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Gli annunci pubblicitari
sono oggi così numerosi...

 

di Samuel Johnson – 1759

 

 

Questo è, credo, il testo più antico che esista sulla pubblicità (nel senso moderno della parola). Molti ne citano qualche frammento, ma pochi lo hanno letto. Samuel Johnson lo pubblicò nel numero 40 della sua rivista The Idler, il 20 gennaio 1759.

Per i bibliofili, dirò che non esiste una edizione moderna del testo inglese, se non nelle ponderose raccolte degli scritti di Johnson. Né esiste una traduzione italiana, se non una prima stesura che avevo diffuso fra pochi amici alla fine del 1979 – e ora ho ristampato, riveduta e corretta, in una piccola edizione “fuori commercio”.

Mi sembra una satira acuta, divertente e di straordinaria attualità; oggi ancor più della prima volta che l’ho letta.

 
Giancarlo Livraghi – dicembre 1993
 
(messo online nel dicembre 1997)





L’uso di far seguire alla narrazione dei pubblici eventi informazioni più minute e casalinghe, e così riempire i giornali di pubblicità, è cresciuto, poco a poco, fino allo sviluppo che vediamo oggi.

La prova del Genio è l’Invenzione. Colui che per primo utilizzò la curiosità creata da un assedio o da una battaglia, per indurre i Lettori di Notizie a conoscere l’indirizzo del negozio dove si vende la migliore Cipria, era senza dubbio un uomo di grande sagacia, e profonda conoscenza della natura umana. Ma una volta indicata la strada, era facile seguirla; ed ora ognuno conosce un veloce metodo per informare il Pubblico di ciò che desidera vendere o comprare, siano beni materiali o intellettuali; sia che faccia Stoffe, o insegni Matematica; sia un Maestro che cerca un Allievo, o un Allievo che cerca un Maestro.

Tutto ciò che è comune è disprezzato. Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con molta negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica.

Una Promessa, una grande Promessa, è l’anima di un Annuncio pubblicitario. Ricordo un sapone da barba che aveva una qualità davvero mirabile: dava una squisita affilatura al rasoio. E sono ora in vendita, solo per contanti, certi Piumini da letto di vera piuma, al di là di ogni paragone superiore a quella chiamata "Piuma di Lontra" e tale che le sue eccellenti qualità sono troppe per poterle elencare. Ma di una eccellenza siamo informati: è più caldo di quattro o cinque coperte, e più leggero di una.

Ma c’è anche chi intende come la modesta sincerità conquisti la simpatia del pubblico. Il venditore del Fluido di Bellezza offre una Lozione che elimina i brufoli, toglie le lentiggini, ammorbidisce e rassoda la pelle; eppure, con generoso orrore dell’ostentazione, confessa che non restituirà il fiore dei quindici anni a una Signora di cinquanta.

Una commozione davvero profonda deve essere penetrata nel cuore di tutti coloro che ricordano lo zelo dimostrato dal venditore della Collana Anodina, per la tranquillità e la protezione dei poveri bambini durante la dentizione, e l’affetto con cui avverte ogni madre che non saprà mai perdonarsi se il bambino perirà senza una Collana.

Vorrei anche dire a quel celebrato Autore, che ci ha dato, nelle sue notizie sul Cammello e sul Dromedario, tanti esempi di prosa davvero sublime, che ora è arrivato un altro soggetto ancor più degno della sua penna. Un famoso Guerriero Indiano Mohawk, che prese prigioniero Dieskaw, il Generale francese, vestito alla maniera degli autentici Indiani quando vanno in guerra, con il volto e il corpo dipinti, il coltello da scalpo e l’ascia da combattimento, e tutti gli altri strumenti guerreschi: una visione degna di ogni vero Britanno! E’ una descrizione davvero efficace; ma un Critico molto raffinato potrebbe osservare che suscita più orrore che terrore. Un Indiano, in tenuta di guerra, può richiamare una discreta folla; ma se porta il coltello e l’ascia, ci sono molti autentici Britanni che non si lasceranno convincere a guardarlo se non attraverso un’inferriata.

E’ stato osservato dai giudici più severi, che il salutare dolore delle scene tragiche è troppo presto cancellato da un allegro Epilogo; un fastidio simile nasce da una disposizione impropria degli annunci pubblicitari. Gli oggetti più nobili possono essere associati in un modo che li rende ridicoli. Perfino il Cammello e il Dromedario potrebbero aver perso molta della loro dignità messi in mezzo fra Il vero Fiore di Senape e L’autentico Elisir di Daffy; e non ho potuto evitare un senso di indignazione quando ho visto questo illustre Guerriero Indiano immediatamente seguito da Un Pacchetto di Burro fresco di Dublino.

Il mestiere della pubblicità e oggi così vicino alla perfezione, che non è facile proporre alcun miglioramento. Ma poiché ogni arte dovrebbe essere esercitata nel dovuto rispetto del pubblico bene, sento il dovere di porre un problema morale a questi maestri della pubblica opinione, se qualche volta non giochino un po’ troppo spregiudicatamente con le nostre passioni, come quando il Gestore dei Biglietti della Lotteria ci invita nella sua bottega con la notizia del premio che ha venduto l’anno scorso; e se nelle controversie pubblicitarie non si indulga in asprezze di linguaggio senza adeguata provocazione; come nella disputa riguardante le Cinghie da Rasoio, ora felicemente placata, e nell’alterco che ancora continua sull’Eau de Luce.

Nella Pubblicità è consentito a ciascuno parlare bene di se stesso, ma non so perché debba arrogarsi il privilegio di criticare il suo vicino. Esalti pure le proprie virtù o capacità, ma non neghi ad altri la stessa pretesa.

Chiunque proclama la propria superiorità, dovrebbe scrivere con qualche coscienza del ruolo di chi osa richiamare l’attenzione del Pubblico. Dovrebbe ricordare che il suo nome starà nello stesso Giornale accanto a quelli del Re di Prussia e dell’Imperatore di Germania, e cercare di rendersi degno di tale compagnia.

Uguale rispetto dovremmo avere per la posterità. Ci sono uomini diligenti e curiosi che conservano i Giornali di oggi semplicemente perché altri li trascurano, e un giorno saranno rari. Quando queste raccolte saranno lette in un altro secolo, come si riconcilieranno le innumerevoli contraddizioni, e come sarà distribuita la Fama fra i Sarti e i Bustai dei nostri giorni?

Certo queste cose meritano di essere meditate. Mi basta aver qui accennato il mio desiderio che questi abusi siano corretti; ma tale è lo stato di natura, che ciò che tutti hanno il diritto di fare, molti tenteranno senza sufficiente cura o adeguata qualificazione.

 

   
 
   
 


Del settimanale The Idler uscirono 104 numeri,
dall’aprile 1758 all’aprile 1760.
Era di otto pagine, di cui l’ultima conteneva
le novità del sabato, le notizie di borsa e la pubblicità.

La pubblicità fu inserita a partire
dal numero 30, nel novembre 1758.
In prima pagina, nei numeri 30 e 31,
apparve questo avviso.

Poiché questo giornale oggi è così ben diffuso
da superare anche le più ottimistiche speranze
dei proprietari, essi intendono d’ora in poi
inserire annunci pubblicitari, ma questi
“saranno accettati solo se sono perfettamente
decorosi e intesi a promuovere il commercio,
o sono in altro modo utili al pubblico”.




Una curiosità lessicale e “storica”.

Nel monumentale dizionario della lingua inglese
(che Samuel Johnson scrisse fra il 1746 e il 1755)
il verbo to advertise è definito in tutti
i suoi significati fuorché quello “commerciale”
e la parola advertisement è considerata “in disuso”.

In questo articolo, invece, lo stesso autore
usa advertisement nel senso
di ciò che oggi chiamiamo “pubblicità”.

Sembra che quel modo di esprimersi
abbia cominciato ad affermarsi
intorno alla metà del Settecento
quando si stava diffondendo la pubblicità
nei “giornali” (come si chiamavano
indipendentemente dalla periodicità).




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