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La coltivazione dell’internet


Capitolo 40
Perché gli italiani hanno il DNA vincente


Negli anni Cinquanta e Sessanta si parlava di "miracolo economico italiano". Un paese storicamente povero e prevalentemente agricolo, sconfitto e distrutto dalla guerra, con forti tensioni politiche e intensi conflitti sociali, si trovò a dover affrontare l’apertura dei mercati e la concorrenza internazionale. I risultati sono quelli che conosciamo; ancora oggi, nonostante i molti e complessi problemi che ci affliggono, siamo considerati una delle sette (o otto) più importanti economie del mondo.

Oggi l’Italia, comunque si osservi o si analizzi il quadro internazionale, è arretrata nell’uso dei nuovi sistemi di comunicazione. Non solo rispetto agli Stati Uniti e ai suoi maggiori concorrenti europei, ma anche a economie relativamente "piccole" come l’Olanda, la Svizzera, il Belgio e i paesi scandinavi. Non si tratta soltanto del "commercio elettronico" in senso stretto, che (nonostante le enfasi millenaristiche) per il momento rimane una piccola parte dell’economia mondiale. Si tratta di una sfida molto più ampia e profonda, di una "nuova economia" in cui non possiamo permetterci di perdere.

Eppure... la rete ci offre molte possibilità. Siamo capaci, anche quando sembriamo fumosi, di essere inaspettatamente efficienti. Quando arriveremo a capirne bene le possibilità, il mondo delle reti si rivelerà uno strumento straordinariamente adatto agli italiani. Per alcuni, lo è già.

Molti italiani hanno fantasia. Sanno muoversi con disinvoltura e flessibilità in terreni incerti, poco strutturati; sanno vivere e progredire nel disordine. Molte delle nostre imprese hanno una forte cultura di servizio; capiscono l’importanza delle relazioni e dei rapporti umani; conoscono il valore della fiducia; sanno padroneggiare le tecnologie e metterle al servizio delle loro idee. Sanno condividere conoscenze e risorse, costruire comunità – fin dai tempi delle "arti" medioevali, ma anche in molte realtà di oggi. Questo ci rende adatti a vivere e prosperare, meglio di altri, in un sistema informe, mutevole, nascente come la rete.

L’Italia è ricca di piccole e medie imprese che hanno dimostrato la loro capacità di esportare, di competere su scala mondiale. Spesso ben dotate della combinazione vincente: innovazione, fantasia, tecnologia. La rete apre nuove e crescenti possibilità per questo tipo di imprese; e anche per le grandi, se la sanno affrontare con la necessaria flessibilità.

Lo spazio è piccolo, rispetto agli immensi "mercati di massa". Ma ha dimensioni interessanti, già oggi, per chi esporta in settori meno vasti e più specialistici. E continuerà a crescere.

Ci sono possibilità importanti, credo, per molte imprese italiane nel mondo globale della rete, a sei condizioni:


  1. che pensino in termini di servizio, non solo di "immagine";


  2. che lavorino a fondo, e con pazienza, per costruire una "cultura interna" della rete;


  3. che non pensino solo alla vendita diretta, o al consumatore finale, ma anche a come comunicare meglio con gli intermediari e con gli altri interlocutori dell’impresa;


  4. che non seguano alcuno stereotipo precostituito, ma trovino i fattori specifici che corrispondono alle particolari esigenze della loro impresa e del loro mercato;


  5. che non pensino solo al "commercio elettronico" nella sua concezione più banale, ma agli infiniti modi in cui le reti di comunicazione possono facilitare le relazioni, migliorare l’efficienza e il servizio, aprire nuovi percorsi e nuovi mercati;


  6. che siano flessibili, innovative e coraggiose; e sappiano non subire, ma utilizzare a proprio vantaggio, le continue evoluzioni e le infantili bizzarrie di un sistema complesso, mutevole, capriccioso e imprevedibile.


Di tutte queste cose ho parlato nei capitoli precedenti. Ciò che mi interessa rilevare qui è che sono particolarmente adatte al temperamento, alle capacità, alle risorse delle nostre imprese. È venuto il momento di mettere a frutto questo vantaggio – specialmente all’esportazione. Alcune imprese italiane l’hanno già fatto. C’è spazio per molte altre.







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