Alcuni dati sugli investimenti pubblicitari
in Italia e nel mondo


Tratti dal capitolo 15 de "Il nuovo libro della pubblicità"
di Luis Bassat e Giancarlo Livraghi - Il Sole 24 Ore Libri - maggio 1997

Fonti: analisi di Media Key (aprile 1996); Zenit Media; Association des Agences Conseil en Communication.


Nonostante l'affollamento di cui tutti ci lamentiamo, l'Italia non è fra i paesi più sviluppati dal punto di vista della pubblicità e della comunicazione.

A prima vista, gli investimenti pubblicitari in Italia sembrano piuttosto rilevanti, perché "in cifra assoluta" siamo al settimo posto nel mondo, come appare da questa tabella:

I primi 15 paesi per volume di investimenti pubblicitari

Televisione, stampa, radio, cinema, esterna (milioni di dollari - 1995)

  % su totale mondo
Stati Uniti 95.192 36,5
Giappone 38.900 14,9
Germania 18.891 7,2
Gran Bretagna 14.990 5,7
Francia 9.398 3,4
Messico 5.872 2,2
Italia 5,730 2,2
Corea del Sud 5.699 2,2
Brasile 4.503 1,7
Australia 4.259 1,6
Spagna 4.258 1,6
Canada 4.180 1,6
Cina 3.566 1,4
Taiwan 3.162 1,2
Olanda 2.961 1,1

Nota: in questa analisi, come in quelle che seguono, non sono considerati i paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Europa orientale. Queste informazioni mancano nei sistemi di dati utilizzati, probabilmente perché in seguito ai grandi cambiamenti avvenuti in molti di quei paesi non è possibile, almeno finora, costruire serie storiche coerenti.

L'attendibilità di queste stime è sempre limitata, per la complessità dei calcoli e per la diversità dei criteri con cui vengono valutati gli investimenti nei singoli paesi; ma nonostante queste limitazioni si possono ricavare dai confronti indicazioni significative.

Già da una verifica di questi primi dati la posizione dell'Italia risulta tutt'altro che brillante. Se pensiamo che in termini generali l'economia italiana è circa il 4% di quella mondiale, vediamo che in termini di investimenti pubblicitari siamo circa alla metà del livello che dovremmo avere per essere "al passo" con i nostri maggiori concorrenti.

Inoltre il tasso di crescita degli investimenti pubblicitari in alcuni paesi (come per esempio Corea, Cina e altri paesi asiatici - e forse il Brasile) indica che entro pochi anni ci troveremo probabilmente al decimo posto in "graduatoria", o anche più indietro; insomma la posizione dell'Italia, che già non è fra le più avanzate, sta progressivamente arretrando.

Un'analisi un poco più approfondita dimostra in modo più evidente la nostra arretratezza.

Investimenti pubblicitari pro-capite
in dollari - 1995


Per investimento pro capite, l'Italia è al 25° posto - con tendenza a perdere ulteriormente terreno.

La nostra posizione è ancora più arretrata se esaminiamo gli investimenti pubblicitari in relazione alla dimensione degli scambi economici (prodotto interno lordo). Ci troviamo al 39° posto e probabilmente scenderemo ancora più in basso nei prossimi anni.

Investimenti pubblicitari in % del PIL - 1995

Spiegare il motivo della nostra arretratezza può essere abbastanza complesso, ma nonostante l'apparente onnipresenza della pubblicità in Italia questo è un sintomo di scarso dinamismo della nostra economia interna. In Italia, più che in altri paesi, finora gli investimenti sono venuti prevalentemente dai prodotti di largo consumo e da alcuni beni durevoli, come le automobili; poco da altri settori. Inoltre i mezzi non sono sufficientemente selettivi; questo è uno dei motivi per cui abbiamo una percezione di forte "affollamento" mentre la dimensione reale degli investimenti è "sottosviluppata".

Un ultimo grafico ci mostra l'andamento della pubblicità in Italia rispetto al PIL e ai consumi delle famiglie.

Investimenti pubblicitari in Italia

come % del PIL e dei consumi delle famiglie

L'incidenza della pubblicità in Italia rispetto al PIL e ai consumi, che era stazionaria o in diminuzione negli anni '70, è cresciuta fra il 1980 e il 1988, ma dal 1990 è in diminuzione. Da notare che i consumi famigliari sono diminuiti, in termini reali, nel 1993; sono in leggera ripresa dal 1994, ma crescono meno del PIL.

Un'analisi svolta dalla Nielsen nel 1996 mette in evidenza un fatto nuovo: una crescita degli investimenti in altri settori rispetto ai prodotti di largo consumo (che fino al 1993 rappresentavano il 40% degli investimenti pubblicitari totali). Da molti anni ci si attendeva un'evoluzione di questo genere, ma solo ora ne vediamo un primo accenno - che non è ancora una tendenza consolidata. Ma ci sono le premesse per un cambiamento. Dopo alcuni anni di crescita stentata, o di diminuzione in termini reali, potremo essere all'inizio di una ripresa.

Uno studio svolto nel 1996 da Intermatrix-Astra per l'UPA (Utenti Pubblicità Associati) prevede che gli investimenti pubblicitari in Italia possano aumentare, in termini reali, dell'1,4 per cento nel 1997 e del 2,5 nel 1998. Il primo semestre del 1997 sembra confermare, anzi superare, questa previsione; ma si prevede un rallentamento nel secondo semestre.

Le tendenze dei consumatori stanno cambiando. Si aprono spazi di concorrenza in settori che erano chiusi. Ci sono diverse possibilità di innovazione; nuove categorie di prodotti e di servizi che si affacciano sul mercato.

L'evoluzione dei consumi e delle imprese potrebbe portare non solo a una crescita, ma anche a un cambiamento - nei contenuti, nei metodi, nello stile della pubblicità; e anche nella scelta dei mezzi.

Si tratterà di vedere come e quando i mezzi di informazione sapranno adeguarsi alle necessità di oggi e di domani, per meglio rispondere alle esigenze di lettori e spettatori - e anche di chi investe in pubblicità. E si tratterà anche di vedere come e quando i "nuovi mezzi", comprese le reti elettroniche, troveranno un ruolo rilevante nel quadro del marketing e della comunicazione d'impresa. Il che (come ho detto tante volte) non dipende dai fornitori di mezzi o dalle tecnologie, ma dalla capacità strategica e innovativa delle imprese, grandi e piccole, che sapranno mettere queste risorse al servizio dei loro obiettivi - e soprattutto dei loro clienti.

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