gassa

I nodi della rete
gennaio 2005


Comunicazione,
umanità e tecnologie

 
di Giulio Meazzini

Questo articolo è stato pubblicato su Città nuova
il 10 gennaio 2005 con il titolo
“La sferza di Gandalf”
 
È una sintesi di un’intervista del novembre 2004



Intervista con Giancarlo Livraghi,
uno dei padri italiani dell’internet



È una sera piovigginosa d’autunno, a Milano. L’appuntamento è in una piazzetta del centro, vicino al giornalaio. «Se vedi un vecchietto con la barba, quello sono io»: così si è descritto Giancarlo Livraghi per farsi riconoscere. Andiamo a mangiare una pizza per conoscerci più da vicino; c’è anche Emilio, un giovane cineoperatore che riprenderà il nostro colloquio come contributo per il congresso di NetOne ormai alle porte. Giancarlo mangia senza fretta e parla volentieri della sua vita e dei suoi ideali; ha lo sguardo franco e leggermente ironico di chi molto ha vissuto e sa guardare la realtà con partecipazione, ma anche con distacco. Ho l’impressione di essere davanti a una di quelle persone “sagge” di cui si è perso lo stampo in questo nostro mondo frenetico. Ci trasferiamo nella sua casa: ampia, accogliente, piena di libri e poco altro di essenziale. Emilio sistema le luci, ci sediamo sul divano, uno di fronte all’altro. Due amici in dialogo.


Giancarlo Livraghi, si potrebbe definirti la coscienza critica dell’internet e non solo. Chi è Gandalf, chi sei tu?

«Gandalf è il personaggio del libro Il Signore degli anelli che ho letto quarant’anni fa; poi è diventato il nome di una barca a vela e da lì è nata la storia. Chi sono io lo devo ancora capire; il giorno in cui l’avrò capito allora vorrà dire che ho finito».


Hai un sito (gandalf.it) che è uno dei più interessanti per dare un’occhiata al mondo in evoluzione degli strumenti di comunicazione moderni. Sei ottimista o pessimista su questa tecnologia che ci insegue, ci sopravanza, non ci dà tregua...?

«La tecnologia è un strumento. Secondo me stiamo facendo un po’ troppa retorica sulle tecnologie. Le regole fondamentali sono due. Una è che la tecnologia deve essere al servizio delle persone e mai viceversa. (E si sta facendo un gran viceversa, con risultati pessimi). L’altra è che la tecnologia migliore per ottenere un determinato risultato è la più semplice. Le grandi soluzioni sono sempre molto semplici. Fare le cose complicate è facilissimo, è farle semplici che è difficile».


Il singolo si trova di fronte a tutte queste invasioni tecnologiche. Che prospettive ci sono? Dove stiamo andando?

«Dipende da noi. Il problema non è la tecnologia, ma cosa ne facciamo. Abbiamo risorse che non avevamo, che usate bene sono molto utili; la gente vive più a lungo perché la medicina, che non è affatto perfetta, ci permette di vivere non solo più a lungo ma anche meglio, quando siamo capaci di usarla e dove è disponibile. Le risorse ci sono, le stiamo usando bene? Questa è la grande domanda».


E allora appunto, tv spazzatura ...

«La televisione non è spazzatura, è un strumento che, se usato bene, è ottimo. La stiamo usando in modo abituale da circa cinquant’anni, che nella storia dell’umanità sono niente. Non abbiamo ancora capito cosa è la televisione. È diventata molto ripetitiva, fa sempre le stesse cose; è fatta male perché è in mano a un salottino di quattro persone che parlano fra loro e non sanno più assolutamente niente di chi siamo noi...».


Non sanno niente del mondo vero...

«Questi vivono in un mondo a parte, si raccontano quattro balle fra di loro, sono persi, isolati dal mondo, saranno anche ricchi ma sono dei poveri di spirito. A me fan pena questi qua».


Invece l’internet?

«Beh, non c’e’ un “signor Internet”, nessuno è “proprietario” della rete – mentre i grandi sistemi informativi sono paurosamente omogeneizzati. È impressionante; una notizia parte in un certo posto ... (generalmente parte dall’America, ma non è colpa degli americani). Parte da un certo punto, e tutto il mondo ripete quella notizia in quel modo. Guarda i giornali, ci sono cento quotidiani in Italia, dicono quasi tutti la stessa cosa. La notizia è quella che una certa fonte dà e non è sempre la più importante. L’arte di leggere un giornale è di scoprire che la notizia più importante sta a pagina 48 in un trafiletto e non in prima pagina».

«Per la televisione, in Italia è ancora peggio che altrove, ma è un po’ così dappertutto, in buona parte anche per la stampa. Per l’internet invece nessuno ancora è riuscito a diventare padrone; ci hanno provato in tanti e continuano a provarci, ma non ci è mica riuscito nessuno. E quindi è ancora uno strumento abbastanza aperto».


Si facevano tante previsioni anni fa su come sarebbe diventata l’internet.

«Di tutte le previsioni che sono state fatte non se ne è avverata mezza. Nessuno aveva previsto l’internet, neanche quelli che l’hanno fatta, nessuno aveva previsto la televisione, nessuno aveva previsto il personal computer, tutti beni che abbiamo, e quando sono cominciati questi fenomeni... potrei fare una antologia di previsioni di cui non se ne è avverata mezza. Tra l’altro la rete si è messa a crescere molto energicamente nel preciso momento in cui hanno smesso di dire che aveva una crescita esponenziale che non ha mai avuto».


Cosa è l’internet oggi, a cosa assomiglia?

«La grande forza è che somiglia molto ad una conversazione privata, è un sistema per scrivere agli amici, per scoprire, per trovare una persona che credevi di non trovare invece la trovi, per trovare un’informazione che era difficile trovare invece la trovi. Non è facilissimo, però accipicchia oggi si riesce a trovare in rete in magari mezz’ora, un giorno (ma raramente in tre secondi) qualcosa che se no dovevi fare sei mesi di ricerca in biblioteca. Quindi questi valori ci sono. Pensiamo al fatto per esempio che nel preciso momento in cui i profeti dicevano: “Non ci sarà mai più niente gratis”, alcune grandi università americane hanno messo gratis in rete tutto quello che avevano. Oggi la quantità di informazione disponibile è impressionante: c’è un sacco di robaccia, ma c’è anche un sacco di roba buona».


Tu hai scritto che l’internet assomiglia a un sistema biologico, che intendi?

«La rete ha la struttura di un sistema biologico. Ma soprattutto è fatta di persone, non di macchine. Se, lasciando al loro posto tutte le macchine che ci sono, togliessimo le persone la rete sparirebbe, non ci sarebbe più; se togliessimo tutte le macchine e lasciassimo le persone, s’inventerebbero qualcosa e rifarebbero la rete. La rete sono le persone. E sono le persone che hanno, ognuno un po’ a modo suo, scoperto che possono interagire fra di loro, da uno a uno, in gruppi, gruppetti, forum, liste, cose... di tutto, grandi, piccole, molto piccole. Ecco molto importante il piccolo...».


Cioè?

«Noi pensiamo che la storia sia stata fatta dai grandi eventi, dai Napoleone. Milioni di poverini che sono morti per Napoleone non contano niente e invece sono loro che hanno fatto la storia. La storia è fatta di una grande somma di piccoli eventi. In questo momento abbiamo un macrosistema, un sistema culturale, politico, economico, tecnologico, ecologico allo sfascio. Sta funzionando malissimo. Mentre abbiamo una quantità incredibile di abilità, intelligenza, dedizione, forza, nei piccoli fenomeni. Se andiamo a guardare i piccoli si scopre che in Africa, che è uno dei posti peggio governati mai esistiti nella storia, c’è gente che sta facendo cose straordinarie, e di cui non parla nessuno. E questo non è vero solo in Africa ma anche a trecento metri da qui. Io credo che la grande risorsa in questo momento sia il piccolo, la grande somma di tante cose piccole; e l’internet è uno strumento abbastanza adatto proprio per questo, perché puoi agire molto bene su piccola scala».


Tu in fondo hai fiducia nella natura umana, nonostante il libro che hai scritto... sul potere della stupidità.

«È l’unica risorsa che abbiamo. Non è che ho fiducia o sfiducia nella natura umana. Che cos’altro abbiamo se no?... Quindi su quella dobbiamo puntare. E poi non siamo sempre stupidi, egoisti, malvagi. Bisogna riuscire a far valere i valori positivi della natura umana... e qui non parlo solo di grandi valori, ma anche di “piccole” cose come il buonumore, l’allegria, il sorriso...».


Quindi volendo sintetizzare i consigli per gli addetti ai lavori, per le persone che si occupano di comunicazione, cosa diresti?

«Cercate di rispettare gli altri. Una delle cose disastrose è il circolo vizioso della stupidità: siccome io penso che tutti gli altri sono stupidi, li tratto da stupidi. Così quelli si convincono che io sono stupido e facciamo la grande banda degli stupidi, e saremo stupidi a vicenda. Questo sta succedendo, proviamo a ribaltarlo. Si possono ottenere risultati di qualsiasi genere – che siano umani, spirituali, commerciali o politici – trattando la gente non da stupida. Dovremmo avere più rispetto per gli altri, perché se noi trattiamo l’altro da scemo alla fine diventiamo scemi anche noi».


E verso la tecnologia?

«La tecnologia deve essere tenuta in rigorosa schiavitù: dobbiamo abolire la schiavitù umana e mantenere in assoluta, incrollabile schiavitù... le macchine. Non dobbiamo avere compassione per le macchine: devono tacere, obbedire ed esserci utili – o andare a ramengo. Sono loro gli schiavi, non noi».


Giulio Meazzini



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