labirinto
Il filo di Arianna


maggio 2001



Se non funziona
non è “creativo”


Mi è stato chiesto di concentrare l’attenzione, in questa rubrica, su ciò che si può fare con i “nuovi sistemi” di comunicazione. Ma poiché ci troviamo su una rivista che esiste da trent’anni, e in cui da sempre si parla di come comunicare, nel primo articolo mi sembra appropriato cogliere un filo che collega gli argomenti “classici” con le innovazioni di oggi. E ragionare sul rapporto fra disciplina e creatività.

In un articolo di cinque anni fa avevo ribadito, per l’ennesima volta, la mia convinzione che la definizione “creativo” è ridicola – e se la applicano a me la considero quasi offensiva. Se qualcuno avesse chiesto a Mozart, a Einstein o a Raffaello «che mestiere fai?» si sarebbe sentito rispondere musicista, fisico o pittore. Non certo “creativo”. Credo di essermi guadagnato sul campo, in tanti anni di lavoro e di risultati concreti, la modesta ma precisa qualifica di copywriter. Spero di meritarne una più ambiziosa, ma chiara e semplice: “scrittore”. La casacca di “creativo”, indossata da tanti che sono più bravi a copiare che a pensare, non mi è mai piaciuta.

Un problema che tutti dobbiamo affrontare, se pratichiamo il mestiere della comunicazione, è quanto la “creatività” debba essere libera e quanto condizionata dall’esigenza di ottenere un risultato. Le costrizioni del contenuto e della forma fanno male alla creatività? Secondo molti studiosi è vero il contrario. Per esempio Umberto Eco insegna che «solo la disciplina stimola l’invenzione».

Michelangelo diceva: scolpire una statua vuol dire vederla dentro un blocco di marmo e togliere ciò che avanza. Cosa che sa fare ogni bravo scalpellino; ma la statua che nel marmo vede un genio è diversa da quella che ne ricava un qualsiasi mestierante. L’uno e l’altro, però, devono confrontarsi con le esigenze severe della materia.

Se è sciocco pensare che il mezzo sia il messaggio, ciò non significa che il modo in cui il messaggio si produce e si realizza non debba tener conto, con severità e pignoleria, della natura e delle esigenze del mezzo. Ma questa è solo una delle “costrizioni necessarie” che migliorano la qualità del risultato.

Un’altra è l’idea, il concetto, la strategia. Un’opera d’arte che esprime solo se stessa, solo l’umore dell’autore, solo il suo solitario piacere di parlare a se stesso, non è creatività. È onanismo. Da che mondo è modo l’arte (in tutte le sue forme... pittura, scultura, architettura, scrittura, musica eccetera) ha sempre avuto vincoli precisi: i desideri di un committente, l’esigenza di esprimere qualcosa di preciso. Scomodi, faticosi, impegnativi... ma utili.

Una terza è il pubblico. Lettore, spettatore, ascoltatore. Un’opera d’arte che non comunica qualcosa, che non suscita sentimenti o emozioni, è solo una tela imbrattata, un inutile rumore, un pezzo di carta sporco di inchiostro.

I vincoli del fare, del comunicare, del farsi capire sono una condizione necessaria per ogni buona espressione, per ogni tentativo di “creatività”. Che cosa cambia nel caso dell’internet? Concettualmente, nulla; ma si tratta di capire come i “buoni vincoli” funzionino in questo caso.

In un prossimo articolo parlerò in modo più preciso di “usabilità”. Una parola (per fortuna) oggi di moda, ma che non è facile interpretare nel suo vero significato. Hanno ragione i critici quando dubitano di visioni schematiche, di banali regolette che qualche “guru” americano vende a ventimila dollari al giorno. Ma hanno torto i “grafici” che in nome della libertà creativa ci infestano di soluzioni sbagliate, inefficienti, ingombranti e fastidiose. Quanta gente che si pavoneggia come web designer non ha idea di che cosa sia l’ergonomia?

Prima di essere “creativi” bisogna aver capito qual è il modo in cui le persone entrano in relazione con le nostre proposte; quali sono i contenuti che vogliamo trasmettere; qual è la strategia del progetto. Se no... con il pretesto delle “nuove tecnologie” stiamo cercando una nuova scappatoia per contrabbandare come “creativi” i capricci e gli orpelli che sono già stanchi, consumati e inefficaci nei sistemi tradizionali di comunicazione. Nell’internet, più ancora che in altre situazioni, vale il concetto fondamentale: se non funziona non è creativo.



Giancarlo Livraghi     gian@gandalf.it





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