Offline Riflessioni a modem spento


Meno e meglio
 
(prima parte di un ragionamento in due puntate)

gennaio 2003

also available in English



  Giancarlo Livraghi

gian@gandalf.it
 
Per altre osservazioni vedi
il mercante in rete
e altre rubriche online
e due libri:
  La coltivazione dell’internet  
e L’umanità dell’internet
 
 

 



Cominciano a diffondersi seri dubbi sul valore di un’indiscriminata economia e cultura dell’abbondanza e dell’esagerazione. Non sono “moralismi” né dietologie. Non sono ideologie dell’ascetismo o dell’astinenza. Sono considerazioni pratiche, voci provenienti dal mondo delle imprese e della comunicazione d’impresa.

Less and better, si dice e si scrive. Oppure less is better. Due affermazioni apparentemente simili, ma concettualmente diverse. In italiano la differenza è solo un accento sulla “e”, ma per capire di che cosa stiamo parlando mi sembra necessario sottolineare la diversità di significato.

Vorrei premettere che non si tratta di “eliminazione del superfluo”. È un diritto umano desiderare (e se possibile avere) anche ciò che non è “di prima necessità”. C’è sempre il rischio che l’etichetta del “superfluo” sia posta su cose che non lo sono. Come la cultura, la conoscenza, la libertà, la curiosità – anche il piacere e il divertimento. Il fatto che siamo sprofondati in una sovrabbondanza dell’ingombrante e dell’inutile non può autorizzare alcuna repressione delle libere scelte personali.
(Vedi Il superfluo obbligatorio).

“Ciò premesso”, vediamo il primo dei due concetti: less and better. L’idea corre per il mondo, in tante situazioni diverse – ma guardiamo l’Italia. Cinquant’anni fa stavamo uscendo da un’antica storia di povertà. Anche altrove prevaleva il more and more, ma in particolare da noi “più e più” era il concetto dominante. Avere di più, di qualsiasi cosa, era un cambiamento desiderabile per chi veniva dall’aver sempre avuto troppo poco. Poi, un po’ per volta, anche in Italia si è imparato a badare alla qualità oltre che alla quantità. More and better. “Più e meglio”.

Siamo entrati in una terza fase, che si chiama less and better, “meno e meglio”. Non solo per evitare sprechi di denaro, ma anche perché non c’è più posto per le cose inutili. Manca lo spazio, non sappiamo dove metterle. Manca il tempo per badare a troppe cose accavallate che richiedono la nostra attenzione.

Di questo si è avuta una percezione nel periodo degli acquisti natalizi. Ma non si tratta solo di una momentanea fase di prudenza. C’è una tendenza profonda, con radici ed effetti di lungo periodo. Sembra ancora dominante la tesi del “più e più” esasperato e a tutti i costi, ma è venuto il momento di capire che ci sono altre strade, più solide, più concrete, più durevoli.

Non è la fine dell’economia dei consumi. Si tratta di puntare sulla qualità, sul valore, sul servizio. E, se questo si applica a ogni cosa, è particolarmente significativo per il mondo dell’informazione e della comunicazione. Specialmente online, dove la sovrabbondanza del nulla è particolarmente fastidiosa e deludente, dove la qualità (del prodotto, del servizio, della relazione) è più immediatamente percettibile.

Fra spamming e invasività, orpelli ed esibizionismi, la retorica dell’abbondanza sta precipitando verso il suicidio. È un’ottima occasione per chi ha la voglia e la capacità di impegnarsi nella direzione opposta: un po’ meno, ma molto meglio. Vista la qualità delle proposte più diffuse... fare meglio non è difficile. E può essere molto premiante.

I dati sull’internet ci dicono che la quantità c’è e che (con qualche variazione di tendenza) continua a crescere. C’è un grande e insoddisfatto bisogno di riempirla di qualità.

Fin qui... abbiamo visto una faccia del problema. In un prossimo numero questa pagina sarà dedicata all’altro aspetto. Cioè ai modi in cui less is better – meno è meglio. All’importante valore che può essere aggiunto sulla strada del “meno”: togliere invece di aggiungere, semplificare invece di complicare.


 

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