La chiave del successo
con le nuove tecnologie
è la gestione delle relazioni

Un incontro di Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it con Arno Penzias

Ottobre 1999



 
 
 

______________________________________________________________________________

Arno Penzias ha vinto il premio Nobel per la fisica nel 1978, insieme a Robert Wilson, per i suoi studi di astrofisica, cosmologia e radioastronomia. Per 37 anni ha lavorato ai Bell Laboratories, di cui ha diretto le attività nella scienza della comunicazione – e di cui è ancora consulente. Si occupa anche di venture capital a Silicon Valley, come partner della New Enterprise Ventures. Nel corso degli anni ha scritto (oltre a due racconti di fantascienza) pi ù di cento articoli scientifici e due saggi, di cui uno è tato pubblicato anche in italiano: Come vivere in un mondo high-tech: per un uso umano del computer (Bompiani, 1989). Il suo libro più recente Digital Harmony: Business, Technology and Life after Paperwork (Harper-Collins, 1995) analizza il corso della rivoluzione informatica e il suo probabile impatto sul nostro ambiente di lavoro.

______________________________________________________________________________

.



A Milano, il 5 ottobre 1999, Arno Penzias non ha parlato di astrofisica. Si trattava delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione; di come potranno cambiare la nostra vita nei prossimi dieci anni; e di come cambiano i rapporti fra le imprese e i loro clienti. Ho ascoltato con molto interesse la sua presentazione. Il giorno dopo ho avuto un colloquio con lui – più uno scambio di idee che un'intervista. Si è parlato di tante cose; cerco di riassumere qui alcune delle osservazioni più rilevanti.

Il convegno, organizzato da Mediaforce, si chiamava Insight 2010 – Una storia di tecnologie ed esseri umani. La relazione di base era quella di Arno Penzias, con alcuni collegamenti in teleconferenza. Da Tokyo Masayoshi Morimoto, "Corporate Senior Executive Vice President" della Sony Corporation (in fatto di "titoli" complicati i giapponesi sono ancora peggio degli americani). Ha parlato di videogiochi e sembrava più interessato a vendere i suoi prodotti che a ragionare su umanità e tecnologie... se questo è un esempio dalla cultura giapponese, non è da lì che vengono le filosofie del domani. Da Stoccolma Carl-Göran Hedén, Executive Director della Biofocus Foundation, ha portato la testimonianza dell'avanzata cultura scandinava, specialmente per quanto riguarda l'informatica e la telematica nella scuola. Da Zurigo il famoso architetto Mario Botta, un po' scettico sulla "casa tecnologica"; con passione e intensità ci ha ricordato che la casa dev'essere fisicamente abitabile e non deve cambiare troppo, perché è la culla delle nostre radici e della nostra continuità umana. Infine – con un "colpo di teatro" che (prevedibilmente) ha colto la fantasia dei giornalisti – da Summit, New Jersey un "imprenditore" americano che in realtà è un ragazzino di 12 anni.


Nuove tecnologie e cultura agricola

La concezione dell'internet come biologia e agricoltura è un tema che considero molto interessante; è uno dei fili conduttori di un libro che ho appena finito di scrivere. Anche Arno Penzias ha ribadito lo stesso concetto. Le concentrazioni urbane e la centralizzazione del lavoro, portate dalla rivoluzione industriale, sono una breve parentesi nella storia dell'umanità. Con i nuovi sistemi di comunicazione e di organizzazione non si ritorna all'economia agricola, ma all'unione lavoro-famiglia e alle piccole comunità residenziali; cioè al modo di vivere degli agricoltori.

Quando mio figlio era piccolo – racconta Penzias – mi vedeva uscire con i giocattoli per portarli ad aggiustare; così credeva che il mio mestiere fosse riparare giocattoli. Ora lui e sua moglie gestiscono una casa editrice; hanno l'ufficio in casa e a turno si occupano dei bambini. I miei nipotini non hanno dubbi su che mestiere facciano i loro genitori, perché li vedono al lavoro. Come è sempre stato nelle famiglie dei contadini.

Anche uno scienziato della tecnologia ci conferma che i valori umani devono essere l'elemento dominante. Le soluzioni tecniche hanno senso e utilità solo se sono a servizio delle persone; e delle organizzazioni e comunità umane, nella società come nell'economia.


Il cambiamento nelle imprese

Come tanti altri studiosi, anche Penzias è convinto che la network economy renda più urgente e importante quel cambiamento di cui si parla da tanti anni (ma finora con scarse applicazioni pratiche) nella struttura e nel metodo di lavoro delle imprese. Dice che anche le aziende più grandi dovranno abbandonare il modello organizzativo centralizzato, a "palla di neve", per cui il lavoro è in gran parte orientato all'interno; per adottare un modello "a fiocchi di neve", in cui ciascun fiocco è a contatto diretto con l'ambiente circostante, con le esigenze dei clienti, con i mutamenti tecnologici e culturali.

Quando l'ho incontrato il giorno dopo abbiamo ragionato un po' insieme su questo tema, ricordando che se ne parla fin da quando Cyril Northcote Parkinson pubblicò La legge di Parkinson nel 1957 – un "classico" che merita di essere riletto oggi, insieme a quell'altro testo "storico" che è Il principio di Peter (Laurence J. Peter e Raymond Hull, The Peter Principle, 1969).

Arno Penzias è molto scettico sulla tendenza, imperante in Italia come in America, delle grandi fusioni e concentrazioni. Ha ricordato la classica battuta: Quanto vuoi per il tuo cane? Dieci miliardi. Bene, ti offro due gatti da cinque miliardi... Queste fusioni non funzionano mai, ha detto con una certa durezza. Infatti dopo che si sono fusi si mettono quasi sempre a smembrarsi, per poi rifondersi in qualche altro modo e rismembrarsi; e nessuno si occupa di far funzionare davvero le cose.

Il problema, dice Penzias, è che i grandi manager delle grandi imprese ormai hanno solo tre leve. Le prediche sulla corporate culture e sulla mission; sempre più vuote e meno significative, perché fra fusioni e acquisizioni la cultura d'impresa si dilegua e non ci crede più nessuno Il downsizing, cioè le riduzioni di personale. E le fusioni e concentrazioni, che non servono a nulla ma sono l'unico strumento forte con cui possono giocare. Ovviamente mi ha fatto pensare a varie vicende di casa nostra...


Cresce il potere del cliente (o "consumatore")

The empowered customer. Clienti sempre più esigenti, sempre più agguerriti e preparati, sempre meno passivi "consumatori". Lo sentiamo dire spesso; e il fatto è che non sono chiacchiere. Anche Penzias ha ribadito, alla conclusione del suo intervento, che questo è il problema più importante. Le imprese non sono preparate al cambiamento degli equilibri. Forse sperano che siano solo ipotesi, o una "fase passeggera" come tante altre. Ma non è così. È una tendenza forte, che si farà sentire in modo sempre più evidente nei prossimi anni.

Questa evoluzione non nasce dalle tecnologie; è il frutto di una maturazione culturale ed economica in corso da parecchi anni. Ma l'internet è lo strumento che rinforza e accelera la tendenza. Si parla tanto di come la rete può essere usata per vendere; ma è più importante capire come può essere usata per comprare.

La rete è anche lo strumento che le imprese possono usare per risolvere il problema. Se non si limitano a "metter su un sito web" ma capiscono molto più a fondo quali sono le possibilità di gestire relazioni. Non a caso si pubblicano proprio in questo periodo libri come The Caring Economy di Gerry McGovern, High tech - High touch di John Naisbitt, Permission Marketing di Seth Godin. Ed è venuto a Milano un protagonista dei più estremi avanzamenti scientifici e tecnologici per ricordarci che la rete è fatta di persone – e che una maggiore attenzione verso chi compra è la chiave delle strategie d'impresa nella nuova economia.



La lampada di Aladino e l'interprete tecnologico

L'ipotesi non è nuova. Anche altri parlano dell'utilità di un "interprete" che superi la barriera dell'incomunicabilità fra persone e macchine. Ma credo che valga la pena di approfondire questo problema, che è stato il tema centrale della presentazione di Arno Penzias a Milano.

Confesso che questa ipotesi mi lascia qualche dubbio. Mi fa venire in mente un bel racconto di Isaac Asimov (Insert Knob A in Hole B – 1957). Un gruppo di scienziati, su un lontano pianeta, riceve periodicamente dalla terra nuove attrezzature; smontate per risparmiare spazio e accompagnate da manuali incomprensibili. Dopo mesi di disperazione nel tentativo di "assemblare" macchine e strumenti, dalla terra comunicano che non la successiva spedizione manderanno un robot montatore. Che puntualmente arriva; smontato e con un manuale incomprensibile.

Ma prima di parlare dei miei dubbi, vediamo che cosa ci ha spiegato Penzias. Supponiamo, dice, che abbiate la lampada di Aladino. Spunta il genio, che deve soddisfare tre desideri. Ma capisce solo l'arabo. Ci vuole un interprete. Nella casa-ufficio tecnologica di domani ci saranno tante bottiglie che conterranno tanti geni, per soddisfare tanti desideri ed esigenze. Con altrettante lingue più o meno incomprensibili.

Perché la nostra vita non diventi un'infernale torre di Babele, ci vuole un interprete centrale che sappia tutte le lingue di tutti i genietti in tutte le bottiglie – e che s'intenda molto bene con noi. Cioè un computer che impari progressivamente a capire il nostro modo di pensare, le nostre esigenze, le nostre abitudini; e ci sostituisca nel comunicare con tutte le altre macchine. Dovremo passare un po' di tempo a insegnargli tutto ciò che vogliamo, la lo faremo una volta sola: penserà lui, poi, a educare tutti gli altri meccanismi. E quando installeremo qualcosa di nuovo (o quando qualcosa si guasterà) non ce ne dovremo occupare, perché farà tutto il nostro "interprete". Insomma un maggiordomo elettronico che si occuperà, per conto nostro, di tutta la servitù e di tutta l'organizzazione.

L'ipotesi è affascinante: Ma quando ho incontrato Penzias il giorno dopo gli ho chiesto che cosa succederebbe se il maggiordomo funzionasse male o se non fosse perfettamente fluida la sua "interfaccia" con noi. Mi ha risposto che questo è un problema serio, ma proprio perché la macchina.interprete nasce per fare solo quello deve funzionare senza problemi e adattarsi davvero alle esigenze umane. L'ipotesi è che ci sia fra dieci anni: un tempo che dovrebbe essere sufficiente per provare, riprovare ed eliminare i bug.

Su queste cose tendo a essere noioso... ho insistito un po'. Gli ho detto che ho una certa esperienza di barche a vela e non mi sognerei di andar per mare se tutti i (comodi) automatismi e marchingegni non avessero un backup manuale. E anche in città non vorrei restare chiuso fuori di casa solo perché è mancata la corrente, o si è guastata la serratura elettronica, o il maggiordomo ha capito male quando gli ho ordinato di "non far entrare nessuno". Ho l'impressione che i tecnici non abbiano del tutto approfondito questo aspetto. Ma Arno Penzias dice che è d'accordo. In casa sua ha un barbecue e può cucinare anche se mancano il gas e la corrente elettrica, ha lampade a pila per il caso che si resti al buio, eccetera; insomma ci vuole sempre un manual backup. Bene... staremo a vedere come faranno.


L'occasione per l'Italia

Infine, ho chiesto a Penzias se un paese come l'Italia, con risorse diffuse sul territorio, con forti radici regionali e locali, con una ricca diversità di culture, senza esagerate concentrazioni urbane, è in posizione di vantaggio nella nuova economia. Mi ha risposto che ne è convinto; ma proprio per questo non dobbiamo aspettarci soluzioni "centralizzate", non possiamo contare molto sugli interventi pubblici o sulle grandi organizzazioni; afflitte dagli stessi mali di cui soffrono le concentrazioni in tutto il mondo. La nostra risorsa sono le proverbiali "piccole e medie imprese". Mi ha detto che ha passato un po' di tempo in Italia, ha conosciuto alcune di quelle imprese, ha un grande rispetto per le loro capacità. Si tratterà di vedere quanto saranno brave nel cogliere le nuove occasioni, cioè capire come le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono aiutarle ad affermarsi nel mondo.




Home Page Gandalf
home