Offline Riflessioni a modem spento


La stupidità
del “giovanilismo”

luglio 2007



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e tre libri:
  La coltivazione dell’internet  
L’umanità dell’internet
Il potere della stupidità
 
 

 

Disponibile anche in pdf
(migliore come testo stampabile)




Per la seconda volta Giovanni Sartori si preoccupa di un problema che riguarda la stupidità umana. L’aveva fatto il 15 agosto 2006 in un articolo intitolato L’intelligenza decrescente (vedi La stupidità sta crescendo?). Questa volta affronta il tema in modo meno diretto, ma è chiaro che i pregiudizi e i luoghi comuni di cui parla sono una forma di stupidità.

L’articolo di fondo nel Corriere della Sera del 14 luglio 2007, con il titolo La favoletta del giovanilismo, è in parte riferito alla complessa vicenda del sistema pensionistico. Che è, in sé, molto stupida. Come avevo scritto dieci anni fa in un articolo online – e più recentemente nel capitolo 3 di Il potere della stupidità.

«L’invecchiamento della popolazione era una tendenza evidente da mezzo secolo. Non ci voleva un genio della statistica per “prevedere” il peso crescente sul sistema pensionistico. Non solo non si è fatto nulla per alleviare il problema, ma si è fatto molto per peggiorarlo. Si è cominciato a pensarci quando la situazione era già gravemente compromessa – e si sta ancora discutendo su come trovare una soluzione». Dieci anni più tardi, la situazione è ancora molto confusa.

Ma c’è un altro tema rilevante nell’articolo di Giovanni Sartori, di cui questo è l’inizio.

«Gi animali non prevedono e vivono senza sapere che moriranno. Invece l’homo sapiens sapiens ha la capacità di prevedere, di vedere anzitempo. Una capacità che però adopera poco e male. Anche se siamo pre-vedenti, non ne consegue che questo sapere ci renda “previdenti”, attesi a provvedere per tempo».

Può non essere vero che altri animali siano del tutto incapaci di “pre vedere”. Ma ciò che qui ci interessa è il comportamento umano. Siamo inondati di “previsioni” azzardate, raramente confermate dai fatti. Mentre accade, troppo spesso, che si trascuri ciò che è davvero prevedibile – nel senso di cose già avvenute, o di situazioni in atto, di cui (in un modo o nell’altro) sarà inevitabile subire le conseguenze. Gli esempi sono così ovvi, e abbondanti, che spero sia inutile citarli.

Ma veniamo all’argomento specifico. Giovanni Sartori lo spiega così.

«Prendiamo il “giovanilismo” espresso dal detto “largo ai giovani”. Non ha mai risposto alle aspettative (anzi), ma passa e ripassa lo stesso. L’idea è che la storia è creata da energie giovani, e che gli anziani sono la zavorra che la blocca».

«Questa idea – continua Sartori – è tornata di moda anche di recente. A tal punto che Carlo Azeglio Ciampi, classe 1920, eletto presidente della Repubblica a 79 anni, oggi raccomanda che i politici si ritirino a 55 anni. Secondo lui, “basta vecchi”. A questa stregua, lo avremmo perso anche come capo del governo, visto che lo divenne a 73 anni, con diciotto anni di vecchiaia di troppo».

Lasciamo perdere i riferimenti a singoli personaggi (compreso Giorgio Napolitano, che ha 82 anni e certamente si giova, nello svolgimento del suo compito, della lunga esperienza – ma talvolta cade anche lui nella retorica del “giovanilismo”). E vediamo il problema generale, così definito da Sartori.

«Frivolezze a parte, il fatto è che il giovanilismo è un caso da manuale di miopia e stupidità predittiva». I vecchi rimangono vecchi, mentre i giovani inevitabilmente invecchiano – e così, se il concetto del “giovanilismo” fosse accettato, sarebbero condannati ad avvicinarsi continuamente all’obsolescenza. «Il punto è, allora, che il giovanilismo si risolve, alla distanza, in un autolesionismo e in un boomerang che ci ricade addosso». Ma non è solo quello il motivo per cui l’idea è insensata.

Quella che Sartori chiama, giustamente, «la generale stupidità esistenziale del giovanilismo» si manifesta anche, e soprattutto, in una definizione sbagliata dei problemi e delle possibili soluzioni.

Se improvvisamente tutti i politici fossero di venti o trent’anni più giovani, rischieremmo di perdere (almeno nei migliori) un utile capitale di esperienza, mentre molto probabilmente i “giovani”, formati nelle stesse (spesso perverse e sciocche) abitudini avrebbero gli stessi difetti dei vecchi – con l’aggiunta di una presuntuosa e pericolosa arroganza, l’illusione di essere “nuovi” (o migliori) solo perché hanno qualche anno in meno. E con l’aggravante di non sapere perché e come si è arrivati a tante distorsioni oggi dominanti. (Molti “giovani” già arrivati in politica confermano abbondantemente questo problema).

Ma non si tratta solo della politica. In ogni settore è diffuso il pregiudizio. Già a cinquant’anni molti sono considerati “vecchi” e perciò inutilizzabili – spesso sostituiti da “giovani” che non solo non hanno la loro esperienza, ma neppure le loro qualità.

Questa è la conclusione nell’articolo di Giovanni Sartori.

«Resta che il problema resta. Perché l’età anagrafica non è, di per sé, indicativa di nulla. Ho conosciuto moltissimi maestosi imbecilli di tutte le età, così come persone che restano intelligenti a 90 anni. Pensionare a 55 anni il cervello di chi lo ha, per insediare il cervello di chi non lo ha, è una delle idee più insensate e nocive che io ricordi (alla lunga anche per chi la applaude da giovane)».

Il “giovanilismo” è anche una scappatoia: cioè un modo falso (che sia un’intenzionale bugia, o involontaria stupidità, il risultato non cambia) per fingere di risolvere problemi di tutt’altra natura. Come dice Sartori. «Chi ha altre idee si faccia avanti. Ma non raccontandoci la favoletta che esista un’età giusta e uguale per tutti».

Giovanni Sartori ha 83 anni (il suo livello di lucidità è evidente – e superiore a quello di molti giovani). Io ho pochi anni di meno (e non mi sembra di essere rimbambito). Siamo influenzati dalla nostra situazione personale? Credo proprio di no. Ma mi sembra opportuno “sfatare il sospetto” che uno di noi stia ragionando pro domo sua. Il problema non è individuale. E nemmeno “di categoria”.

Una fondamentale stupidità sta nell’affrontare il tema come contrapposizione fra “giovani” e “vecchi”. A cominciare dal fatto che la definizione è soggettiva. Un adolescente può considerare “vecchia” una persona di vent’anni, mentre chi ne ha novanta può giustamente dire a un ottantenne «tu che sei giovane....». Ma soprattutto è sbagliato definire il problema in termini di conflitto (cadendo, inevitabilmente, in un’infinità di malintesi, pregiudizi e melensi luoghi comuni).

Se il “giovanilismo” è una sciocchezza, non è sensato neppure (come è stato “regola” in molte società del passato – e in alcune accade ancora oggi) imporre a priori un predominio degli anziani. È vero che l’esperienza è importante (e troppo spesso se ne sottovaluta il valore) ma non è ragionevole ostacolare i giovani quando hanno la capacità di assumere responsabilità superiori a quelle abitualmente attribuite alla loro età.

Conosco vecchi che hanno una vitalità intellettuale superiore a molti giovani. E conosco giovani che hanno una mentalità convenzionale, antiquata, intrinsecamente vecchia, anche quando sembra “giovanilistica” solo perché sta seguendo qualche stupida moda.

Conosco, d’altra parte, persone “promosse per anzianità” a ruoli che non meritano, dove potrebbero essere sostituite da chi ha capacità migliori, anche se un “curriculum” più breve.

Il fatto è che ogni criterio generico è insensato. L’importante è che a ognuno sia offerta la possibilità più adatta a ciò che è in grado di fare.

Per tutti... occorre capire che l’esperienza conta, che la “maturità” non è solo un esame scolastico o una misura convenzionale – ma nessuno, mai, può presumere di “saperne abbastanza”. Per quanto preparati si possa essere su qualsiasi argomento, si rischia di diventare rapidamente stupidi se si dimentica che “non si finisce mai di imparare”.

“Largo ai vecchi”, dunque. Ma non perché la vecchiaia sia un privilegio (lo è, per molti aspetti, la gioventù... ma poi col tempo passa... e se non si hanno altri valori si diventa, o si rimane, nessuno). È perché tutti, se ne hanno la capacità, devono essere incoraggiati a dire e a fare. Senza alcun genere di preconcetta discriminazione.

Insomma invece di indulgere in artificiosi conflitti, da cui non è mai uscito qualcosa di buono o di utile, è molto più interessante capire che ogni persona è diversa dalle altre, che nessuno è “classificabile per schema” – e che cercare di capirsi fra “diversi” è un arricchimento per tutti.

È difficile? No. Ma occorre liberarsi delle banalità convenzionali e avere una sincera, umana, insaziabile voglia di capire. Cominciando con la (purtroppo rara) capacità di ascoltare.





Su questo argomento vedi anche
 
I vecchi, l’informazione e la comunicazione
 
(In particolare Un problema o una risorsa?)




Un testo di straordinaria qualità sul valore delle persone,
indipendentemente dall’età e dal ruolo,
ma con un importante contributo dell’esperienza,
è stato scritto nel 1920 – ed è oggi, più che mai, di attualità.
 
Vedi Brown’s Job


 



Sul problema del “ giovanilismo“
c’è una ironica vignetta di Giuseppe Novello
pubblicata nel 1937 in Che cosa dirà la gente?


IL BAMBINO PRODIGIO

bambino prodigio

Nel suo primo e nel suo ultimo concerto




indice
indice della rubrica


indice
indice della sezione


Homepage 
Gandalf
home