Alcune annotazioni sul congresso CFP2000

Impegno etico e sociale,
visione umana e civile
della "società connessa"

(Ma l’America fatica a guardare fuori dai propri confini)


Un articolo su MyTech (Mondadori) – 13 giugno 2000

di Giancarlo Livraghi gian@gandalf.it


 
 


Una forte coscienza di impegno civile e di responsabilità culturale, poche novità rispetto agli anni precedenti – e un’America che non riesce a guardare fuori dai propri confini. Queste, in sintesi, le impressioni dopo i quattro lunghi giorni del decimo CFP che si è svolto a Toronto dal 4 al 7 aprile 2000.

Il congresso annuale Computers, Freedom and Privacy è un punto di riferimento importante per la cultura dell’information technology e della "comunicazione elettronica". Il primo fu a San Francisco nel 1991, quando l’internet era ancora il privilegio di pochi e in Europa quasi nessuno si era accorto della sua esistenza. Benché CFP 2000 si sia svolto in Canada (a pochi passi dal confine) e benché ci fossero alcuni relatori internazionali (fra cui, per la prima volta, due italiani) rimane un evento sostanzialmente "americano", dominato dalla prospettiva e dal punto di vista degli Stati Uniti.

Non è intenzionale la miopia degli americani rispetto al resto del mondo. Sono sinceramente convinti di cercare una prospettiva "globale". Ma non ci riescono. Il fatto traspare continuamente dal modo in cui affrontano i problemi. Per esempio quando parlano di "diversità" sono intellettualmente convinti dell’importanza e del valore di molteplici culture nel mondo, ma appena si mettono a ragionare il dibattito si concentra sui fatti di casa loro: le minoranze etniche e linguistiche, le emarginazioni economiche e scolastiche, il ruolo delle donne, eccetera... con l’abituale e un po’ perversa mistura di una percezione reale dei problemi e di ipocrisie cerimoniali sul politically correct.

Ma se il resto del mondo non riesce a farsi sentire non è per un consapevole "imperialismo culturale" americano. È per la nostra sostanziale incapacità di produrre cultura significativa. Un’idea nuova può nascere in Europa, ma si sviluppa negli Stati Uniti. Per esempio il concetto da cui è nata la World Wide Web è opera di un inglese che lavorava al Cern di Ginevra – e che pensava solo a un linguaggio efficiente per scambiare formule e informazioni scientifiche nel mondo della fisica. Ma non avrebbe avuto uno sviluppo mondiale ed erga omnes se non si fosse evoluto oltre Atlantico – e oggi il suo inventore, Tim Berners Lee, vive e lavora negli Stati Uniti. La soluzione opensource più affermata, Linux, è opera di un finlandese. Eppure anche quella (benché viva del contributo di programmatori di tutto il mondo) ha il suo centro in America; Linus Torvalds ora è in California.

L’arretratezza dell’Europa (e ancor più dell’Italia) non è il frutto di un’imposizione americana, ma della nostra passività. Non abbiamo dimostrato alcuna reale capacità di produrre cultura nel "nuovo mondo" dell’informazione e della comunicazione. Anzi abbiamo una tendenza perversa a imitare tutto ciò che si fa o si dice negli Stati Uniti, spesso "copiando male", cioè cercando di scimiottare gli aspetti più superficiali dell’evoluzione americana invece di produrre una cultura più adatta alle nostre esigenze o almeno di cogliere i valori meno ovvi e più significativi – come, per esempio, quelli di cui si parla da dieci anni nei congressi CFP: libertà, privacy, diritti civili, tecnologie e comunicazione al servizio delle persone e della società. L’Italia può vantarsi di essere uno dei paesi al mondo in cui è più diffusa la telefonia cellulare – come di essere (dicono) il paese con più automobili rispetto al territorio o ai chilometri di strada disponibili. Ma è assai discutibile che questi siano "primati" di cui andare orgogliosi, o progressi rilevanti... e comunque non danno un contributo significativo allo sviluppo di una nuova cultura della comunicazione.

La quantità delle relazioni e degli interventi in CFP2000 era impressionante. Più di cento relatori o partecipanti a panel di discussione. Un fiume di parole, quasi ininterrotto, dalle 9 di mattina fino a tarda sera. Un volume di 360 pagine che raccoglie solo una parte delle relazioni. Ma c’era anche un senso di stanchezza. Come se la tensione etica e innovativa dei primi anni si fosse un po’ diluita. L’impegno rimane, ma l’energia sembra meno intensa, un po’ attenuata dalla crescente vastità dell’ambiente e dal moltiplicarsi delle attività.

Una cosa interessante da notare è l’assenza di alcuni argomenti. Per esempio a nessuno in quel convegno è venuto in mente di parlare di temi che imperversano quotidianamente sui nostri giornali – come le fluttuazioni in borsa e le speculazioni finanziarie. Come se ci fosse una chiara e sottostante coscienza del fatto che quello è soltanto un episodio, tipico di ogni nuovo sviluppo che sale alla ribalta sui mercati azionari; una fase che passerà, per lasciare il posto a una visione più matura di imprese, investimenti ed economia reale. Inutile discuterne; meglio concentrarsi su valori più significativi e duraturi.

Ma rispetto al passato l’intensità dei toni e dei pensieri sembra un po’ diminuita. Un po’ meno accesi i toni delle polemiche. Un po’ meno intenso lo spirito rispetto alle "storiche" battaglie degli anni precedenti. Il clima vibrante e un po’ iniziatico del 1991, quando si parlava di hacker e di repressione. Gli intensi dibattiti sulla "democrazia elettronica" nel 1993. La forte polemica nel 1994 (e negli anni seguenti) contro le intenzioni del governo americano di controllare la crittografia; e nel 1996 contro il malfamato (e in seguito abrogato) Decency Act, che con il pretesto della "pornografia" avrebbe creato un sistema di censura nella rete. Nel 1997 il tema era Commerce and Community e da allora si parla dei valori culturali e sociali in un sistema che diventa sempre più "commerciale". Nel 1998 erano ancora "caldi" i temi della censura e della privacy, con nuove preoccupazioni per la crescita dello spamming e per la strumentalizzazione commerciale (e governativa) dei dati personali. Nel 1999 a Washington ci fu il tentativo di dare estensione "globale" al dibattito, con interventi di alcune persone da paesi diversi. Il tema era The Global Internet. Ma i pochi "non americani" presenti (circa una trentina, su cinquecento persone) notarono allora (come di nuovo quest’anno) che la prospettiva rimane concentrata soprattutto sulle vicende "interne" degli Stati Uniti.

Com’è abbastanza ovvio, si allontana progressivamente il clima della "frontiera", man mano che l’uso dell’informatica, e soprattutto la diffusione della rete, entra nel costume e nella vita "di tutti". Certo non diminuisce l’importanza dei temi – etici, sociali, civili – ma il tono tende a diventare un po’ più pacato, un po’ più "istituzionale", un po’ meno intenso. Qua e là si avverte quasi un rimpianto, una nostalgia per i tempi "eroici" che non torneranno più. Ma ciò non significa che i temi della libertà, dei diritti personali, della civiltà e cultura della rete siano diventati meno importanti. Ovviamente è vero il contrario. Ma sembra esserci quasi una pausa, una fase di riorientamento, un’incertezza su come riprendere il filo in un contesto che è cambiato. Anche se, per fortuna, lo spirito critico e ironico non è spento: come dimostra, fra l’altro, la rituale assegnazione di un premio, The Orwell Award, a imprese e istituzioni (americane) considerate particolarmente colpevoli di violazioni della libertà e della privacy e così di incarnare il sinistro ruolo del "Grande Fratello".

Poche, negli anni recenti, le relazioni che "volano alto", guardano oltre i confini di problemi specifici, tracciano prospettive intellettualmente intense e coraggiose. Del congresso CFP 1999 mi sembra da ricordare l’intervento di Vinton Cerf (considerato "uno dei padri" dell’internet) su che cosa la rete dovrebbe essere – è "nata per essere" – ma non è. Strumento di libertà a di cultura per tutti i popoli del mondo, per tutte le diversità umane e culturali, accessibile a tutti e dovunque. Un impegno profondo che dovrebbe vedere intensamente attivi tutti quanti, dalle singole persone alle istituzioni, e che invece sembra perdersi in un gran rumore su cose assai meno importanti.

Nel caso di CFP 2000, quella che mi ha più colpito è stata la relazione di Tim O’Reilly. Frutto di una maturazione che è in corso da molto tempo ma ha preso forma tre anni fa – alla O’Reilly Convention del 1997 (dove fra l’altro fu presentata la famosa relazione di Eric Raymond, The Cathedral and the Bazaar, su cui da anni si discute e che è diventata anche un libro). L’analisi parte da un fatto specifico: il valore delle tecnologie opensource, cioè aperte e compatibili (il bazar) rispetto alle tecnologie "chiuse" e ai sistemi centralizzati (la cattedrale). Ma da lì prende il volo... per arrivare a una visione più "alta" e a una prospettiva più ampia. Non si tratta solo di tecnologie, di linguaggi o di protocolli. Il classico grido, information wants to be free, assume nuovi valori e nuovi significati. La parola free in inglese è ambigua: può voler dire "gratis" e può voler dire "libero". Non è irrilevante il tema dei costi e dei prezzi (la struttura della rete è basata su sistemi liberi, trasparenti e gratuiti; devono cadere le barriere economiche che impediscono a intere popolazioni, o ai settori meno privilegiati della società, di accedere all’informazione e al dialogo). Ma ciò che conta soprattutto è la libertà, in tutti i significati della parola.

Non si tratta solo di tecnologie aperte, compatibili e trasparenti – che della nuova cultura e delle nuove libertà sono il necessario supporto, ma non la sostanza. Si tratta di una nuova visione della libertà e dei diritti umani, dei valori culturali che devono diventare un "bene comune" di tutta l’umanità, come le acque dell’oceano: diritto e "patrimonio" di tutti, proprietà di nessuno. Un tema, secondo me, di fondamentale importanza – che meriterà di essere ancora approfondito nei prossimi anni.





Relazioni (in inglese) di Giancarlo Livraghi e Andrea Monti
al congresso CFP2000

http://gandalf.it/free/cfp2000.htm

http://gandalf.it/free/monticfp.htm


Traduzioni italiane (a cura di ZdNet)

http://gandalf.it/free/cfp-it1.htm

http://gandalf.it/free/cfp-it2.htm


Un articolo di Andrea Monti "compementare" a questo

http://gandalf.it/free/amonti.htm


Un’inchiesta di MyTech su " crimini e misfatti" nell’internet



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