Le vie della rete sono infinite

Versione italiana di un articolo di Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it
pubblicato in spagnolo sul quotidiano Clarin di Buenos Aires

23 luglio 2000


 
 

Ancora oggi, molti sembrano pensare che l’internet sia un mondo a parte, in cui vivono persone diverse dal resto dell’umanità. O che abbia una propria cultura, in qualche modo omogenea e distinta. Non è così. La rete è ricca di diversità – e continuerà a crescere e a cambiare. In molti paesi (fra cui l’Argentina e l’Italia) una larga diffusione della rete è una cosa recente. In tutto il mondo, siamo ancora agli inizi rispetto agli sviluppi che potranno avere i nuovi sistemi di comunicazione; non solo per quantità ma soprattutto per qualità

Nei nostri paesi (anche se siamo ancora lontani dai livelli degli Stati Uniti o del Nord Europa) l’uso dell’internet si sta allargando. Ma in gran parte del mondo è un privilegio riservato a pochissime persone. Ci vorrà ancora un’enorme crescita perché la rete arrivi davvero a essere "globale". Benché la quantità di informazioni e di servizi disponibili in rete sia già immensa, continuerà ad aumentare. Dicono a Silicon Valley: "Se l’internet fosse l’Oceano Pacifico, saremmo appena usciti dalla baia di San Francisco".

Ma ciò che conta non è la quantità. E’ la qualità delle relazioni e dell’arricchimento (culturale e umano prima che economico) che ognuno può ottenere. Questo è il più grande valore della rete e su questo dovremmo concentrare l’attenzione.

La rete è, per sua natura, lo strumento di alcune categorie di persone e non di altre? No – e sarebbe doloroso e ingiusto se lo fosse. Non è "per tutti": ci sono persone che non sentono il desiderio di aprirsi al dialogo, di cercare informazioni un po’ meno superficiali, di scambiare idee – insomma di usare le risorse che ci offre l’internet. Ma deve essere una possibilitè aperta a tutti, senza distinzioni né classificazioni.

La rete è una cosa "per i giovani"? Si, se consideriamo quanto sia importante per le nuove generazioni avere un’apertura culturale e uno strumento di vita e di lavoro. E se pensiamo a quanta facilità nell’uso delle nuove tecnologie ha chi è nato e cresciuto quando l’informatica era già una cosa diffusa – e magari ha cominciato fin da bambino a giocare con un computer. Ma è sbagliato (e pericoloso) pensare che sia solo per i giovani, o solo per i più ricchi e i livelli economici o scolastici più alti, o solo per qualsiasi categoria a esclusione delle altre.

In quasi tutti i paesi la concentrazione principale dell’uso della rete è in fasce adulte della popolazione, fra i 25 e i 50 anni. Con un afflusso crescente di giovani, ma non tale da spostare radicalmente l’equilibrio – anche perché chi è giovanissimo oggi non lo sarà domani.

Ci vorrebbe più attenzione verso le persone anziane. La retorica "giovanilistica" è uno dei motivi per cui sono indotte a escludersi, a sentirsi estranee e inadatte. Questa barriera psicologica sta cominciando a incrinarsi, ma occorre farla cadere del tutto: capire che la rete è uno strumento particolarmente adatto a chi è entrato in una fase della vita in cui cambiano i rapporti, di famiglia e di lavoro – e si rischia la solitudine e l’isolamento. La soluzione non sta nel creare un "ghetto" per i vecchi ma, al contrario, nel dare il massimo valore a un sistema in cui tutti hanno pari diritto di parola e di scambio, in cui tutte le età e le categorie umane possono trovare un terreno comune.

Anche la lingua deve unire e non dividere. Da un lato questo significa che deve continuare a crescere la molteplicità delle lingue in rete. In particolare lo spagnolo, parlato in tanti paesi diversi, è una delle comunità linguistiche più importanti. Dall’altro lato significa capire che l’inglese non è più la lingua delle isole britanniche o degli USA, ma ha oggi il ruolo che per molti secoli ha avuto il latino: un "codice comune" che permette a qualcuno a Buenos Aires di comunicare con qualcuno a Praga o a Calcutta. Non occorre un inglese formalmente perfetto, basta un patois semplificato e condiviso; ma nel mondo di oggi (anche indipendentemente dall’internet) chi non parla la lingua internazionale (quello che io chiamo il globalese) perde infinite occasioni di conoscenza, di scambio personale e culturale – nonché di lavoro e di guadagno.

Soprattutto, occorre capire che non c’è una sola internet. C’è un numero smisurato e crescente di reti, di comunità, di aree di specifico interesse. Ognuno può creare il suo mondo di relazioni; scegliere i percorsi che considera più utili e interessanti. Il vero, grande valore della rete sta nella sua infinita varietà e diversità. Questa risorsa sarà tanto più valida e utile quanto più capiremo che non c’è e non può esserci un’unica "cultura della rete" ma un’infinità di mondi diversi in cui ognuno può costruirsi la sua personale rete su misura.



Vedi anche il capitolo con lo stesso titolo
del libro La coltivazione dell’internet.


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