labirinto
Il filo di Arianna


settembre 2003

Giancarlo Livraghi     gian@gandalf.it



Una fase di transizione

Siamo in una fase di transizione. È difficile, se non impossibile, prevederne l’esito. Ma, per quanto arduo possa essere indovinare le tendenze generali di domani, è meno dispersivo tracciare una strada in ciascun caso particolare. Con quell’equilibrio fra le strategie di medio-lungo periodo e le esigenze quotidiane del “breve” che è sempre necessario, ma è più delicato e più importante in situazioni di evoluzione complessa.

In questa rubrica, nel novembre 2001, parlavo della “crisi che non c’è”. Infatti non c’è mai stata alcuna “crisi dell’internet”. La rete continua a crescere, anche se un po’ meno velocemente. Il numero di persone che si collegano aumenta più lentamente che in passato, ma siamo molto lontani da una “soglia di saturazione”. (Analisi sullo sviluppo dell’internet nel mondo, in Europa e in Italia si trovano nella sezione dati di questo sito).

C’è stata (e ne stiamo ancora subendo le conseguenze) una pesante crisi delle avventure finanziarie che hanno gonfiato una “bolla” inconsistente di illusioni mal fondate, di previsioni assurde e di manovre speculative. C’è stata, e continua, una situazione molto confusa per quanto riguarda il cosiddetto “commercio elettronico”, che in alcuni settori funziona bene, ma in generale fatica a decollare – non perché non sia concretamente possibile, ma perché troppe iniziative mal concepite (per non parlare di una proliferazione di attività truffaldine e di intollerabili invadenze) hanno gravemente inquinato la situazione.

C’è anche un senso di delusione (o di sollievo) da parte di chi pensava che l’internet potesse avere un ruolo “rivoluzionario”. Sono ormai lontani nella memoria i sogni (o gli incubi) delle visioni fantascientifiche sull’inesistente “ciberspazio” immaginato da William Gibson o sul (più credibile, ma ugualmente irreale) “meta-universo” concepito da Neal Stephenson. Tutto, finora, è un po’ più banale; la rete è soprattutto uno strumento di dialogo o di informazione che offre possibilità nuove ma non cambia le basi della cultura.

Sappiamo che si tratta di evoluzione, non rivoluzione. Che i cambiamenti culturali hanno tempi relativamente lunghi. Ma ciò non significa che la rete debba restare solo uno strumento per fare “più o meno le stesse cose”. O debba diventare una “sottospecie” della televisione (come credono i fanatici della “banda larga”) o, più in generale, un accessorio dei tradizionali mass media (come vorrebbero coloro che li controllano).

Siamo in una situazione statica o “matura”? Abbiamo raggiunto il limite di ciò che si può fare con i nuovi strumenti di comunicazione – e quella di oggi è la realtà in cui ci dobbiamo “assestare”? È un’ipotesi poco credibile.

Al di là dei sogni e degli incubi, dei miti e delle fantasie, delle immaginarie crescite “esponenziali” e di altre leggende del passato... ci sono molte, importanti e concrete possibilità di fare con la rete molto di più, e molto meglio, di quanto si è fatto finora.

Il tragitto dai sogni dell’inesperienza al “nuovo” che verrà non è semplice, né lineare. Occorre superare una fase di stanchezza, dimenticare le delusioni che derivano da falsa promesse o ambizioni impossibili – e saper investire tempo, pazienza e attenzione per trovare i percorsi più validi.

La soluzione, naturalmente, non sta nelle tecnologie (ce n’è una sovrabbondanza spesso inutile, se non nociva). Sta nei rapporti umani, nella cultura, nel servizio, nell’utilità, nella specificità di ciascuna situazione.

Indovinare quale sarà l’esito generale della transizione non è solo impossibile. È soprattutto inutile. Se ogni persona o impresa si concentra sulla specificità delle sue esigenze e del suo ruolo, e (con una forte capacità di ascolto) trova le strade concrete più efficaci, fluide, gradevoli e soddisfacenti... non solo ciascuno sarà “premiato” dal suo successo, ma la somma di tante realtà forti e consapevoli darà all’evoluzione generale uno sviluppo molto più solido e rilevante di qualsiasi elaborazione teorica o ipotesi “futurologica”.

La buona notizia è che le possibilità sono molto concrete e in parte ancora inesplorate. La cattiva notizia è che non ci sono bacchette magiche, né miracoli immediati, né facili guadagni. Che ci piaccia o no... tocca lavorare.




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