatia, distonia e scriteriata conflittualità. Che non solo peggiorano il malessere e la sofferenza, ma rendono anche molto più difficile e faticosa la soluzione dei problemi.


empatia
Sull’importanza dell’empatia vedi in Uomini e topi



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