Caramelle ambigue

Giancarlo Livraghigian@gandalf.it

26 settembre 2002




Da che mondo è mondo, mamme, papà, nonni ed educatori dicono ai bambini «non accettare caramelle da uno sconosciuto». Questo rimane un buon insegnamento, ma sappiamo che non basta. Perché caramelle pericolose sono offerte spesso da qualcuno che si conosce bene e di cui (incautamente) ci si fida.

Nove decimi delle violenze contro bambini o adolescenti avvengono all’interno della famiglie o di altri ambienti che sembrano sicuri. E alcuni dei peggiori inganni sono opera di persone od organizzazioni che si propongono come protettori e custodi. (Una descrizione amaramente ironica di ambiguità di questa specie si trova in un raccontino di quattro anni fa, Quel simpaticone di Zio Luigi).

Uno dei problemi è che il termine “minori” è troppo generico. I rischi di violenza (fisica o morale) ci sono a tutte le età. Anche per persone adulte. Se è vero che le persone più giovani hanno minore esperienza, e quindi occorre averne particolare cura, ciò non significa che la situazione di un bambino di due anni sia paragonabile a quella di chi ne ha quindici.

È evidente che nella prima infanzia un bambino non può mai essere lasciato solo: deve essere sempre in custodia di un adulto, preferibilmente dei genitori o se no di persone veramente affidabili. Non tutti i genitori, purtroppo, sono all’altezza del loro ruolo – ma questo è un altro, e complesso, problema.

Con la crescita le cose cambiano. In età scolastica anche il più giovane degli alunni deve cominciare ad avere i suoi spazi di autonomia – ma non può essere abbandonato. E qui comincia a manifestarsi il problema delle “tate elettroniche”. Così come è sbagliato abbandonare i bambini davanti a un televisore, non è il caso di lasciarli soli con un computer – e ancora meno con una connessione online. Magari illudendoci che qualche aggeggio elettronico possa rimediare alla nostra disattenzione.

Alcuni “minori” hanno la fortuna di nascere in una famiglia dove gli adulti sono pratici di computer e di comunicazione online, e quindi possono seguirli e orientarli. Altri invece si trovano ad avere una confidenza con le macchine che gli adulti non hanno, e questo può creare varie difficoltà e problemi. Più che dire con orgoglio «guarda quanto è bravo Pierino e come è disinvolta Mariuccia», famiglie ed educatori dovrebbero impegnarsi a capire che cosa stanno facendo. Per esempio alcuni videogiochi sono interessanti, divertenti ed educativi. Altri no...

Per quanto riguarda l’internet, di solito i bambini sono poco interessati all’uso della rete, che comincia ad incuriosirli durante o dopo l’adolescenza. Non è il caso di incoraggiarli a farlo troppo presto e senza una guida adeguata. Ci sono consolle da gioco che permettono di collegarsi alla rete. In quel modo si possono buttar via parecchi soldi. È proverbiale il caso, ai tempi ormai lontani in cui nacque la teleselezione, di un bambino che fece lunghe telefonate a Tokio per farsi spiegare l’uso di un giocattolo giapponese. Oggi con l’internet e i telefoni cellulari i rischi di spese incontrollate si moltiplicano. Ma il problema più grave è un altro.

Sono molto esagerate, naturalmente, le paure su ciò che può accedere in rete. (In parte promosse per motivi “interessati”, come vedremo più avanti). Ma così come non è ragionevole mandare un bambino da solo ai giardini pubblici, non è il caso di abbandonarlo senza guida in un terreno complesso e molteplice come l’internet. Neppure con il pretesto dei “giochi interattivi”. In parole povere, o si sa come accompagnarli o è meglio che non vadano in rete troppo presto.

Il caso degli adolescenti è molto diverso. Hanno la tendenza (e la necessità) di trovare una loro indipendenza, di sottrarsi al controllo della famiglia. I divieti possono avere l’effetto contrario – produrre il “fascino del proibito”. Quando avevo tredici anni cercavo i modi per entrare nei cinematografi dove proiettavano i film “vietati ai minori di quattordici” (e ci riuscivo). Non perché fossi particolarmente interessato a quei film, ma perché volevo capire che cosa mi fosse vietato. A quindici anni mi trovai a vomitare disperatamente, insieme ad alcuni coetanei, perché ci eravamo ingozzati di orribili liquori dolciastri che erano arrivati con le cassette natalizie. I “grandi” non li bevevano e li avevano dimenticati in fondo a un ripostiglio. Non piacevano neppure a noi, ma avevano il sapore del proibito.

Non c’è alcuna difesa valida che non sia insegnare ai ragazzi e alle ragazze come scegliere bene, come non esporsi a rischi inutili, come “non accettare caramelle” prima di aver capito di che cosa sono fatte.

Come si applicano questi ragionamenti al caso dei computer e della comunicazione online? È concettualmente semplice. Nulla può sostituire l’impegno personale delle famiglie e degli educatori. E, quando si passa dall’infanzia all’adolescenza, diventa sempre più importante che ragazzi e ragazze sappiano come orientarsi da sé.

I meccanismi, i filtri, le protezioni meccaniche non sono soltanto inutili. Sono dannose. Perché non funzionano – e perché danno agli adulti responsabili (genitori ed educatori) un falso senso si sicurezza e l’illusione di potersi sottrarre alle loro responsabilità.

Ci sono più rischi nell’internet di quanti ce ne sono all’interno delle famiglie o nei luoghi abitualmente frequentati da ragazzini e adolescenti? Ovviamente no. Ma in rete c’è di tutto. Non solo è banale, è profondamente sbagliato pensare che l’unico rischio sia la “pornografia” – o un malintenzionato in qualche chatline che vuole approfittare dell’ingenuità di persone giovani. Ci sono infiniti altri rischi, meno appariscenti ma reali. Ed è assolutamente impossibile tenerli tutti sotto controllo.

(Fra parentesi, la frequentazione di siti di “esibizione sessuale” più o meno esplicita non è consigliabile neppure agli adulti. Non per i contenuti, che ognuno secondo i suoi gusti può considerare più o meno accettabili. Ma perché sono fra le peggiori fabbriche di spam – oltre che di imbrogli e truffe).

Blocchi e divieti sono facilmente aggirabili. Se diciamo a un adolescente che non può accedere certi siti, a parte il fatto che ne può trovare altri (non esiste alcun “filtro” che abbia efficacia assoluta) nulla gli impedisce di andare in un luogo pubblico, o a casa di un amico, e collegarsi proprio a ciò che, vietandolo, abbiamo reso interessante.

Quando sono più “piccoli” (l’età può variare secondo l’individuale sviluppo di ciascuno e l’ambiente in cui vive) molto semplicemente è meglio che non vadano online – o che lo facciano solo accompagnati da una guida esperta. Come ai “giardinetti”, nel cortile di casa, per strada, a scuola, all’asilo o a una festa di carnevale.

Chi propone controlli, filtri, percorsi obbligati o altre diavolerie lo fa in modo disinteressato? Quasi mai. È motivato dal suo interesse, non da quello dei “minori” che dice di voler proteggere. Anche senza arrivare all’allucinante estremo della pornografia di stato, che costruisce trappole per corrompere e incastrare gli adolescenti, dietro la maschera sorridente dei venditori di “protezione” si nascondono interessi di varia specie.

Da chi, semplicemente, vuole soldi per venderci qualche software o servizio di discutibile utilità – a chi ha intenzioni un po’ più complesse, ma non disinteressate.

C’è chi vuole impadronirsi dei bambini. Costruisce sistemi ad hoc e dice ai genitori: «mandateli solo da me, così siete tranquilli». Se ha un nome importante e noto, è sperabile che eviti, per quanto possibile, di propinare contenuti inadatti o diseducativi. Ma comunque costruisce una prigione: offre solo i suoi contenuti e quelli di chi dì finanzia il suo servizio. Può sembrare innocente... ma non è mai una buona idea imprigionare le persone (specialmente bambini e adolescenti) in una “monocultura” condizionata e chiusa.

C’è chi, partendo dal pretesto di “proteggere i più deboli”, sviluppa sistemi che, comunque travestiti, hanno una sostanza chiara quanto perversa: censura. In tutta la storia dell’umanità sappiamo che si comincia con le foglie di fico e di finisce con i roghi, le torture e le cacce alle streghe.

Nulla al mondo, neppure la difesa dei bambini, può giustificare il sacrificio della libertà di informazione e conoscenza. L’educazione e la formazione dei giovani non possono essere “delegate” a mani estranee e incontrollabili – e tantomeno a poco affidabili automatismi. L’unico metodo valido è il più impegnativo: l’attenzione affettuosa e consapevole delle famiglie – e di educatori che sappiano svolgere bene il loro delicato e fondamentale compito. E una crescente consapevolezza per cui bambini e bambine, ragazzi e ragazze, imparino il più presto possibile ad avere discernimento, coscienza, capacità di giudizio. Tutto il resto o è inutile o è dannoso.




Su questo argomento vedi anche:

I bambini e la rete http://gandalf.it/free/bambini.htm

J’accuse http://gandalf.it/garbugli/garb22.htm

Storia della crociata infame http://gandalf.it/free/infame.htm

Alice nel paese delle ipocrisie http://gandalf.it/free/alice.htm

Quel simpaticone di Zio Luigi http://gandalf.it/free/zioluigi.htm

Le vittime silenziose http://gandalf.it/free/vittime.htm

Il coro dei bugiardi alla seconda crociata http://gandalf.it/free/crociata.htm

Chi si rivede: il diavolo nella rete http://gandalf.it/free/demonio.htm

Dalla parte dell’Inquisitore http://gandalf.it/free/inquisit.htm

La strage degli innocenti http://gandalf.it/free/strage.htm





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